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GIOVANNI PASCOLI

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GIOVANNI PASCOLI



La vita

Giovanni Pascoli, nato a San Mauro di Romagna nel 185, passò un infanzia lieta e spensierata, ma nel 1867 suo padre fu assassinato. Questo fu l'inizio di un periodo di lutti familiari: in pochi anni morirono una sorella, la madre e un fratello. Una vera tragedia che lasciò tracce in tutta la sua opera.


Pascoli compì i suoi studi nel collegio degli Scolopi a Urbino, poi in altre città, infine vinse una borsa di studio per l'università di Bologna dove ebbe come insegnante Giosue Carducci. Dopo la morte di un altro fratello e il disagio economico della famiglia lo indussero a trascurare gli studi per partecipare alle lotte di rivendicazione sociale a fianco dei socialisti e degli anarchici arrestato per pochi mesi e poi assolto, abbandono la politica per dedicarsi agli studi.




Laureatosi, insegno in alcuni licei, anche a Livorno dove ricostruì il "nido" familiare con le sorelle Mariù e Ida verso le quali il poeta dimostrò un attaccamento morboso, tanto che il matrimonio di Ida fu vissuto come un tradimento del resto anche la sorella Mariù nutrì nei confronti del fratello lo stesso sentimento quando per lui si profilò la possibilità (poi sfumata) di sposarsi.


Nel 1905 succedendo a Carducci ottenne la cattedra universitaria di letteratura italiana a Bologna, dove morì ne 1912.


Le opere

La raccolta Myricae prende il titolo da un opera di Virgilio. Si tratta di una raccolta di liriche di argomento semplice e modesto, ispirate a temi familiari e campestri. Il titolo è dato dal nome latino delle tamerici, umili pianticelle che sono prese come simbolo di una poesia senza pretese legate alle piccole cose quotidiane e agli affetti più intimi.

Legate agli stessi argomenti sono le raccolte di poesie Primi poemetti, Canti di Castelvecchio, Nuovi Poemetti. In esse Pascoli si rivela sensibile poeta dei campi e dell'intimità familiare, ma anche del mistero della morte, del cosmo.

Sono liriche che segnano una grande innovazione nelle poesia italiane sia per le scelte lessicali e sintattiche, sia per gli originali onomatopee e le note impressionistiche. Spesso le parole assumono un valore allegorico e simbolico arrivando alle soglie del mistero.


Del 1904 è la raccolta si poemetti Poemi conviviali, che trae ispirazione dal mondo classico latini e greco e dal cristianesimo dei primi secoli. Il titolo deriva dalla rivista "il Convito" sulle quale furono inizialmente pubblicati.


In Odi e Inni, il poeta canta soprattutto l'eroismo e la patria, l'appassionato sogno della fraternità umana e della giustizia sociale.

Tra le opere di intonazione storico-politica ricordiamo: Canzoni di re Enzio, poemi italici, poemi del Risorgimento.


Tra i saggi il più importante è Il fanciullino, pubblicato sulla rivista "Il Marzocco". In questo scritto il poeta espone le linee della sua poetica.


Pascoli ha scritto anche saggi di critica letteraria su Leopardi, Manzoni e tre volumi di commento su Dante; inoltre ha pubblicato antologie della letteratura latina e italiana.




Il pensiero e la poetica

Il Pascoli, nonostante la sua formazione positivista provata dal gusto delle letture scientifiche, si fece strada la sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e di indagine del reale.  Il mistero e l'ignoto, che affascinano l'animo dell'uomo, sfuggono a ogni codificazione logica: la poesia è il solo strumento possibile di conoscenza del mondo, poiché andando oltre la conoscenza scientifica del reale, scopre gli aspetti sconosciuti delle cose. Il poeta, dotato di una vista più penetrante di quella degli altri uomini, si fa veggente, cioè può andare oltre le apparenze reali ed esplorare l'ignoto.


Il poeta, di fronte al dolore e al male che dominano sulla terra, recupera il valore etico della sofferenza, che riscatta gli umili e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori.

Il pessimismo pascoliano era sorretto da un profondo umanitarismo sentimentale , che gli impedì di accettare sul piano sociale i conflitti di classe.


Il capitalismo moderno, il successo delle grande industria, lo sviluppo delle città, avviate alla dimensione delle grandi metropoli, suscitavano nel Pascoli paura e angoscia perché minavano dalle fondamenta i valori tradizionali, costringendo troppi italiani all'emigrazione, all'abbandono, quindi, del proprio nucleo familiare, cioè del "nido".

Da qui il particolare nazionalismo del poeta: l'Italia,paese povero e proletario, aveva l'obbligo morale di tutelare i suoi cittadini più poveri, ricorrendo anche alla forza pur di procurare loro nuove terre e lavoro. Così il Pascoli celebrò la guerra di Libia come strumento del riscatto sociale dello Stato italiano.


