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IL RAPPORTO GENITORI-FIGLI

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IL RAPPORTO GENITORI-LI


L'art. 30 Cost. stabilisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare la prole, anche se nata fuori dal matrimonio: il dovere-diritto del genitore ad un rapporto col lio - in cui si compendia la triade mantenimento, istruzione, educazione - viene affermato incondizionatamente, così come, al terzo comma, è riconosciuta ai li nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i membri della famiglia legittima.


IL DIRITTO A CRESCERE NELLA FAMIGLIA à il diritto a crescere nella famiglia pone specifici problemi con riferimento alla filiazione naturale, particolarmente nel caso in cui il lio naturale sia riconosciuto da un genitore unito in matrimonio. Al riguardo l'art. 252 comma 1 cc stabilisce che il tribunale per minorenni, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento per la tutela del suo interesse morale e materiale.

L'eliminazione del divieto di riconoscimento dei li adulterini ha poi reso necessaria una riconsiderazione della disciplina riguardante l'inserimento del naturale nella famiglia legittima del genitore che l'ha riconosciuto; art. 252 cc. La norma distingue a seconda che il riconoscimento sia avvenuto durante il matrimonio o prima di esso; se il lio naturale è stato riconosciuto durante il matrimonio il suo inserimento nell'ambito della famiglia legittima può essere autorizzato dal tribunale per minorenni, a condizione che non sia contrario all'interesse del minore stesso, che sia accertato il consenso del coniuge e dei li legittimi che abbiano compiuto i sedici anni e siano conviventi, nonché dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento; se invece il lio naturale è stato riconosciuto prima del matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima non è soggetto ad autorizzazione giudiziale, ma subordinato al solo consenso del coniuge e a quello dell'altro genitore.



L'art. 252 comma 2 e 4 cc richiede, sia per il lio riconosciuto durante il matrimonio che per quello riconosciuto anteriormente, il consenso dell'altro genitore all'inserimento della famiglia legittima; in quest'ultimo caso il rifiuto non impedisce al tribunale di concedere l'autorizzazione ove esso risulti contrario all'interesse del minore.


IL COGNOME à al nato da unione legittima viene imposto il cognome del marito, secondo una norma consuetudinaria frutto della radicata tradizione sociale per cui la famiglia legittima deve avere un unico cognome.

I criteri per determinare il cognome da attribuire al lio naturale sono dettati all'art. 262 cc. Qualora il riconoscimento avvenga in tempi diversi, la regola è quella della priorità di riconoscimento successivo da parte del padre, di assumere il cognome paterno in aggiunta o in sostituzione a quello materno.


AZIONE DI CONTESTAZIONE O DISCONOSCIMENTO à la perdita del cognome paterno non avviene in modo automatico, ma è condizionato da una scelta del lio in tal senso., poiché il cognome non è solo un simbolo di appartenenza, ma è anche un elemento che determina  la personalità dell'individuo.


LA POTESTA' DEI GENITORI à è quell'insieme di doveri-poteri finalizzato alla crescita spirituale e fisica del lio, da esercitarsi nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

Il legislatore assegna ai genitori il compito di seguire il lio affinché egli dia forma alla propria struttura personale, e non più quello di uniformarne la personalità ad astratti modelli comportamentali, più o meno generalmente condivisi.

L'attuazione del principio paritario, relativamente alla potestà dei genitori, ha subito alcuni temperamenti al fine di evitare il coinvolgimento dei minori nelle possibili crisi della vita coniugale. In particolare viene attribuito al padre il potere di adottare provvedimenti urgenti ed indifferibili in caso di incombente pericolo di grave pregiudizio per il lio, mentre è riconosciuto ad entrambi i genitori la facoltà di adire disgiuntamente il giudice.

L'inizio della potestà si colloca in un momento precedente alla nascita, poiché i genitori hanno il potere di rappresentare il nascituro, quello di accettare per lui eredità e donazioni. La fine della potestà si ha con il raggiungimento della maggiore età o dell'emancipazione.


IL DOVERE DI MANTENIMENTO à in base all'art. 30 Cost. è il primo obbligo dei genitori, deve essere commisurato ai redditi, alla consistenza del patrimonio ed alla idoneità lavorativa e professionale dei genitori. L'obbligo in esame si differenzia da quello alimentare sotto vari aspetti:

     la prestazione dovuta a titolo di mantenimento ha un contenuto più esteso non essendo limitata al soddisfacimento dei bisogni elementari di vita, ma comprende anche ogni altra spesa necessaria per arricchire la personalità del beneficiario;

     il mantenimento non è subordinato allo stato di bisogno del beneficiario e discende automaticamente dalla posizione del singolo all'interno della famiglia, a prescindere da qualunque altro presupposto;

     l'onerato per essere esonerato deve dimostrare, oltre alla mancanza di mezzi, anche l'incolpevole impossibilità di procurarseli.

