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IL MATRIMONIO

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IL MATRIMONIO


Introduzione

Il matrimonio è considerato come l'unione fra l'uomo e la donna per la formazione di una nuova famiglia, unione prevista e tutelata dal diritto.

Il matrimonio è, anche sotto il profilo laico, l'atto che determina la creazione di una famiglia regolata dal diritto, con conseguente statuto dei diritti e dei doveri degli sposi, e dei li, e pertanto con una situazione di maggiore stabilità, garanzia e dignità sociale rispetto alle unioni libere.


Profilo storico

Nel diritto romano il matrimonio si basava sul fatto della convivenza e sul consenso dei coniugi.



La concezione cristiana del matrimonio come sacramento indissolubile, perché il matrimonio è voluto da Dio, e gli sposi non sono più arbitri del suo scioglimento, modificava profondamente le precedenti concezioni realistiche del matrimonio.

A partire dal secolo X, il matrimonio cessò di essere regolato dal diritto statuale, e restò disciplinato esclusivamente dalla Chiesa: lo Stato considerava sposati coloro che erano tali secondo la legge della Chiesa, abdicando ad ogni sua competenza in merito.

A partire dal 1600, nei paesi protestanti si venne riaffermando il diritto dello Stato a legiferare in materia matrimoniale, in concorso con la Chiesa.

Successivamente, anche nei paesi cattolici, a seguito della rivoluzione francese, si volle rivendicare la concezione laica del matrimonio, con la riappropriazione di esso da parte dello Stato. Si capovolgeva allora la situazione precedente: lo Stato era l'unica autorità competente a regolare il matrimonio come matrimonio civile: il matrimonio religioso doveva divenire irrilevante per lo Stato.

Questa situazione di dualità e reciproca indifferenza dei due ordinamenti veniva recepita in Italia dal codice civile del 1865, che peraltro, non accolse il divorzio, mantenendo fedeltà al principio della indissolubilità del matrimonio.

Il sistema doveva peraltro essere profondamente modificato dal Concordato lateranense fra Stato e Chiesa dell'11 febbraio 1929; esso introduceva la nuova forma di matrimonio concordatario che doveva affermarsi in Italia in modo straordinario e nettamente prevalente sul matrimonio civile.


Matrimonio civile e matrimonio degli acattolici

Tre sono dunque i matrimoni che hanno rilevanza per l'ordinamento statuale italiano: il matrimonio civile, il matrimonio concordatario ed il matrimonio degli acattolici.

Il matrimonio degli acattolici, è un matrimonio civile, salva la diversa forma della celebrazione. Esso, anziché svolgersi dinanzi al sindaco nella casa comunale, si svolge dinanzi al ministro del culto acattolico secondo il rito religioso proprio della religione.

Il matrimonio del culto acattolico deve dare lettura agli sposi degli artt. 143, 144, 147 e ricevere, alla presenza di due testimoni idonei, la dichiarazione di entrambi gli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie. Inoltre il ministro deve compilare l'atto di matrimonio e trasmetterlo immediatamente all'ufficiale dello stato civile per la trascrizione nei registri dello stato civile (artt. 8, 9, 10 l. 24 giugno 1929 n. 1159).

Con tale procedura il matrimonio acattolico <<produce dal giorno della celebrazione gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti l'ufficiale dello stato civile>>

(art. 7 l. 1159/1929).


Matrimonio civile e matrimonio concordatario

Il matrimonio civile è, ovviamente, quello previsto e disciplinato dallo Stato nel codice civile, sottoposto alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. Il matrimonio civile è celebrato pubblicamente nella casa comunale dinanzi all'ufficiale dello stato civile.

È indifferente alla eventuale fede religiosa degli sposi: è una istituzione deliberatamente laica, che non può però essere equiparata ad un contratto, ossia a qualunque altro negozio giuridico di carattere patrimoniale, dovendo ad esso riconoscersi comunque una essenza e finalità etica: quella della creazione della società coniugale, con la <<comunione spirituale e materiale tra i coniugi>>.

