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L'oggetto del rapporto giuridico



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L'oggetto del rapporto giuridico

Il bene

I concetti di "bene" e di "cosa" sono spesso confusi, ma in realtà si tratta di concetti ben diversi. "Cosa" è una parte di materia ma non ogni cosa è un "bene". Secondo l'art. 810 cod. civ. "sono beni (soltanto) le cose che possono formare oggetto di diritti", e cioè quelle suscettibili di appropriazione e di utilizzo e che, perciò, possono avere un valore. In senso economico "bene" è la cosa che presenta un valore, in senso giuridico bene è non tanto la res, quanto il diritto. Nel senso ristretto il bene è oggetto (diretto) dei soli diritti reali.

Categorie di beni: corporali e immateriali

I beni oggetto dei diritti reali si caratterizzano per la loro corporeità (materialità), oltre che per la loro suscettibilità di valutazione economica. Il legislatore ricomprende tra i beni mobili le energie naturali purché anch'esse abbiano "valore economico". Molto più delicata è l'analisi relativa alla ammissibilità di beni immateriali. Tali vanno considerati gli stessi diritti quando possono formare oggetto di negoziazione. Si discute poi della conurabilità di "beni" (immateriali) con riguardo alle opere dell'ingegno (poesie, romanzo, brano musicale). Di bene, in senso economico, può parlarsi soltanto quando l'opera arrivi a formare oggetto di scambio o di sfruttamento.



Beni mobili e immobili

Fondamentale è la distinzione tra bene mobile ed immobile. Immobile è il suolo e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Il secondo comma dell'art. 812 considera immobili (immobili per determinazione di legge) anche alcuni beni che non sono incorporati al suolo: mulini, bagni, edifici, galleggianti. Tutti gli altri beni sono mobili. Le due categorie di beni sono sottoposte ad un regime giuridico sotto vari aspetti diverso. La circolazione dei beni mobili è più semplice: gli atti di trasferimento della proprietà non sono soggetti a forma vincolata, mentre l'atto scritto per la cessione o la costruzione di qualsiasi diritto reale su un immobile. Riesce agevole per gl'immobili, annotare i trasferimenti e le loro vicende giuridiche in pubblici registri  da porre i terzi in condizione di conoscerli (pubblicità immobiliare). Questo regime di pubblicità si è potuto istituire anche per alcuni mobili, detti mobili registrati.

Valori mobiliari

La necessità di assicurare adeguati controlli in ordine alla attività di emissione e distribuzione tra il pubblico di strumenti finanziari ha determinato l'individuazione di una categoria di beni da assoggettare a particolari discipline: i "valori mobiliari" o "strumenti finanziari". L'art. 1, comma 2, D.lg. 58/1998 elenca e definisce una vasta tipologia di "strumenti finanziari" (azioni ed obbligazioni emesse da società di capitali, titoli di Stato, quote di fondi comuni di investimento). Qualsiasi "sollecitazione all'investimento" per l'acquisto di strumenti finanziari, deve essere comunicata alla CONSOB, allegando un apposito "prospetto".

Beni fungibili e infungibili

Un'altra distinzione è quella tra beni fungibili e infungibili. Il bene fungibile può essere sostituito indifferentemente con un altro, in quanto non interessa avere proprio quel bene ma la stessa quantità e qualità. La fungibilità dipende dalla natura dei beni. Per adempiere l'obbligazione di dare una quantità di beni fungibili e renderne proprietaria un'altra persona, è necessaria la separazione, la quale consiste nella numerazione, nella pesatura o nella misura della parte dovuta. La distinzione tra cose fungibili ed infungibili serve anche a distinguere il mutuo dal comodato.

Beni consumabili e inconsumabili

I beni si distinguono anche in consumabili ed inconsumabili. Entrambi i termini devono essere intesi sotto il punto di vista economico. Consumabili sono quei beni che non possono prestare utilità all'uomo senza perdere la loro individualità o senza che il soggetto se ne privi (il danaro). Gli altri beni sono inconsumabili perché si deteriorano con l'uso (i vestiti). I beni consumabili possono essere goduti una sola volta e non sono suscettibili di quei rapporti con cui si concede agli altri il godimento del bene con l'obbligo di restituirlo. L'usufrutto, è un diritto reale con il quale si attribuisce il godimento di uno o più beni a persona diversa dal proprietario con l'obbligo di rispettare la destinazione economica del bene e di restituire lo stesso o gli stessi beni ricevuti, non è concepibile rispetto ai beni consumabili: rispetto a tali beni è conurabile un rapporto diverso: il quasi - usufrutto (il quasi - usufruttuario ha diritto di servirsi dei beni e deve restituirne il valore al termine dell'usufrutto). Altro aspetto della distinzione tra beni consumabili ed inconsumabili si ravvisa nella distinzione tra comodato e mutuo. Il comodato è un contratto con il quale si consegna ad una persona una cosa a titolo gratuito, perché se ne serva con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Beni divisibili e indivisibili

