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I RAPPORTI PERSONALI TRA CONIUGI

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I RAPPORTI PERSONALI TRA CONIUGI


L'art 143 c.c. stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e doveri. In tal senso si verifica un'identitò di posizione tra marito e moglie che hanno le stesse prerogative personali e sono = titolari del governo della famiglia.

Il secondo comma enumera i doveri reciproci che derivano dal matrimonio:

fedeltà

assistenza

collaborazione



coabitazione

Prima della riforma la separazione era fondata sulla colpa e non poteva dubitarsi della rilevanza dei doveri di parvenza appartenenti alla sfera del sentimento e dell'etica. In effetti la stessa relazione matrimoniale si identifica con l'adempimento di quei doveri.

Ultimamente la giurisprudenza pare consentire l'applicabilità delle regole della responsabilità civile nell'ambito dei rapporti tra coniugi.

La dichiarazione di addebito può essere inidonea al fine di riparare le conseguenze negative, provocate dalla condotta illecita di un coniuge, nella sfera di interessi dell'altro. Il dato fondamentale da tenere in considerazione è la clausola generale dell'ingiustizia del danno ex art 2043 cc.

Lo status di coniuge può comportare un aggravamento delle conseguenze a carico del familiare responsabile.

Ai fini dell'operatività delle regole della responsabilità aquiliana è sempre necessario che si verifichi un danno ingiusto. L'art 2043 può trovare applicazione nel caso di condotta grave del coniuge che abbia provocato la lesione di un interesse ulteriore tutelato dall'ordinamento. Un'ipoesi di questo genere è la violazione dell'onore.

  • L'OBBLIGO DI FEDELTA': riguarda la persona fisica e spirituale di entrambi i coniugi. La nozione di fedeltà finisce col coincidere con quella di lealtà. L'obbligo di fedeltà permane durante il temporaneo allontanamento di un coniuge dalla residenza familiare, ultimamente si ha cessazione dell'obbligo una volta che, avviato l'iter formale di separazione giudiziale, sia stata emessa l'autorizzazione del presidente del tribunale a vivere separatamente.
  • L'OBBLIGO DI ASSISTENZA MORALE E MATERIALE: costituisce insieme alla fedeltà il completamento di quell'impegno di vita assieme. Viene interpretato come dovere dei coniugi di proteggersi a vicenda e di proteggere la prole. L'assistenza morale riguarda il sostegno reciproco nell'ambito affettivo, psicologico e spirituale. Si fa rientrare in quest'obbligo il dovere di rispettare la persona dell'altro coniuge. Il profilo materiale dell'assistenza riguarda l'aiuto nella vita di tutti i giorni in maniera reciproca. In questo aspetto rientra anche il dovere di contribuzione. Diversa è la COLLABORAZIONE NELL'INTERESSE DELLA FAMIGLIA che ricomprende i comportamenti necessari a soddisfare le esigenze del nucleo familiare nel suo complesso.
  • L'OBBLIGO DELLA COABITAZIONE: sta nell'abitare sotto lo stesso tetto riferito al concetto di comunione di vita. I coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. Ognuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo dove ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi, ciascuno di essi può aere un proprio domicilio.  Può darsi che uno o entrambi i coniugi siano costretti ad allontanarsi stabilmente dalla residenza comune, in questa situazione i coniugi hanno residenze autonome e mancherà una residenza familiare in senso proprio.
  • LA CONTRIBUZIONE AI BISOGNI FAMILIARI: entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia e a mantenere, istruire ed educare la prole in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro professionale. Si parla dunque di regime patrimoniale primario imperativo che, con disposizioni di carattere inderogabile, è volto a regolare l'obbligo di contribuzione. Le regole che lo costituiscono disciplinano il dovere di contribuzione per il soddisfacimento dei bisogni familiari. Viene offerto alla libera scelta dei coniugi una pluralità di regimi patrimoniali comportanti diverse modalità di distribuzione della ricchezza familiare. È assolutamente inderogabile il regime contributivo ispirato ai criteri di proporzionalità. La contribuzione ha una conurazione paritaria e reciproca e si identifica nell'obbligo di concorrere a soddisfare le necessità della famiglia. La famiglia in questo caso è vista come formazione sociale. Da qui la deduzione per cui l'individuazione dei bisogni familiari dipende dalla capacità contributiva dei coniugi. Da tenere in considerazione è il fatto che il lavoro casalingo viene ritenuto alla stregua del lavoro esterno. L'obbligo di contribuzione permane anche nel caso di allontanamento senza giusta causa.