Diverso, soprattutto nell'essenza e nelle finalità, è il matrimonio concordatario; come atto è essenzialmente regolato, nelle sue finalità, nelle sue eventuali invalidità, dal diritto canonico (cioè dal codex iuris canonici), sicchè le questioni sull'accertamento della eventuale nullità del matrimonio concordatario sono giudicate dal giudice ecclesiastico.

Invece il matrimonio come rapporto è sempre, ed esclusivamente, regolato dal diritto civile: proprio per questa ragione il parroco è tenuto a leggere agli sposi gli artt. 143, 144, 147 relativi ai diritti e ai doveri degli sposi.

Possiamo dunque conurare il matrimonio concordatario, in linea generale, come un matrimonio a disciplina mista fra diritto della Chiesa e diritto dello Stato, disciplina stabilita dall'art. 34 del Concordato del 1929, modificato nel 1984 e dalle relative leggi di esecuzione.

Rilevante è la differenza tra la concezione civilistica e quella canonistica: nella concezione civilistica si prescinde da ogni valore religioso e si considera valido il matrimonio che sia effettivamente voluto tra i coniugi e sia diretto alla creazione della societas coniugalis; nella canonistica viene in evidenza l'aspetto religioso e addirittura sacramentale di esso, sicchè è nullo il matrimonio di chi non sia credente e non sia quindi in grado di ricevere il bonum sacramenti.

Nella civilistica eventuale accordo dei coniugi di non procreare li sarebbe irrilevante; nella concezione canonistica tale accordo comporterebbe la nullità del matrimonio per esclusione del bonum prolis.

Nella civilistica non si dà rilievo alla volontà interiore, ai sentimenti non esteriorizzati, perché il compito del diritto sta nel regolare i rapporti necessariamente esterni tra i soggetti dell'ordinamento; nella canonistica si deve tener conto, come è tipico delle religioni, anche del c.d. foro interno, ossia della coscienza interiore dell'uomo, delle intime volontà non esteriorizzate. Sicchè è ritenuto nullo un matrimonio che anche per la c.d. riserva mentale (ossia una intima volontà) di uno dei coniugi non possa aver pieno valore bilaterale.


Requisiti

I requisiti sono gli elementi o condizioni necessarie per il matrimonio.

a) Età. Secondo l'art. 84, occorre la maggiore età. Tuttavia la stessa norma prevede che il Tribunale per i minorenni, su istanza dell'interessato, possa ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle ragioni addotte. Ampia ed interessante è la casistica delle decisioni adottate in merito.

b) Capacità mentale. L'art. 85 stabilisce che <<non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente>>. Inoltre l'art. 120 prevede la possibilità di impugnazione del matrimonio da parte del coniuge che, anche se non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere al momento della celebrazione del matrimonio (la regola dell'art. 428, di incapacità di intendere e di volere grave).


Impedimenti

a) Vincolo di precedente matrimonio. Per l'ordinamento civile si tratta ovviamente del matrimonio civile (art. 86), per quello religioso del matrimonio canonico (can. 1085).

b) Parentela, affinità, adozione. I vincoli più stretti costituiscono impedimento al matrimonio e non ammettono dispensa ex art. 87.

c) Delitto. A norma dell'art. 88 non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra. Il legislatore vuole, ovviamente, evitare che il matrimonio sia reso possibile attraverso un delitto così grave come l'omicidio o il tentato omicidio.

d) Lutto vedovile. La donna rimasta vedova (od anche a seguito di annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio) può contrarre matrimonio solo dopo trecento giorni: questo periodo, che aveva in antico la denominazione di tempus lugendi, per la necessità di un certo periodo di rispetto per il dolore, è finalizzato in realtà ad evitare incertezze di attribuzioni nella paternità di eventuali nuovi li (turbatio sanguinis).