Le linee essenziali della poetica pascoliana sono espresse nel saggio il Fanciullino, in cui il poeta definisce i caratteri peculiari delle sua poesia basata su un fondamentale irrazionalismo, su una visione alogica e fanciullesca della realtà.

Per Pascoli il poeta è l'uomo che sa ascoltare e dare voce al fanciullino che è dentro di sé, il quale non è attratto dai fatti importanti della vita e della storia, ma dai particolari più minuti e sensibile della realtà, dalla segreta poesia delle cose che i suoi occhi, non quelli dell'adulto corrotto dalla civiltà e dalle cultura, riescono a cogliere.


Il poeta dunque, come il fanciullino scopre il mondo intorno a sé, con meraviglia e, al di là della sua apparenza reale, ne intuisce i segreti e ne esprime le voci misteriose con immediata freschezza.

La poesia dunque: esprime una realtà primitiva, spontanea e fissa le impressioni in un linguaggio non aulico, ma ricco di parole e voci onomatopeiche; rende tutti gli aspetti della realtà e svela le sue trame più segrete, le corrispondenze più nascoste.

Con Pascoli la poesia assume quindi il carattere di rivelazione.


Alla teoria del fanciullino sono legate le novità linguistiche della poesia pascoliana il poeta tende infatti a suggerire e a evocare, più che a descrivere il fuggevole balenio delle impressioni rivelatrici. La poesia più nuova di Pascoli traduce le atmosfere e gli stati d'animo in frammenti lirici ricchi di musicalità, resa attraverso la scelta sapiente dei vocaboli, le assonanze, le sfumature del ritmo.



Lo stile e i temi del pascoli


Lo stile

Il linguaggio. Pascoli usa un linguaggio poetico ricco di echi e risonanze melodiche. Si tratta di un linguaggio ricco di metafore, di sinestesie, di onomatopee e di allitterazioni che contribuiscono a creare una fitta trama di corrispondenze foniche.


Il lessico. E' nuovo, con mescolanze di parole dotte e comuni, ma sempre preciso e scrupolosamente scientifico quando nomina uccelli o piante. La parola si carica spesso di significati allusivi; in essa il poeta proietta i suoi sentimenti e le sue inquietudini.


La sintassi. Preferisce periodi semplici composti da una sola frase o strutture paratattiche con frasi accostate mediante virgole o congiunzioni.



I temi

Il male, il ricordo, "il nido". Il dolore per l'assassinio del padre e la morte della madre e di alcuni fratelli è trattato in molte liriche. Pene e dolcezze dell'infanzia alimentano una poesia in cui il senso delle cose diventa sempre più allusivo e carico di suggestioni.


La natura e le piccole cose. Nella sua immaginazione poetica non manca l'abbandono alla contemplazione della natura di cui egli sa cogliere ogni modo. Sono spesso scene dei vita campestre quotidiana, sentita con intima malinconia.


Il cosmo. Pascoli è anche il poeta del cosmo, avvertito come mistero in cui emergono tutte le piccolezze dell'uomo e la precarietà della vita; ne deriva un senso angoscioso di smarrimento.


Il mistero. Da rifiuto del Positivismo e della scienza, non più considerata come unica fonte di conoscenza, nasce il senso del mistero che avvolge la realtà, dell'ignoto che il poeta sa cogliere ed esplorare.


Il dolore e la morte. La scienza dell'età del Positivismo, secondo Pascoli, non porta sicurezza, ma accresce lo spavento dell'uomo di fronte al suo destino di dolore e di morte che nessuna conquista può vincere.


Il mito classico. Nei Poemi conviviali il poeta rievoca il mondo antico greco e romano e quello dei miti e delle leggende classiche in una atmosfera suggestiva.



Pascoli e la poesia italiana del Novecento

Aspetti del Decadentismo nel Pascoli:

- evasione dalla realtà ;

- attrazione verso l'ignoto e sgomento di fronte al mistero insondabile della vita e del cosmo;

- concetto di poesia rivelatrice del mistero del mondo e della verità delle cose;

- tendenza a caricare le cose di significati simbolici;

linguaggio ricco di suggestioni musicali e simboliche.


Motivi pascoliani che influenzano la poesia del Novecento:

  • gusto per la poesia intima, ispirata al quotidiano e non a temi aulici;
  • impressionismo, come modo di esprimersi con immediatezza, per impressioni rapide dell'anima;
  • linguaggio libero da ogni solennità, lontano dalle forme poetiche della tradizione classica.





