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L'eredità galileiana
Nato in Francia, l'Immuminismo, dominò e si diffuse a partire dal 1750. Il termine Illuminismo significa che attraverso i lumi della ragione si voleva diffondere tutto il reale. Occorre ricordare Galileo, aveva basato la scienza sul metodo sperimentale, non bisogna mai accettare le cose superficialmente ma sempre metterle al dubbio della ragione. Gli illuministi avevano una fiducia illimitata nella razionalità, la ragione può garantire la conoscenza ed il controllo del mondo.
Valori innovativi dirompenti elaborati dalla classe borghese
Gli illuministi avevano sostituito un atteggiamento dogmatico con un atteggiamento laico rivendicando dunque le istituzioni quali la Chiesa, le monarchie pretendendo che avrebbero potuto migliorare e rinnovarsi. Gli illuministi credevano nel costante progresso e la felicità era come fine ultimo. Gli illuministi affermarono che la ragione è patrimonio naturale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni, e che i valori basilari della morale erano la tolleranza e la libertà. Le tesi illuministe però si collocavano solo nell'aristocrazia. La conseguenza di questa morale era il cosmopolitismo: la ragione non deve conoscere differenze geografiche; l'illuminista aspirava alla pace tra tutti i popoli. Riguardo la scienza dicevano che doveva basarsi sull'esperienza.
Contro l'oscurantismo dell'antico regime
Tutto ciò che gli illuministi contestavano era racchiuso nell'espressione antico regime, la triade del potere (monarchia, aristocrazia feudale, clero). Gli illuministi erano i rappresentanti della borghesia emergente; limitazioni economiche, politiche e di costume erano intollerabili. Gli accordi però erano poco chiari: la censura impediva la libera espressione di pensiero, l'intolleranza aveva insanguinato la Francia. Con una Lettera de cachet il re poteva arrestare chiunque, certe carriere erano sbarrate. C'erano poi i vincoli economici: il re aveva il monopolio di molte fabbriche e nessun privato poteva investire in questi settori. Dazi e dogane impedivano la libera circolazione delle merci. L'80% della popolazione era formato da contadini che viveva di autoconsumo con scambi attraverso il baratto. Gli illuministi chiamavano oscurantismo l'atteggiamento di chi difendeva "il vecchio" (Francia) contro "il nuovo" (monarchia parlamentare inglese).
I tre grandi Montesquieu, Voltaire, Rousseau
Gli illuministi possono essere distinti in due generazioni. Nella prima troviamo Montesquieu. Il massimo successo lo ebbe quando scrisse Lo spirito delle leggi, un'opera in più volumi animata da due fili conduttori: il primo quello che ha fatto guadagnare all'autore il titolo di "Padre della sociologia" mentre il secondo è l'avversione al dispotismo identificato nelle monarchie russa, cinese e ottomana. Qui si trova la "divisione dei poteri" (esecutivo, legislativo, giudiziario).
Riguardo la produzione di Voltaire ricordiamo il Saggio sui costumi, uno studio che inaugura un nuovo metodo storiografico. Il fine che egli attribuiva alla politica era la felicità pubblica. Denunciò inoltre l'intolleranza cristiana.
Alla seconda generazione appartiene invece Jean-Jacques Rousseau il quale dice che il male nasce dall'abbandono dello "stato di natura" che ha creato la disparità tra ricche e poveri, tra deboli e potenti. Nel contratto sociale modifica questa versione e dice che gli uomini devono creare una specie di democrazia diretta garantendo l'affermazione del diritto. Dice che la democrazia nasce perché ciascun uomo rinuncia a qualcosa per garantire una società serena. Scrive un romanzo pedagogico, l'Emilio, in cui vengono tracciati i fondamenti della pedagogia moderna: il bambino deve restare bambino, l'attività riflessiva deve essere sollecitata solo nell'adolescenza.