L'art. 143 bis c.c. stabilisce che la donna aggiunge al proprio il cognome del marito. È una deroga al principio di uguaglianza che chiude la sua ratio nell'esigenza di carattere collettivo che impone l'esistenza di un nome familiare. Sarebbero possibili altre soluzioni come la creazione di un cognome dato dalla somma di entrambi o l'attribuzione ai coniugi della facoltà di determinare il cognome familiare. La moglie conserva il cognome del marito se vedova fino a nuove nozze, mentre lo perde definitivamente se divorzia. La perdita del cognome può essere evitata qualora la donna abbia particolari interessi meritevoli di tutela a conservarlo.

L'art. 144 c.c. stabilisce che i coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. Il modella della vita familiare si basa sulla direzione congiunta del gruppo. La regola dell'accordo deve essere coordinata con il principio di libertà individuale.

L'art19 cost. stabilisce che tutti sono liberi di professare la propria religione in qualsiasi forma, questo diritto però non può essere garantito anche nella famiglia. Il mutamento di fede non può costituire violazione dei doveri coniugali.

A volte la legge concede ad uno solod ei coniugi il potere di prendere alcune decisioni come quella di interruzione della gravidanza concessa in via esclusiva alla donna con la facoltà di consultarsi con il marito in quanto padre del concepito.

L'indirizzo familiare consiste nel tenore di vita e nelle modalità concrete di contriubuzione economica, all'educazione e all'istruzione dei li ai modi di collaborazione reciproca e a tutti gli altri affari della famiglia. L'indirizzo familiare va quindi adattato e modificato dai coniugi secondo le esigenze del momento. Il soddisfacimento delle esigenze di entrambi sottende un dovere di solidarietà reciproca, mentre soddisfare le esigenze della famiglia vuol dire identificare nel gruppo in se il portatre di esigenze non confondibili con quelle dei singoli.

Ciascuno dei coniugi ha il potere di dare individualmente, concreta attuazione al programma concordato, in armonia col principio di uguaglianza.

Se i coniugi non raggiungono un accordo spontaneamente possono ricorrere all'intervento di un terzo per risolvere i contrasti coniugali. Il terzo può essere il giudice che tenta di raggiungere una soluzione concordata, svolgendo un ruolo di conciliatore. Entrambi i coniugi possono chiedere al giudice di adottare, con un provvedimento non impugnabile, la soluzione che può ritiene adatta alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia. In questo campo ci sono casi limitati.

L'art 146 c.c. prevede la fattispecie di un coniuge che si allontana illegittimamente dalla residenza familiare e che rifiuti, nonostante l'invito dell'altro, di farvi ritorno. L'allontanamento deve essere intenzionale e duraturo e non deve dipendere da un dissenso riguardo la dimora comune. La fattispecie tipizzata dal coniuge è la proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, che legittimano l'allontanamento. Il giudice può ordinare il sequestro dei beni del coniuge che si è allontanato, e ciò affinché non si sottragga all'obbligo di contribuzione e al mantenimento della prole. Il coniuge allontanandosi deve adempiere a tutti gli obblighi previsti dall'art 143, tranne quello della coabitazione. L'articolo 570 c.p. punisce chiunque abbandonando il domicilio domestico o serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità del coniuge.

La legge 1542001 è diretta a contrastare ogni forma di violenza maturata all'interno del nucleo familiare. Il giudice oggi può adottare misure urgenti e immediate in favore della vittima della violenza familiare. Questo vale sia per il coniuge sia x il convivente.

Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità disica o morale o alla libertà dell'altro coniuge, il giudice può adottare con decreto uno o + provvedimenti fra quelli espressamente individuati nell'art 342 ter, secondo cui è dato imporre al coniuge responsabile:

la cessazione della violenza

l'allontanamento dalla casa familiare

la prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima.

La legge consente al giudice di imporre al coniuge o convivente allontanato il amento periodico di un assegno a favore dei familiari, fissando anche le modalità di versamento, prescrivendo a seconda del caso che la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.

Le misure di cui si è detto non possono essere adottate qualora sia pendente un procedimento di separazione o di divorzio. La durata dell'ordine di protezione è stabilita dal giudice, ma è limitata non potendo protrarsi per oltre 6 mesi, con possibilità di proroga x gravi motivi.





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