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I vizi della volontà

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I vizi della volontà

A)    Il problema in generale

Nozione di vizio della volontà

Il compimento di un negozio giuridico è preceduto da una serie di motivi che inducono il soggetto a porlo in essere. I vizi della volontà a cui la legge attribuisce rilevanza sono l'errore, il dolo e la violenza (art. 1427 cod. civ.). Essi non producono il grave effetto della nullità del negozio, ma una conseguenza minore: l'annullabilità.

B) Errore

Errore ostativo ed errore-vizio

L'errore consiste in una falsa conoscenza della realtà. Otto il vigore del codice abrogato aveva grande importanza la distinzione tra errore-vizio (incidente interno di formazione della volontà) ed errore ostativo (determinante divergenza o contrasto tra volontà e dichiarazione). Errore ostativo: voglio scrivere 100, ma per lapsus calami scrivo 110; errore-vizio: m'induco a comprare un oggetto credendo che sia d'oro, invece è di metallo. La dottrina e la giurisprudenza ritenevano che l'errore ostativo producesse la nullità del negozio, mentre l'errore -vizio desse luogo all'annullabilità. Il codice vigente ha equiparato gli effetti, entrambi determinano l'annullabilità del contratto, ma a condizione:



a)  che l'errore sia essenziale;

b)  che l'errore sia riconoscibile dall'altro contraente.

Con il principio che subordina la rilevanza dell'errore alla sua "riconoscibilità" da parte dell'altro contraente il legislatore accorda tutela all'errante soltanto quando ciò non contrasti con la necessità di proteggere la buona fede e l'affidamento della controparte. La stessa regola, dai contratti si estende agli atti unilaterali, non si applica né al testamento né al matrimonio. Nei negozi bilaterali e plurilaterali un'altra ura di errore ostativo è costituita dal dissenso, che ha luogo quando le parti, pur sottoscrivendo una identica dichiarazione, non si rendono conto di attribuire significati tra loro divergenti. Anche in tal caso la rilevanza del vizio dipende dalla sua essenzialità e riconoscibilità.

Errore di fatto ed errore di diritto

L'errore può essere di fatto o di diritto; è di fatto quando cade su una circostanza di fatto, è di diritto quando concerne la stessa vigenza (poso per esempio ignorare che una legge è stata abrogata e ritenerla ancora in vigore). La portata della regola nemo censetur ignorare legem deve essere correttamente intesa. Essa impedisce a chiunque di addurre come scusa l'inosservanza di un dovere nascente da una legge la circostanza di avere ignorato di essere tenuto ad osservarlo.

Essenzialità dell'errore

Perché l'errore, sia esso errore-vizio che errore ostativo, sia errore di fatto che di diritto, produca l'annullabilità del contratto, è necessario che esso sia essenziale e riconoscibile dall'altro contraente. L'errore è essenziale quando presenta due caratteristiche: deve essere stato tale da aver determinato la parte a concludere il contratto,ovvero, se l'errore non ci fosse stato, la persona non avrebbe stipulato il contratto. In secondo luogo, non ogni errore determinante può considerarsi perciò solo "essenziale", perché il codice qualifica tale solamente l'errore che cade:

o sulla natura del negozio (credo di dare una cosa in locazione, mentre il contratto è di enfiteusi);

o sull'oggetto del negozio (credo che siano viti gli oggetti che voglio comprare e invece sono chiodi);

o su una qualità della cosa, oggetto del negozio (si crede che sia lana animale ciò che è lana sintetica);

o sulla persona e, cioè, sull'identità o sulle qualità dell'altro contraente;

o può assumere rilevanza anche l'error in quantitate, ossia sulla quantità della prestazione, sempre che essa sia determinante del consenso e non si riduca ad un errore di calcolo, il quale non dà luogo ad annullabilità ma a semplice rettifica del negozio.

Anche l'errore di diritto, deve avere carattere essenziale. Non ha carattere di essenzialità l'errore che cade sui motivi che inducono il soggetto a concludere il negozio. Se per esempio m'induco ad acquistare una casa, perché ritengo erroneamente che sarò trasferito nella città in cui la casa si trova, il mio errore è irrilevante. L'errore sul motivo, purché risulti dall'atto ed abbia valore determinante, ha rilevanza nel testamento e nella donazione. La natura gratuita dei due negozi spiega la deroga.

