ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto letteratura

Naturalismo e Verismo - Età del realismo, Naturalismo, La scena italiana, La scapigliatura, Verismo, Il teatro nel periodo verista



ricerca 1
ricerca 2

Naturalismo e Verismo


. Età del realismo


Con la sconfitta del moti rivoluzionari del 48, in tutta Europa si spegne lo slancio idealistico che aveva animato nella prima metà dei secolo le lotte costituzionali e patriottiche delle forze liberali e democratiche. Viene ad affermarsi così un clima di crescente realismo politico che costringe la borghesia a rinunciare ai miti romantici dell'insurrezione popolare e della repubblica per porsi sotto l'ombra protettrice delle monarchie nazionali, garanti di forza e di stabilità sociale: in Francia trionfa così il regime bonapartista, che garantisce alla borghesia stabilità politica (contro le sollevazioni proletarie) e sviluppo economico, in Italia e in Germania le monarchie sabauda e prussiana trasformano la lotta per l'unità e per l'indipendenza in affare di stato e la conducono al successo tra il tra il 1859 e il 1870 grazie alla forza degli eserciti, della diplomazia e del compromesso. In questo modo la borghesia, apparentemente sconfitta nel 48/49 nelle sue rivendicazioni di principio, impone di fatto in tutta Europa la propria egemonia politica ed economica. All'affermarsi della borghesia si accomna il trionfo dell'industrializzazione grazie all'impiego delle macchine nella produzione e allo sviluppo della rete ferroviaria, del sistema dei trasporti e del commercio mondiale. In pochi decenni l'industrializzazione cambia la faccia del mondo: l'urbanizzazione e la vita frenetica delle città industriali (verso le quali si spostano dalle camne milioni di lavoratori) diventano il simbolo della nuova civiltà; le invenzioni e le scoperte scientifiche si susseguono con un ritmo sempre più rapido, assicurando all'uomo d'occidente un dominio sulla natura che lo riempie d'orgoglio, e uno sviluppo economico che sembra destinato ad un progresso senza interruzione.



In questo clima di entusiasmo scientifico e fiducia nel progresso si diffonde una nuova cultura che vede nella scienza l'unico strumento valido per la conoscenza della realtà e nella tecnica il potente mezzo per modificarla. Tale cultura prende il nome di Positivismo, perché rifiuta ogni concezione spiritualistica e idealistica, dà valore solo all'analisi dei dati concreti e positivi forniti dall'esperienza, estende infine il metodo scientifico anche allo studio della società e dell'uomo (Comte, fondatore della moderna sociologia; Darwin). Il Positivismo, oltre che una filosofia, è quindi e soprattutto un'atmosfera mentale diffusa, una cultura basata sull'idea del progresso e sull'ottimistica convinzione che anche le tragiche conseguenze che l'industrializzazione comportava per milioni di lavoratori (questione sociale) avrebbero automaticamente trovato soluzione nell'avanzare dell'industrializzazione stessa. Esso è quindi l'ideologia della borghesia trionfante che afferma la propria superiorità sia nei confronti dei ceti più conservatori, sia nei confronti delle classi subalterne, non più in nome di ideali politici o morali, ma in nome della scienza e della tecnica.

Nello stesso momento, però, lo sviluppo del capitalismo industriale porta alla maturazione del proletariato industriale, sempre più numeroso e deciso a lottare per ottenere condizioni di vita e di lavoro più umane. Il movimento operaio, che aveva fatto le sue prime esperienze di lotta in Francia e in Inghilterra, trova il proprio fondamento nel socialismo scientifico di Marx. Il Marxismo, come il Positivismo, rifiuta ogni idealismo e pone al centro della sua analisi tecnica le leggi economiche che condizionano lo sviluppo storico e sociale (materialismo), ma al contrario del Positivismo sottolinea le contraddizioni di tale sviluppo, nega la pretesa oggettività della scienza e pone al primo posto la lotta di classe del proletariato contro lo sfruttamento capitalistico per l'instaurazione di una società socialista.