Un'altra distinzione è quella tra beni divisibili e indivisibili. Il criterio da seguire è quello della valutazione economico-sociale; divisibili sono le cose suscettibili di essere ridotte in parti omogenee senza che se ne alteri la destinazione economica (un fondo, un edificio); è indivisibile, invece, un animale vivo, un appartamento. L'indivisibilità può dipendere anche dalla volontà delle parti, che possono considerare non suscettibile di divisione anche un bene che è ritenuto divisibile.

Beni presenti e futuri

Altra distinzione notevole è quella tra beni presenti e beni futuri. Presenti sono i beni già esistenti in natura; solo questi possono formare oggetto di proprietà o di diritti reali. I beni futuri possono formare oggetto di rapporti obbligatori, per cui non si può esercitare un potere immediato su una cosa che non esiste.

I frutti

I frutti si distinguono in frutti naturali e frutti civili. I primi provengono direttamente da altro bene, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i prodotti delle miniere. Perché si possa parlare di frutti, occorre che la produzione abbia carattere periodico e non incida sulla sostanza e sulla destinazione economica della cosa madre. Finché non avviene la separazione dal bene che li produce i frutti naturali si dicono pendenti. Essi sono considerati beni futuri e quindi possono formare oggetto di rapporti obbligatori. Frutti civili sono i redditi che si conseguono da un bene, come corrispettivo del godimento che ne venga concesso ad altri. I frutti civili sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i dividendi azionari, le rendite vitalizie, il corrispettivo delle locazioni.



Combinazione di beni

I beni possono essere impiegati dall'uomo o separatamente o collegati in modo da accrescerne l'utilità. Infatti posiamo distinguere tra cosa semplice e cosa composta. Cosa semplice è quella i cui elementi sono talmente compenetrati tra loro che non possono staccarsi senza distruggere o alterare la fisionomia del tutto (un animale, un minerale, una pianta). Cosa composta è quella risultante dalla connessione, materiale o fisica, di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tutto ed avere autonoma rilevanza giuridica ed economica (la casa). Alla cosa composta si applica il principio possesso vale titolo, che non vige invece per l'universalità di mobili.

Le pertinenze

Nella cosa composta gli elementi che la costituiscono diventano parti di un tutto, il quale non può sussistere senza di essi. Se una cosa è posta a servizio o ad ornamento di un'altra, senza costituirne parte integrante ma in modo da accrescere l'utilità, si ha la ura della pertinenza. Per la costituzione del rapporto di pertinenza occorrono sia l'elemento oggettivo (rapporto di servizio o ornamento tra cosa e cosa) sia l'elemento soggettivo (volontà di effettuare la destinazione dell'una cosa a servizio dell'altra). Esempio di pertinenza d'immobile ad immobile: il garage destinato al servizio di una abitazione; esempio di pertinenza di mobile ad immobile: la cucina a gas e lo scaldabagno; esempi di pertinenza di mobile a mobile: il paracadute dell'aeromobile. La destinazione di una cosa al servizio dell'altra fa sì che l'altra abbia carattere accessorio rispetto all'altra. Il vincolo che sussiste tra le due cose deve essere durevole e posto in essere da chi è proprietario della cosa principale ovvero ha un diritto reale su di essa. Il vincolo pertinenziale può creare nei terzi la convinzione che le pertinenze appartengano allo stesso proprietario della cosa principale. La legge tutela, entro certi limiti la buona fede di questi terzi in riferimento sia alla costituzione che alla cessazione della qualità di pertinenza:

a)  costituzione: i terzi proprietari delle pertinenze possono rivendicarle contro il proprietario della cosa principale. Se la cosa principale è un bene immobile o un mobile registrato, ai terzi in buona fede non si può opporre l'esistenza di diritti altrui sulle pertinenze; se la cosa principale è un mobile non registrato, il terzo acquirente in buona fede è protetto in base al principio possesso vale titolo;

b)  cessazione: la cessazione della qualità di pertinenza non opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale. Per esempio: se la cosa principale è stata venduta dal proprietario a Tizio senza esclusione delle pertinenze e queste vengono poi vendute a Caio, questa seconda vendita non può essere opposta a Tizio.