Riconoscibilità dell'errore

Perché l'errore produca l'annullabilità del negozio, è necessario un ulteriore requisito: la possibilità che esso sia riconoscibile dall'altro contraente, secondo i principi della teoria dell'affidamento. L'errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto, la controparte avrebbe potuto accorgersene. Quella della riconoscibilità dell'errore è un'indagine che va fatta caso per caso: una quaestio facti. Nel caso di errore bilaterale o comune, e cioè nel caso in cui entrambi i contraenti siano incorsi nel medesimo errore, la giurisprudenza ritiene che non vada applicato il principio dell'affidamento, e quindi che sia sufficiente l'essenzialità dell'errore per l'annullabilità del negozio, non rilevando la riconoscibilità dal momento che ciascuno dei contraenti ha dato luogo all'invalidità del contratto indipendentemente dal comportamento dell'altro. Si disputa se, altre ai requisiti dell'essenzialità e della riconoscibilità, sia richiesto che l'errore non dipenda da colpa dell'errante (errore scusabile).

C) Dolo

Nozione

Il dolo come vizio del consenso (o dolo inganno), è disciplinato dal codice civile agli artt. 1439 e 1440. per l'annullabilità dell'atto devono concorrere:

a)  il raggiro o l'artificio, ossia un'azione idonea a trarre in inganno la vittima; ad es., presentare una falsa licenza di costruzione per indurre la controparte a ritenere edificabile un terreno ed a decidere di acquistarlo;

b)  l'errore del raggirato: non è sufficiente che l'autore dell'inganno abbia tentato di farmi credere cose non esatte; se io ho capito come stavano in realtà le cose, non posso trarre a pretesto il comportamento della controparte. Il negozio è annullabile solo se il dolo è stato "determinante", se l'inganno ha avuto successo;

c)  la provenienza dell'inganno della controparte: se sono vittima di raggiri di terzi, che nulla hanno a che fare con l'altro contraente, l'atto non è impugnabile, a meno che quest'ultimo ne fosse a conoscenza e ne abbia tratto vantaggio.

Per quanto riguarda il comportamento ingannevole utilizzato per far cadere in errore la vittima, non occorre un errore "essenziale" basta un semplice errore sui motivi. Per la menzogna, si ritiene che il negozio non sia annullabile, qualora il dichiarante, usando la normale diligenza, avrebbe potuto rendersi conto di quale fosse la verità.

Quanto alla reticenza (dolo omissivo), e cioè al fatto di tacere circostanze che avrebbero potuto indurre la controparte a rinunciare alla stipulazione dell'atto, si ritiene che sia sufficiente per integrare la ura del dolo, e ad rendere annullabile il negozio.

La vecchia dottrina distingueva dal dolus malus, concretante comportamenti fraudolenti, un supposto dolus bonus, irrilevante in quanto limitato a bonaria esaltazione della propria merce. Dal dolo determinante (o causam dans), che si caratterizza per aver determinato la vittima a stipulare un atto che, se non fosse stata ingannata, non avrebbe concluso; si distingue il dolo incidente (incidens), che si limita ad incidere sulle condizioni contrattuali. Ricorre questa ura quando la vittima dell'inganno non si è determinata alla stipula dell'atto per effetto del raggiro subito, dal momento che avrebbe voluto il negozio anche se non fosse indotta in errore: ma l'inganno ha giocato un ruolo sul complessivo regolamento negoziale, in quanto, se non fosse caduta in errore, la parte raggirata avrebbe stipulato l'atto a condizioni diverse. In questo caso il contratto non è annullabile. Dal punto di vista civilistico non è rilevante se il comportamento del responsabile completa o meno altresì gli estremi della truffa