Nella seconda metà dell'800 il movimento romantico, nei suoi aspetti più marcatamente idealistici e lirico-soggettivi, ha ormai esaurito la sua spinta originale , mentre in sintonia con il clima culturale dominante prevale in letteratura la tendenza oggettiva e realista. Quest'epoca vede perciò il dominio del romanzo, il genere letterario che sin dalle sue origini era indirizzato al vasto pubblico dei non letterati e che si era presentato come uno specchio della realtà. Nascono dei veri e propri generi letterari del romanzo: il romanzo d'appendice, o alla francese, pubblicato a puntate in appendice a quotidiani e periodici; il romanzo poliziesco, basato sull'immancabile scoperta della verità; la letteratura per l'infanzia, che propone romanzi d'avventura e fiabe; il romanzo di fantascienza, ispirato all'ammirazione per le meraviglie della scienza e della tecnica. Appartengono a questi anni opere di alta qualità letteraria che mettono in evidenza i momenti significativi della coscienza collettiva e della realtà sociale: in Inghilterra abbiamo l'ultima produzione dei Dickens, in negli Stati Uniti Mark Twain, in Germania Fontaine, in Russia Gogol, in Francia, in particolare, il romanzo realista ebbe una straordinaria fioritura e produsse un vero e proprio movimento: il Naturalismo, che influenzò profondamente la letteratura europea del periodo.



Naturalismo


È il movimento letterario che nasce in Francia come applicazione diretta del pensiero positivista e che si propone di descrivere la realtà psicologica e sociale con gli stessi materiali usati dalle scienze naturali (da cui viene il nome).

L'interesse per i fenomeni sociali era già presente nel realismo sociologico di Balzac che nella sua 'Commedia Umana' aveva analizzato personaggi appartenenti a diverse generazioni e a diversi ambienti. Ma fu Flaubert lo scrittore che i naturalisti indicarono come loro maestro: egli infatti nei suoi romanzi aveva impresso una svolta radicale alla tradizione del Realismo, romantico sia nei contenuti, mostrando l'impossibilità di continuare a nutrire romantiche illusioni come l'amore e l'idealismo politico in tempo e in una società assorbiti ormai dal grigiore e dalla banalità di ogni giorno, sia nello stile, mostrando una rigorosa impersonalità che eliminava completamente gli interventi diretti e i commenti del narratore su vicende e personaggi, così frequenti nella tradizione romantica del primo Ottocento.

Iniziatore del movimento naturalista fu Emile Zola, che ne fu anche il principale teorico e divulgatore (giornalista oltre che romanziere, partecipò in modo appassionato al dibattito politico e culturale del suo tempo su posizioni progressiste). La poesia naturalista fu elaborata da Zola, che ne fissò i principi nella teoria del romanzo sperimentale, per la quale lo scrittore non deve inventare ma osservare la realtà per poi riprodurla oggettivamente; egli nella rappresentazione dei fatti deve attenersi alle leggi scientifiche che spiegano i comportamenti sociali; la sua scrittura deve essere un documento oggettivo dal quale non deve trasparire alcun intervento soggettivo dell'autore. Nel rielaborare la sua poetica Zola fece propria la formula dello storico Taine , il quale sostiene che le azioni umane sono regolate da 3 fattori; il momento storico, l'ambiente sociali, la razza, cioè i fattori ereditari. I temi prediletti della narrativa naturalista furono chiaramente anti-idealisti e anti-romantici: la vita quotidiana con il suo grigiore, la sua banalità, le sue piccole ipocrisie e la sua meschinità, le passioni morbose al limite della patologia psichiatrica, la follia, le condizioni di vita delle classi subalterne, specie del proletariato urbano, vero esempio di 'patologia sociale' prodotta dalla miseria (prostituzione, alcolismo, delinquenza minorile). La scelta di questi temi faceva sì che la narrativa naturalista portasse in sé una forte carica di denuncia sociale, sebbene questa non dovesse risultare dall'intenzione dell'autore ma esclusivamente dalla descrizione 'scientifica' ed obiettiva dei fatti.