La promessa di matrimonio

Dal punto di vista giuridico non ogni promessa di matrimonio appare rilevante; occorre che si tratti di promessa reciproca fatta per atto pubblico o scrittura privata da persona maggiore di età o da minore ammesso al matrimonio a norma dell'art. 84, o risultante dalla richiesta delle pubblicazioni (non sarebbe sufficiente pertanto un semplice proposito di future nozze contenuto nelle lettere dei fidanzati).

La promessa di matrimonio non obbliga a contrarre il matrimonio, ma produce il limitato effetto di obbligare colui che senza giusto motivo rompa tale promessa a risarcire il danno cagionato all'altra parte, peraltro solo per quanto concerne le spese fatte e le obbligazioni assunte in vista del futuro matrimonio, semprechè tali spese e obbligazioni siano corrispondenti alle condizioni sociali delle parti (art. 81).

Per la domanda risarcitoria è previsto il termine di decadenza di un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio.

Inoltre, sempre entro un anno dalla rottura, per qualunque causa, del fidanzamento, può essere domandata la restituzione dei doni fatti fra i fidanzati, doni che si presumono fatti in previsione del futuro matrimonio (art. 80).

La giurisprudenza aveva anche creato una ipotesi di illecito risarcibile ex art. 2043 nella c.d. seduzione con promessa di matrimonio, consistente non nell'inadempimento della promessa, ma nell'aver indotto la donna a rapporti sessuali con la falsa promessa di matrimonio. Tale illecito è praticamente venuto meno con il mutamento della coscienza sociale e dei costumi.


Formalità preliminari e opposizione. Celebrazione del matrimonio e trascrizione

Le formalità preliminari del matrimonio consistono nelle pubblicazioni, cioè nell'affissione alla porta della casa comunale ove i due nubendi hanno la residenza dei loro dati anagrafici: tali pubblicazioni vanno richieste all'ufficiale di stato civile del luogo dove sarà celebrato il matrimonio (vedasi per i particolari gli artt. 93-l00).

Le pubblicazioni debbono restare affisse almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (art. 95); ciò per dare notizia del progetto di matrimonio, in modo che chi conosce l'esistenza di impedimenti possa proporre opposizione.

Se esiste un impedimento al matrimonio, i genitori e, in loro mancanza, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado, il tutore o il curatore e il coniuge possono fare opposizione al matrimonio. Tale opposizione deve essere proposta anche dal pubblico ministero che sia a conoscenza dell'eventuale impedimento. L'opposizione sospende la celebrazione del matrimonio e viene decisa dal giudice.

Il matrimonio civile viene celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni; gli sposi dichiarano di volersi prendere in marito e in moglie; l'ufficiale dello stato civile li dichiara uniti in matrimonio, dà lettura degli artt. 143, 144, 147 e compila l'atto di matrimonio, che sarà iscritto nel registro dei matrimoni (vedasi gli artt. 106-l13).

Il matrimonio concordatario viene celebrato con rito religioso officiato dal parroco o da altro sacerdote da lui delegato. L'atto di matrimonio viene redatto in doppio originale, di cui uno dovrà essere trasmesso all'ufficiale dello stato civile del comune dove il matrimonio è stato celebrato per la sua trascrizione, perché il matrimonio acquisti effetti civili: tali effetti retroagiscono alla celebrazione. Può aversi anche una trascrizione tardiva, se tale atto è compiuto al di là dei cinque giorni, che ugualmente ha effetto dalla celebrazione, salvi gli eventuali diritti acquistati da terzi nel frattempo.

Il matrimonio è atto personalissimo, che non ammette dichiarazione per procura, salvo gravi motivi (militari, in tempo di guerra, residenti all'estero: per i particolari si veda l'art. 111). In caso di matrimonio per procura, il procuratore non è un vero e proprio rappresentante, perché non ha ricevuto un potere negoziale: egli ha solo il compito di esternare la altrui dichiarazione di matrimonio, come suo portavoce o nuncio (nuncius).