Rilevanza del dolo

Se si tratta di un contratto, perché il dolo abbia rilevanza deve provenire dall'altro contraente. Se i raggiri sono stati usati da un terzo, occorre, ai fini dell'annullabilità del contratto, che siano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio. Se ciascuna delle parti ha cercato di ingannare l'altra (dolo reciproco) vi sarebbe una compensazione tra le due frodi. Se si tratta di un negozio unilaterale che non sia recettizio (testamento), il dolo ha rilevanza da chiunque provenga. Il dolo può avere rilevanza in tutti gli atti, tranne quelli in cui, per particolari ragioni, tale rilevanza è esclusa dalla legge: così nel matrimonio possono dedursi solo l'errore e la violenza; nella confessione che è impugnabile solo per errore di fatto o violenza. Vi sono negozi nei quali l'errore non può essere addotto come vizio della volontà se non è provocato dal dolo: l'accettazione e la rinunzia dell'eredità e la divisione.

Rapporti tra il dolo vizio della volontà e la nozione generale di dolo

Il dolo-inganno non va confuso con il dolo-intenzione, cioè con quella ura di dolo che s'incontra non solo nel diritto penale ma nel diritto privato. Il dolo non indica un particolare tipo di azione ma costituisce un elemento soggettivo o psicologico, ossia l'intenzione dell'agente di realizzare un determinato risultato, e si concreta nella corrispondenza tra un programma perseguito da una persona e l'azione da essa posta in essere; l dolo quale vizio della volontà denota proprio un particolare tipo di azione, l'azione di chi inganna o raggira, e che si concreta in un determinato fatto

D Violenza

Nozione

La violenza psichica (vis compulsiva) consiste nella minaccia di un male ingiusto, rivolto ad una persona allo scopo di estorcerle il consenso alla stipulazione di un contratto. La violenza "morale" assume rilievo come vizio della volontà quando miri non già ad un qualsiasi altro risultato bensì se sia diretta ad ottenere dal minacciato il compimento di un atto a carattere negoziale. La vittima della violenza psichica è posta di fronte alla scelta tra subire il male minacciato, rifiutandosi di concludere il negozio. La violenza psichica a differenza della violenza fisica produce non la nullità, ma l'annullabilità del negozio. L'ordinamento affida a chi ha subito la violenza la valutazione circa l'opportunità di agire oppure no, per l'annullamento. La violenza si distingue dal timore riverenziale che consiste nell'intenso rispetto che si nutre verso persone autorevoli, i genitori ecc.

Violenza e stato di pericolo

La violenza si distingue dallo stato di pericolo. Il timore che spinge il soggetto ad emettere la dichiarazione negoziale è provocato dalla altrui manaccia; nello stato di necessità o di pericolo vi è una situazione psichica diretta a far concludere il negozio. Se per effetto dello stato di pericolo una persona ha assunto obbligazioni a condizioni inique, il negozio è annullabile, ma rescindibile.

Requisiti della violenza

La violenza s'inquadra tra i vizi del consenso nella stipulazione di un negozio giuridico. Non ricorre la violenza in qualsiasi caso di minaccia di un male ingiusto, ma soltanto quando la minaccia sia diretta allo scopo di indurre la vittima a perfezionare il negozio. Il male minacciato deve essere ingiusto e notevole e deve riguardare la vittima stessa o il coniuge o un discendente o i rispettivi beni. Non si esclude a priori la rilevanza della violenza, se il male minacciato riguarda altre persone, la violazione dell'efficacia della minaccia è rimessa all'apprezzamento del giudice. Il male minacciato deve essere ingiusto, requisito che non ricorre nel caso della minaccia di far valere un proprio diritto. Così nell'ipotesi che il creditore minacci al debitore che non hi la subastazione dei beni o il fallimento. Se il titolare del diritto soggettivo si serve della minaccia per conseguire non ciò che gli spetta, ma la stipulazione di un contratto che la controparte potrebbe non avere interesse di concludere, la minaccia acquista carattere d'ingiustizia ed il negozio è annullabile. A differenza del dolo che per aver rilevanza nei contratti, deve provenire dall'altro contraente, la violenza produce l'annullabilità del negozio anche se esercitata da un terzo. Si giustifica questa differenza tra dolo e violenza del terzo, con la considerazione della maggiore antigiuridicità della violenza rispetto al dolo. Il reato di estorsione è punito più gravemente della truffa.





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