Il coniuge che abbia integralmente adempiuto l'obbligo di mantenimento  dei li, pure per la quota facente carico all'altro coniuge, è legittimato ad agire iure proprio nei confronti di quest'ultimo per il rimborso di detta quota anche per il periodo anteriore alla domanda.

In caso di inadempimento, potranno trovare applicazioni le limitazioni della potestà previste negli artt. 330 e 333 cc e potrà anche giungersi alla dichiarazione dello stato di adattabilità se dovesse conurarsi la condizione di abbandono del minore.

L'obbligo non viene meno con la maggiore età, ma perdura finché i li non siano in grado di inserirsi nel mondo del lavoro.

Nel caso in cui i genitori non siano in grado di mantenere i li la legge stabilisce che gli ascendenti legittimi e naturali in ordine di prossimità sono tenuti a fornire ai genitori i mezzi necessari per l'adempimento dei loro doveri.


IL DOVERE DI ISTRUZIONE à all'interno della famiglia i li devono essere istruiti nelle forme e nei limiti connaturati alle possibilità dei genitori, e, nello stesso tempo, deve essere consentito loro di esercitare il proprio diritto all'istruzione in una sede diversa da quella familiare. Per quanto attiene ai genitori, occorre evidenziare come la responsabilità per l'istruzione dei li fino a quattordici anni venga sanzionata dall'art. 731 cp, che punisce chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, ometta senza giusto motivo di impartigli o di farsi impartire l'istruzione elementare (da estendersi anche a quella media alla luce dell'art. 34 Cost.).


IL DOVERE DI EDUCAZIONE à l'art. 147 cc privilegia il soggetto nei cui confronti deve essere realizzata la funzione educativa, obbligando i genitori a tenere conto delle capacità, dell'inclinazione e delle aspirazioni dei li.

Nella Costituzione risulta che alla famiglia deve essere riconosciuta piena libertà nella scelta dei criteri e dei mezzi educativi ritenuti più idonei. La libertà educativa incontra un primo limite nei principi fondamentali dell'ordinamento risultanti dalle disposizioni costituzionali e dalla legislazione penale, dalle quali si evince una sorta di minimo etico imprescindibile per una convivenza civile.

La giurisprudenza di merito ha da tempo riconosciuto un dovere dei genitori di rispettare le scelte dei li, soprattutto con riferimento allo studio, alla formazione professionale, all'impegno politico-sociale, alla fede religiosa.


I DOVERI DEI LI VERSO I GENITORI à L'art. 315 cc prevede che in capo al lio ci sia il dovere di rispettare i genitori, sia quello di contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.


L'ABBANDONO DELLA CASA FAMILIARE à l'art. 318 cc sancisce il dovere del lio di non abbandonare la casa dei genitori e riconoscere in capo a questi ultimi il potere di richiamarlo anche ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare. Il genitore, dunque, potrà ricondurre all'abitazione familiare il lio allontanatosi anche ricorrendo alla coercizione fisica; conseguentemente, persino i comportamenti che integrano i reati di cui all'art. 605 cp (sequestro di persona) e 610 cp (violenza privata) dovrebbero in linea di principio ritenersi scriminati dall'esercizio di tale diritto.


GLI IMPEDIMENTI DI UNO DEI GENITORI à l'art. 317 cc contiene due distinte norme: la prima prevede che in caso di impedimento di uno dei genitori, la potestà venga esercitata in modo esclusivo dall'altro e in tale eventualità il trasferimento dell'esercizio esclusivo della potestà in capo al coniuge non impedito avviene ipso iure, senza necessità di alcun provvedimento da parte del giudice; la seconda si occupa invece di disciplinare l'esercizio della potestà qualora, a seguito della separazione personale, dell'annullamento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, il lio sia stato affidato ad uno dei genitori.


L'ESERCIZIO DELLA POTESTA' NELLA FILIAZIONE NATURALE à da combinato disposto degli artt. 317 bis e 261 cc è dato ricavare la disciplina della potestà nei casi di filiazione naturale. L'esercizio del potere spetta al genitore che abbia effettuato il riconoscimento e nel caso in cui entrambi i genitori abbiano proceduto al riconoscimento ad ambedue se conviventi o al solo genitore con cui il lio convive; infine, qualora manchi il presupposto della convivenza, la potestà è esercitata da quello dei genitori che per primo abbia riconosciuto il lio. Il giudice, nell'esclusivo interesse del minore, può disporre diversamente e può anche nominare un tutore, escludendo entrambi i genitori dall'esercizio della potestà.