Il fanciullino

È dentro di noi un fanciullino

In questo brano, attraverso la metafora del fanciullino, si delinea la poetica che il Pascoli realizzava, negli stessi anni della pubblicazione del saggio e soprattutto nelle poesie di Myricae.

Questi, in sintesi, i principi più rilevanti:

  • la conoscenza del fanciullino è frutto dell'immaginazione;
  • il fanciullino sa scoprire le corrispondenze segrete che legano tutte le cose;
  • il poeta - fanciullino è un veggente, dotato di una vista acuta, non corrotta dalle convenzioni del pensiero razionale;
  • la poesia ispirata dal fanciullino ha un valore etico, morale e sociale, che invita alla fratellanza fra tutti gli uomini, al di là delle classi sociali cui appartengono.


Myricae

La storia editoriale di Myricae è molto complessa. Le molteplici fasi redazionali rilevano un continuo lavoro di correzione da parte di Pascoli che nei componimenti molto brevi, spesso ispirati alla vita campestre non intende rappresentare la realtà secondo i canoni naturalistici, ma a caricarla di significati misteriosi, coglierne gli aspetti più ignoti e inafferrabili ricorrendo alle onomatopee al valore simbolico dei suoni, all'uso di un linguaggio analogico e a una sintassi frantumata.


Lavandare

È un canto triste in cui dominano la solitudine e un senso di abbandono e di mestizia. La lirica è impostata su una rete di corrispondenze sullo sfondo di un paesaggio autunnale: l'aratro abbandonato e il solitario canto delle lavandare, il soffio del vento e il cadere delle foglie secche. Sono immagini che si accordano con quella conclusiva della donna che si sente sola e abbandonata.


La struttura

v  La prima terzina è descrittiva: un aratro lasciato in abbandono in un campo arato a metà.

v  Nella seconda terzina prevale l'aspetto fonico: le vocali toniche aperte dominano su quelle chiuse.

v  Nella quartina c'è da rilevare la corrispondenza simbolica tra l'aratro, e la donna che attende il ritorno dell'uomo amato. La strofa ricalca il ritmo cantilenante degli stornelli popolari.


Novembre

Pascoli ritrae una di quelle giornate di novembre in cui il cielo appare luminoso e terso, arricchendola di risonanze e profonde analogie. Si tratta dell'estate di San Martino, cioè i pochi giorni di sole prima dell'inverno.

Questa lirica inizia con un tono limpido e sereno, e ne assume poi uno cupo e funereo.


La struttura

v  La prima strofa è dominata dalla limpidezza del cielo. L'aria è trasparente, il sole luminoso. Sembra quasi primavera ma si tratta solo di un illusione.

v  Nella seconda strofa subentrano la realtà e la delusione.

v  Nella terza strofa le parole chiave sono il silenzio e la morte. Infatti Pascoli cerca di afferrare il senso misterioso della natura, ma ne rileva un impressione di gelo e di morte.


La struttura sintattica

È incisa da pause imposte dalla punteggiatura che isola le parole e le arricchisce di allusione e significati nascosti. Le tre strofe formano tre periodi.



X agosto

Il 10 agosto, giorno di San Lorenzo, è una data dolorosa per Pascoli, perché gli ricorda la morte del padre. Nella notte di San Lorenzo una strana pioggia cade dal cielo, si tratta di stelle. Il poeta quasi rispondendo allo sgomento degli altri afferma <<io lo so perchè>>; ma prima di svelarlo racconta la favola allegorica della rondine innocente rimasta uccisa, e dell'assassinio di un uomo.

Dopo aver rivelato la malvagità degli uomini spiega il significato del pianto di stelle che ha detto di conoscere: piange il cielo, sul male che rende buia la terra, e piange con lacrime di luce perché si uccidono gli innocenti. La cadenza della lirica è somiglia a un pianto sommesso e disperato.


Il motivo centrale di questa lirica è la malvagità umana che, per interesse o per crudeltà, uccide creature innocenti, un uomo e una rondine. E queste creature, accomunate dalla morte, diventano simbolo dell'ingiustizia e del Male che regnano sulla terra.

In questo modo il poeta dà alla tragica morte del padre una dimensione cosmica: anche il Cielo partecipa col suo pianto al dolore degli infelici.


La struttura

v  nella prima strofa il tema sono le stelle cadenti, cioè il pianto del cielo.

v  la seconda strofa tratta l'uccisione della rondine.

v  la terza strofa parla del dramma dei rondini destinati a morire.

v  nella quarta strofa viene toccato il tema dell'uccisione di un uomo innocente.

v  la quinta strofa tratta il dramma della famiglia di quest'uomo.

v  nella sesta strofa il tema è la funzione simbolica del pianto del cielo che vuole purificare la terra dal male.








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