. La scena italiana


Ottenuta l'unità e l'indipendenza iniziò in Italia il difficile cammino del nuovo stato unitario. L'entusiasmo per l'ideale raggiunto pian piano si spense per la grigia realtà dell'amministrazione quotidiana, ma soprattutto si resero subito chiari i gravi problemi politici, sociali ed economici del Paese, come le condizioni di miseria nelle masse contadine (estranee al nuovo stato nazionale) e le profonde differenze tra le varie regioni (questione meridionale).

La cultura positivista si diffuse anche in Italia, diventando l'ideologia della classe dirigente liberale, fiduciosa nel progresso e nella scienza, e producendo un positivo rinnovamento nella cultura italiana. L'attenzione rivolta al reale e al dato concreto produce i primi studi sulle strutture della società italiana (in particolare sui rapporti città-camna e sulle condizioni delle regioni meridionali), il rinnovamento del metodo negli studi studio storici e letterari che si basano sull'ampia raccolta di materiale documentario, e infine gli studi di antropologia criminale che riconduce i comportamenti devianti alle tare fisiche dei criminali ed influenza il diritto penale.

Anche la letteratura, legata fino agli anni '60 alle vicende risorgimentali, subisce l'impatto della nuova situazione che propone agli scrittori il problema di come poter rispondere alle così concrete esigenze dei nuovi tempi. Diverse furono le risposte, che vanno dal recupero della parte più viva e impregnata del Romanticismo (operato da Francesco De Sanctis) al rilancio del Classicismo in polemica con l' 'Arcadia romantica' di Carducci, dal ribellismo contro l'idealismo romantico della Scapigliatura fino alla radicale scelta realista del Verismo, ma tutte le risposte si caratterizzarono per il rifiuto del Romanticismo languido e sdolcinato dell'ultima produzione lirica del 'secondo Romanticismo' e per una rinnovata esigenza di realismo analogamente a quando avveniva nel resto dell'Europa. E così anche in Italia si verifica il prevalere della narrativa sulla lirica, con l'ampia diffusione del romanzo verista.




. La scapigliatura


Rappresenta la prima reazione, ancora generica e ribellistica, alla letteratura risorgimentale e alla poesia patetica del 'Secondo Romanticismo'.

Il termine con cui il movimento si designò fu ripreso dal titolo del romanzo 'La Scapigliatura e il 6 febbraio' di Cletto Arrighi, anagramma di Carlo Rihetti, milanese, con il quale egli tradusse il termine francese 'boheme', che riprende il significato della vita irregolare dell'artista maledetto, indicando un movimento di giovani scrittori milanesi o trasferitisi a Milano (capitale dell'editoria), operanti tra il 1860 e il 1880 che si caratterizzarono più per le scelte di vita che per una precisa poetica. Gli scapigliati assunsero come proprio distintivo un atteggiamento polemico e provocatorio nei confronti della società borghese dominata dal perbenismo dagli interessi materiali, priva di slanci ideali. Assai composita è la loro poetica, e innovativa più nelle intenzioni che nei risultati, proclamano infatti la rivolta contro il Romanticismo, contro la letteratura dell'Italia ufficiale e perbenista (bersaglio polemico sarà spesso Manzoni e il sentimentalismo romantico), proclamano il culto del vero e quindi l'introduzione nella poesia del 'brutto' , del 'deforme' e dello 'sporco', cose che esistono nella vita reale; tentano una sperimentazione linguistica alla ricerca di un linguaggio realistico parlato.

Più significativa è la produzione degli scapigliati riguardo a tematiche e motivi ispiratori (tratti da Baudelaire di cui ammiravano l'anticonformismo) che diventarono poi dei veristi e dei decadenti: la denuncia sociale contro l'ipocrisia e i pregiudizi della morale borghese, contro le ingiustizie sociali e contro il denaro; l'analisi psicologica con la predilezione di situazioni di inquietudine e di conflitto, l'analisi delle passioni morbose, della nevrosi e della follia.

Gli scapigliati non riuscirono ad elaborare una visione del mondo organica e complessiva. Infatti la loro critica spesso appare velleitaria e moralistica, e la loro ribellione può sembrare una fuga dalla realtà piuttosto che una lotta. Per questo motivo alcuni considerano la Scapigliatura una tardiva esplosione del Romanticismo, piuttosto che l'espressione di una nuova sensibilità. Tuttavia possiamo affermare che gli scapigliati costituirono una presenza nuova nel panorama letterario italiano, e per primi seppero cogliere le contraddizioni dell'Italia post-unitaria (urbanizzazione, sorgere della grande industria e del proletariato).