L'enciclopedia
la narrativa ed il giornalismo ebbero i loro rappresentanti in Daniel Defoe ( autore di Robinson Crusoe), Jonathan Swift (I viaggi di Gulliver). Il teatro fu rappresentato dall'italiano Carlo Goldoni, nella musica Mozart. Due intellettuali, Diderot e D'Alembert radunarono tutti i nuovi saperi in un'opera straordinario che divenne il monumento culturale dell'epoca: l'Enciclopedia, in 17 volumi di testi e 12 tavole disegnate minuziosamente. Venne pubblicata tra il 1751 e il 1772 nonostante la censura del re che ne fece bruciare più volte le copie. Il lavoro fu immenso e dimostrò spirito imprenditoriale per l'organizzazione perfetta e per i risultati economici.
Il dispotismo illuminato
Il dispotismo illuminato è una forma di governo in cui il re opera consigliato dagli Illuministi, è una forma di potere che si contrappone al dispotismo assoluto.
Federico II di Prussia, amico intimo di Voltaire, eliminò la tortura emanando un nuovo Codice civile tollerando le minoranze religiose e imponendo per primo l'istruzione elementare obbligatoria. Introdusse delle innovazioni tecnologiche nell'agricoltura.
Maria Teresa D'Austria, suo lio Giuseppe II e Caterina II di Russia intervennero invece riguardo l'amministrazione pubblica, la giustizia, il sistema fiscale e l'istruzione. Si mirò a laicizzare lo Stato riducendo il potere della Chiesa. I paesi cattolici arrivarono ad espellere i gesuiti.
Il dispotismo illuminato in Italia
L'Illuminismo si diffuse nel Granducato di Toscana, in Lombardia e nel Regno di Napoli. Tra gli illuministi della Lombardia ricordiamo Pietro e Alessandro Verri e Cesare Beccaria, autore di Dei delitti e delle pene. Maria Teresa fece stendere il nuovo catasto, la registrazione delle proprietà immobiliari, che consentì una più equa valutazione delle tasse sulle terre e migliorando lo sfruttamento di terreni agricoli. Tolse poi la riscossione delle imposte ai privati trasferendola allo Stato. Giuseppe II pubblicò dei provvedimenti volti alla laicizzazione dello Stato: abolì il Tribunale dell'inquisizione e il diritto d'asilo, istituì nuove scuole statali e affermò il principio della tolleranza religiosa. Queste riforme suscitarono un diffuso malcontento anche agli illuministi.
Il Regno di Napoli era retto dal re Carlo di Borbone che agì contenendo il potere dei borboni e ridimensionando i privilegi della chiesa. Riguardo il potere feudale si ebbero scarsi risultati. Gli illuministi napoletani si staccarono ed elaborarono una loro ideologia radicalmente antifeudale. Riguardo i privilegi del clero, Carlo di Borbone impose il amento di una tassa sulle proprietà ecclesiastiche, abolì il tribunale del Sant'Uffizio e cancellò diverse immunità. Fallì il tentativo di realizzare una Carta costituzionale che avrebbe realizzato la divisione illuministica dei poteri.
Le contraddizioni dell'Illuminismo
A proposito della "tolleranza" per alcuni essa indicava il diritto a esistere di tutte le religioni ma per altri si riferiva alla favorevole pacificazione di cattolici e protestanti dopo il fanatismo delle Guerre di religione. Il contesto in cui operò l'Illuminismo poi era quello di una classe ristrettissima, la borghesia emergente; persone che ritenevano di essere giunte ad un grado di evoluzione intellettuale superiore a quello degli altri esseri umani. Gli autori dell'Enciclopedia superarono questi limiti ma altri divisero l'umanità in "filosofi", gente colta e capace di ragionare, e "ottentotti", quelli che restavano in preda dei loro pregiudizi e delle superstizioni. Qualcuno ha anche chiamato quest' atteggiamento "colonialismo culturale", il fatto che le persone "superiori" debbano convincere gli altri della correttezza di ciò che dicevano. Il fatto che poi i principi di libertà, uguaglianza e fraternità assumessero un senso maggiore nella Guerra d'indipendenza americana è dovuto alla presenza di due correnti religiose. ½ era poi un'altra apparente contraddizione, ci furono forti striature mistiche e la tendenza a riunirsi in sette segrete che elaboravano una "mitologia della luce". Gran parte degli illuministi si erano iscritti alla massoneria, una setta i cui rituali richiamavano il medioevo piuttosto che l'età dell'emancipazione e della razionalità.
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