La dichiarazione di matrimonio è atto puro, perché ad essa non può essere apposto né termine, né condizione (art. 108).


La prova del matrimonio

La prova fondamentale del matrimonio, è data dall'atto di celebrazione del matrimonio estratto dai registri dello stato civile conservati nel comune (c.d. estratto dell'atto di matrimonio) (art. 130, comma 1).

Il possesso di stato non dispensa dal presente l'atto di celebrazione. Il possesso di stato è un complesso di fatti dai quali si desume l'esistenza di un corrispondente titolo, ma non costituisce, in quanto mero possesso di stato, prova del matrimonio. Tuttavia, il possesso di stato sana ogni eventuale difetto di forma dell'atto di matrimonio (art. 131).

Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile, l'esistenza del matrimonio può essere provata con ogni mezzo, purchè la distruzione o lo smarrimento non sia avvenuta per dolo del richiedente.


L'invalidità del matrimonio

L'invalidità del matrimonio (nelle sue forme dell'inesistenza, della nullità, della annullabilità) costituisce la situazione patologica del matrimonio che nasce viziato in origine: il matrimonio come atto, dunque, si presenta non valido fin dalla sua celebrazione e può essere impugnato da chi sia legittimato alla relativa azione.

Lo scioglimento del matrimonio, invece, riguarda non più l'atto, ma il rapporto. Il matrimonio come atto è validamente costituito e produce tutti i suoi effetti; il rapporto successivo tra i coniugi subisce però nel suo svolgimento una causa di perturbamento tale da comportare l'estinzione di esso. Tali cause sono, come si vedrà, o la morte o il divorzio.

In un ordinamento matrimoniale basato sul principio di indissolubilità le uniche possibilità di far venir meno il vincolo erano le impugnazioni per vizio dell'atto.

La forma di invalidità più grave è quella della inesistenza : in essa addirittura manca del tutto l'elemento esteriore della celebrazione accomnata dall'atto di matrimonio sicchè il matrimonio non esiste.

Si passa poi alla nullità: l'atto di matrimonio esiste, ma esso è invalido perché affetto da un vizio grave, mancando uno dei requisiti essenziali od è contrario a norme imperative, od è illecito: sono presenti, in altri termini, gli elementi materiali dell'atto, ma mancano gli elementi giuridici. Il matrimonio nullo è un matrimonio celebrato, ma viziato in modo talmente grave da comportare la sua radicale invalidità.

L'annullabilità dell'atto di matrimonio si ha invece per vizi meno gravi: l'atto esiste e produce i suoi effetti, salvo che la parte o le parti cui la legge conferisce il relativo potere (legittimazione) impugni l'atto stesso entro i termini stabiliti. L'annullamento può dunque essere dichiarato sempre e solo su domanda della parte a ciò legittima ed opera su sentenza del giudice. Normalmente l'annullabilità è relativa, perché la legittimazione all'azione di annullamento è limitata dalla legge. La legge, peraltro, eccezionalmente prevede ipotesi di annullabilità assoluta, quando l'annullamento può essere fatto valere da chiunque vi abbia interesse. È, annullabile il matrimonio concluso da incapaci, o sotto violenza, o per errore (art. 122).

Dopo la riforma dell'art. 122, l'errore riguarda sia l'identità della persona, sia le qualità personali fondamentali dell'altro coniuge, purchè sia accertato che il coniuge caduto in errore non avrebbe consentito al matrimonio se avesse esattamente conosciute le vere qualità. Perché sia rilevante come errore essenziale l'errore deve riguardare:

a)    l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;

b)    l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni;

c) la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;

d)    la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni;

e) lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purchè vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'art. 233, se la gravidanza è stata portata a termine.