. Verismo


Negli anni '70 si affermò nella narrativa italiana un forte movimento realista che prese il nome di Verismo. La nuova tendenza espressiva, che rinnovava dalle basi i moduli realisti presenti nella narrativa romantica (Manzoni, il romanzo storico, Ippolito Nievo), maturò, sia per la necessità di trovare nuovi moduli espressivi con i quali poter rappresentare i nuovi problemi politici e sociali dell'Italia post-unitaria, sia per l'influenza del naturalismo francese, ed in particolare per l'opera di Zola. I principi della nuova poetica verista vennero enunciati da Luigi capuana (teorico del Verismo) e si presentano come l'obiettività (compito dello scrittore è riprodurre le vicende umane del 'vero', della 'cronaca', di cui la ina letteraria deve diventare il 'documanto'); l'impersonalità (lo scrittore non deve far trasparire nell'opera la sua presenza, e quindi deve astenersi dai commenti, non fare apparire i propri valori etici, lasciare che 'il fatto parli da solo'); la scientificità (il vero non va ritratto dall'esterno, ma ricostruito con metodo scientifico nelle componenti costitutive che lo determinano, considerando in primo luogo l'ambiente sociale, l'ereditarietà, i motivi economici); un linguaggio nuovo (il linguaggio deve essere direttamente proporzionale ai fatti e scaturire dalla realtà stessa riproducendo il lessico, le cadenze, le strutture sintattiche dei personaggi rappresentati).



Se la poetica verista riproduce in sostanza quella del naturalismo francese, il verismo italiano presenta, però, caratteristiche proprie, in primo luogo derivanti da una situazione economica e sociale segnata dal ritardo dell'industrializzazione e dalla centralità della questione contadina. Da tutto ciò scaturisce il suo carattere regionalistico, poiché le contraddizioni sociali sono più evidenti nel diverso grado di sviluppo delle regioni italiane e, in particolare, nell'arretratezza e nella miseria delle regioni meridionali; il suo tono pessimistico, poiché la miseria delle camne viene vista come il prodotto inevitabile della grande trasformazione capitalistica, portatrice di progresso ma anche del disfacimento dell'economia e dei valori tradizionali. La poetica verista si diffuse subito in Italia e diede origine ad una corrente verista narrativa.



. Il teatro nel periodo verista


il teatro ebbe nella seconda metà del XVIII secolo una svolta importante: vennero abbandonati l'uso del vero, gli argomenti storici e i personaggi eroici del teatro romantico, la secolare distinzione tra la tragedia e la commedia; nacque così il teatro in prosa, in cui vengono rappresentate vicende di uomini comuni che vivono alla giornata. In tale teatro, realistico e moderno, possiamo individuare due filoni espressivi: il 'dramma borghese', di analisi psicologica e di costume, che rappresenta la vita della borghesia con le sue convenzioni, le sue ipocrisie, i suoi conflitti; il 'dramma verista' che mette in scena i ceti popolari, gli emarginati, e non rifiuta l'uso del dialetto.


Verga


La poetica del Verismo trovò la sua più alta realizzazione artistica nell'opera di Giovanni Verga, con Manzoni il più grande narratore italiano dell'800.