Le disposizioni in materia di potestà non sono generalmente ritenute applicabili alla prole irriconoscibile, ossia al lio che abbia agito per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione.


IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA POTESTA' à il legislatore ha previsto nel caso in cui il genitore trascuri o violi i suoi doveri o abusi dei suoi poteri o tenga comunque una condotta pregiudizievole nei confronti del lio, la possibilità di predisporre, ai sensi dell'art. 330 e 333 cc, le misure necessarie ad assicurare al minore un'effettiva tutela del suo interesse.

Quando i genitori non esercitano adeguatamente tale ufficio nell'interesse del lio, il giudice può privarli della potestà, dettando prescrizioni o addirittura sostituendosi ad essi al fine di assicurare al minore il soddisfacimento pieno dei suoi diritti. Lo strumento dell'allontanamento del soggetto abusante consente al giudice di proteggere il minore senza sradicarlo dal contesto familiare. L'art. 334, infine, nel caso in cui il patrimonio del minore sia male amministrato, prevede che il tribunale possa rimuovere uno o entrambi i genitori dall'amministrazione, provvedendo in quest'ultimo caso a nominare un curatore.


LA DECADENZA DELLA POTESTA' E LA SUA REINTEGRAZIONE à il giudice può pronunciare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del lio.

     In giurisprudenza la decadenza dalla potestà genitoriale è stata comminata rispetto al genitore separato non affidatario che ometta di tenere presso di sé i li per determinati periodi di tempo.

     La decadenza della potestà genitoriale può inoltre essere conseguente all'irrogazione di una condanna penale nei casi previsti dalla legge. La decadenza determina l'effetto di sospendere tutti i diritti-doveri connessi alla potestà, salvo l'obbligo di mantenimento.

L'art. 332 cc stabilisce che il giudice possa reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata.


I PROVVEDIMENTI PREVISTI DALL'ART. 333 CC à quando il comportamento di uno o di entrambi i genitori non sia tale da richiedere una pronuncia di decadenza della potestà, ma appaia comunque pregiudizievole nei confronti del lio, l'art. 333 cc consente al giudice di adottare, secondo le circostanze, i provvedimenti che ritenga opportuni, compreso, se necessario, l'allontanamento del minore dalla casa familiare. Tali provvedimenti sono comunque evocabili in qualsiasi momento dal tribunale quando siano venuti meno i motivi per cui erano stati emanati.


LA RAPPRESENTANZA E L'AMMINISTRAZIONE à l'art. 320 cc stabilisce che i genitori o il genitore che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i li nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. L'esercizio dei poteri di rappresentanza e amministrazione è governato dal principio di partecipazione paritaria ossia partecipano entrambi i genitori. Sono esclusi dalla rappresentanza i c.d. atti personalissimi.

La funzione sostitutiva dei genitori concerne non solo i nati ma anche i nascituri.

Gli atti di straordinaria amministrazione, oltre che richiedere la partecipazione congiunta dei genitori, non possono essere compiuti se non per la necessità o l'utilità evidente del lio, e solo dopo l'autorizzazione del giudice tutelare. Qualora i genitori non vogliano ovvero siano nell'impossibilità di compiere uno o più atti nell'interesse del lio che eccedano l'ordinaria amministrazione, può essere nominato un curatore speciale che provveda al compimento di tali atti.

Dovranno ritenersi invalidi gli atti compiuti senza la prescritta autorizzazione del giudice tutelare. L'annullamento potrà inoltre allorquando sia stato posto in essere da uno solo dei genitori un atto per il quale è prevista la partecipazione congiunta, ovvero allorché i genitori abbiano agito in conflitto di interessi; infine, nell'ipotesi in cui l'atto sia stato compiuto direttamente dal minore.


L'USUFRUTTO LEGALE à l'art. 324 cc dispone che i genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del lio.

L'art. 326 comma 2 cc: i frutti dei beni del lio sono sottratti all'esecuzione forzata dei creditori personali del titolare dell'usufrutto legale che siano a conoscenza dell'estraneità del debito contratto ai bisogni della famiglia.

L'art. 324 comma 3 cc indica alcune categorie di beni sottratte all'usufrutto legale:

     quelli che il lio ha acquistato con i proventi del proprio lavoro;

     quelli lasciati o donati al lio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione;

     i beni lasciati o donati con la condizione che uno o entrambi i genitori esercenti la potestà non ne abbiano l'usufrutto;

     i beni pervenuti al lio per legato, eredità o donazione e accettati nell'interesse del lio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà.

Il genitore che passi a nuove nozze conserva l'usufrutto legale sui beni del lio, con l'obbligo però di accantonare tutto ciò che eccede le spese sostenute per quest'ultimo.

Al genitore naturale cui compete l'esercizio della potestà spetta anche l'usufrutto legale sui beni del lio.






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