Le universalità patrimoniali

L'art. 816 c.c. definisce universalità di mobili la "pluralità di cose che appartengono alla stessa persone e hanno una destinazione unitaria" (i libri di una biblioteca). L'universalità di mobili si distingue dalla cosa composta perché non v'è coesione fisica tra le varie cose; si distingue dal complesso pertinenziale in quale le cose non si trovano l'una rispetto all'altra, ma insieme costituiscono un'entità nuova dal punto di vista economico-sociale. I beni che formano l'universalità possono essere considerati a volte separatamente a volte come un tutt'uno. Ciò dipende dalla volontà delle parti ed assume particolare importanza nell'usufrutto. Il principio "possesso vale titolo" non si applica all'universalità di mobili. La dottrina distingue, inoltre, tra universalità di fatto e universalità di diritto. L'universalità di fatto è costituita da più beni ed in essa l'unificazione è opera del proprietario; l'universalità di diritto è costituita da più rapporti giuridici (eredità).

L'azienda

Un posto particolare tra le combinazioni di cose spetta all'azienda, che il codice (art. 2555) definisce come il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. Un'azienda è costituita da un insieme di beni vari, organizzati, ossia collegati tra loro da un nesso di dipendenza reciproca. L'azienda costituisce il complesso più importante di beni, in quanto è diretto o alla produzione di nuovi beni o allo scambio di beni o alla produzione di servizi. L'opinione tradizionale la considera come un'universalità di fatto. Ma come si è visto, il concetto di universalità esige che le cose appartengano allo stesso proprietario, mentre questo non è richiesto nell'azienda. È comunque, titolare dell'azienda anche chi non sia proprietario del complesso organizzato o dei singoli elementi costitutivi, purché organizzi e diriga ad un determinato fine produttivo o di scambio l'attività economica dell'azienda assumendone il rischio. ½ è anche chi considera l'azienda come universalità di diritto. Tra gli elementi che formano l'azienda ha particolare importanza l'avviamento; si dice che un complesso aziendale è ben avviato per affermare che fa molti affari. Ha dato luogo a molte dispute il rapporto che passa tra l'impresa e l'azienda. Il codice non dà la definizione dell'impresa, ma quella dell'imprenditore: l'imprenditore, secondo l'art. 2082 c.c., è chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. L'impresa, dunque, è l'attività economica svolta dall'imprenditore; l'azienda è il complesso dei beni di cui l'imprenditore si avvale per svolgere l'attività stessa.



Il patrimonio

In senso giuridico si chiama patrimonio il complesso dei rapporti attivi e passivi, suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad una persona. Il patrimonio non è considerato come un bene unico e, quindi, esso non è un'universalità. Ogni soggetto ha un unico patrimonio con il quale risponde dei propri debiti, né è concesso al singolo di staccare dei beni o dei rapporti giuridici dal proprio patrimonio per riservarli ad alcuni creditori escludendo gli altri. Diverso dal patrimonio separato è il patrimonio autonomo; è quello che viene attribuito ad nuovo soggetto mediante la creazione di una persona giuridica sprovvisto di personalità ma dotato di autonomia patrimoniale.

Beni pubblici

Di beni "pubblici" si parla in due sensi: beni appartenenti ad un ente pubblico (beni in senso soggettivo); beni assoggettati ad un regime speciale, diverso dalla proprietà privata, per favorire il raggiungimento dei fini pubblici (beni in senso oggettivo). Sotto questo secondo profilo sono pubblici i beni demaniali che possono appartenere solo ad enti pubblici territoriali, vi appartengono:

a)  il demanio marittimo (lido del mare, spiaggia, porti);

b)  il demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi). Queste due categorie costituiscono il demanio naturale necessario, cioè beni che non possono non appartenere allo Stato;

c)  il demanio militare;

d)  il demanio stradale (strade, autostrade);

e)  acquedotti, beni culturali, mercati comunali, cimiteri.

I beni demaniali sono assoggettati ad un particolare regime, non possono formare oggetto di negozi di diritto privato; sono inalienabili; non possono formare oggetto di possesso; non possono essere acquistati per usucapione da privati. I beni non demaniali appartenenti ad un ente pubblico si chiamano beni patrimoniali. Si distinguono in due categorie:

a)  beni indisponibili (foreste, miniere, fauna selvatica) che non possono essere sottratti alle loro destinazioni;

b)  beni disponibili, che non sono destinati direttamente ed immediatamente a pubblici servizi e sono soggetti alle norme del codice civile.

La disciplina dei beni degli enti ecclesiastici è dettata nella legge 20 maggio 1985, n. 222. Le chiese possono appartenere anche a privati e sono soggette alla disciplina del diritto privato, possono quindi essere alienate, usucapite ma non possono essere sottratte alla loro destinazione e al culto.







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