Per quanto concerne l'ipotesi sub a) va rilevato che si comprendono dunque nell'errore sulle qualità della persona anche le ipotesi di impotenza tradizionalmente considerate come causa di annullamento dalla disciplina precedente: l'impotentia coeundi, ossia l'impotenza all'atto sessuale, sia assoluta che relativa e l'impotentia generandi, ossia l'incapacità di generare li per cause anatomiche o funzionali da parte di chi sia capace all'atto sessuale.

Il matrimonio può essere annullato anche se è effetto di simulazione: consiste in un accordo tra i coniugi diretto a celebrare solo apparentemente il matrimonio per altre finalità, quando invece essi in realtà non vogliono il matrimonio stesso nei suoi diritti e nei suoi doveri. Si tratta del c.d. matrimonio apparente che i coniugi pongono in essere al solo fine di ottenere vantaggi ad essi connessi, come ad esempio l'acquisto della cittadinanza, l'assegnazione di un alloggio, il conseguimento di un posto di lavoro, di benefici fiscali, ecc.

Diversa dalla simulazione è la riserva mentale, che consiste nel fatto che uno solo dei coniugi, internamente, nella propria sfera interiore, avanza riserve al matrimonio, ossia non consente ad esso, pur dichiarando esternamente il proprio <<>>: si parla anche, ma impropriamente, di simulazione unilaterale. Tale fatto non può avere rilevanza giuridica per l'ordinamento giuridico civile, che non può valutare il profilo intimo dei pensieri e delle volontà umane, ma deve limitarsi a considerare i profili esteriorizzati di tali volontà, cioè la volontà dichiarata.





Giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile

Per i matrimoni civili la decisione sulle domande di nullità o di annullamento del matrimonio compete, come è normale, alla autorità giudiziaria dello Stato, cioè, in primo grado, al Tribunale.

Per i matrimoni concordatari, nel Concordato del 1929 veniva stabilita una riserva esclusiva della competenza dei tribunali ecclesiastici per la decisione delle cause di nullità del matrimonio concordatario. Le sentenze ecclesiastiche, divenute definitive, devono poi essere rese esecutive agli effetti civili in Italia con sentenza della Corte d'appello competente per territorio, che è tenuta ad accertare la regolarità del giudice dei tribunali ecclesiastici e la non contrarietà con l'ordine pubblico dell'ordinamento italiano.


12. Effetti della sentenza di nullità o di annullamento

Sia la sentenza di nullità che quella di annullamento retroagiscono alla celebrazione del matrimonio: il matrimonio, invalido fin dall'origine, viene da allora posto nel nulla: essa è temperata dall'istituto del matrimonio putativo.

È quello che, dichiarato nullo o annullato, era stato contratto dai coniugi o da almeno uno di essi, in buona fede, cioè ignorando i vizi dell'atto; oppure quello nel quale il consenso fu estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi (art. 128).

L'annullamento, allora, non retroagisce e produce effetto solo dalla sentenza.

I li nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo acquistano lo stato di li legittimi, sia cioè che si tratti di matrimonio putativo, sia che si tratti di matrimonio contratto in malafede da entrambi i coniugi, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.

Se si tratta di matrimonio putativo per entrambi i coniugi, il giudice può disporre a carico di un coniuge l'obbligo di un assegno di mantenimento per un periodo non superiore a tre anni, a favore dell'altro coniuge, se questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze (art. 129).

La riforma del diritto di famiglia ha introdotto la regola della responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo ai quali sia imputabile la nullità del matrimonio. Essi sono tenuti, a norma dell'art. 129 bis, a corrispondere al coniuge in buona fede una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno sofferto: tale indennità deve comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni.

La disciplina di ordine economico come sopra prevista dal codice civile per la nullità dei matrimoni civili è estensibile, per espressa disposizione degli Accordi di modifica del Concordato (art. 8, n. 2), ai matrimoni concordatari dichiarati nulli da sentenza ecclesiastica delibata dalla Corte di appello.






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