L'autore, partito di moduli espressivi tardo romantici nelle quali mise in mostra il disagio delle sue inquietudini giovanili, trovò nel Verismo il punto di approdo sia della sua concezione della vita, sia della sua esperienza artistica. La sua 'conversione' al Verismo lo condusse infatti a porre al centro della propria ispirazione artistica il 'mondo dei vinti', della sua terra d'origine, la Sicilia, le plebi contadine nel cui destino e nei cui valori destinati alla sconfitta egli vedeva confermata la sua personale concezione pessimistica della vita. E così Verga che non credeva né al progresso né al socialismo, riuscirà a dare la rappresentazione più vera e convincente di una società che rappresentava l'emblema della società del tempo, costruendo con la sua opera, sebbene da essa sia assente ogni intento di denuncia un grande atto di accusa che viene fuori dalla viva voce della stessa realtà sociale descritta e dimostrando la falsità della fiducia ottimistica nel progresso e nella scienza di cui si nutriva la cultura borghese e positivistica. La sua opera più matura fu gradita dal pubblico borghese del tempo e, mentre i nuovi miti D'Annunziani e decadenti cominciavano a riscuotere successo in Italia, si ritirò negli ultimi suoi anni nel silenzio e nell'isolamento siciliano.

Fin da giovanissimo Verga, scartando i moduli classicistici della formazione scolastica, si orientò verso la produzione narrativa, nella quale espresse via via le sue esperienze di vita con moduli espressivi tardo-romantici. Le prime prove narrative, romanzi di ispirazione patriottica e di ambientazione borghese coincisero con la sua esperienza giovanile: la spedizione garibaldina in Sicilia e il suo entusiasmo liberale; la sua vita brillante ed irrequieta nell'ambiente mondano di Firenze e di Milano. Ma il momento centrale della sua formazione che ispirò la sua narrativa maggiore fu rappresentato dai primi anni milanesi, nei quali conobbe e approfondì gli elementi essenziali che determinarono la sua 'conversione' verista. Questi elementi furono rappresentati dalla conoscenza dell'opera e della poetica di Zola e del naturalismo francese, discusse ed approfondite insieme all'amico Capuana; l'incontro con il Darwinismo, dal quale trasse l'idea della lotta per la sopravvivenza come elemento determinante nello sviluppo della società umana, gli studi e le discussioni sulla 'questione meridionale' attraverso i quali scoprì le condizioni di miseria delle plebi siciliane.

Nato e cresciuto nell'ambiente dell'aristocrazia agraria siciliana, Verga sembra trascinarsi l'eco di quella cultura, i cui elementi centrali sono il senso fantastico e della vita e il conservatorismo politico. Pur vivendo nell'ambiente borghese e positivistico della società milanese, egli trovò proprio nel Darwinismo la conferma della sua visione pessimistica e conservatrice della vita, che lo portava a considerare la struttura della società come una struttura immobile: infatti la vita gli appariva come una lotta impari contro il destino, poiché la lotta per la sopravvivenza coinvolge tutte le classi sociali; dagli ambienti plebei alle classi più elevate, e dà come unica conclusione la sconfitta del singolo che cerca in tutti i modi di cambiare il suo modus vivendi; nella stessa trasformazione economica e sociale, che egli sentiva come momento inevitabile del progresso umano, vedeva nello stesso tempo la dissoluzione e la morte del mondo contadino e dei valori di solidarietà della sua civiltà arcaica.

La 'conversione verista', documentata nella produzione novellistica ed in particolare in 'Fantasticheria' permise a Verga di riuscire a trovare il canone artistico atto a dare piana espressione al suo mondo poetico sia alla sua ideologia, superando, attraverso il canone dell'impersonalità, l'autobiografismo e i moduli tardo-romantici che avevano segnato i suoi romanzi di ambientazione borghese, e, rappresentando attraverso il canone della scientificità le leggi della lotta per la sopravvivenza che confermavano la sua concezione pessimistica della vita. Il confronto e il contrasto tra la lealtà delle plebi siciliane e la falsità del brillante mondo cittadino, condusse Verga a scoprire nel mondo degli 'umili' e dei 'vinti' il soggetto privilegiato della sua poetica, perché la loro miseria consentiva di rappresentare, nel modo più evidente, il meccanismo della lotta per la sopravvivenza e, perché, la genuina semplicità del loro mondo morale e dei loro valori esprimeva la condizione universale dell'uomo e del suo destino di sconfitto.



. La prima produzione giovanile (i romanzi di ispirazione patriottica) ha scarso rilievo dal punto di vista letterario, lo stile è retorico, la lingua è ancora incerta. Più significativi sono i romanzi di ambientazione borghese, scritti durante il soggiorno fiorentino e i primi anni milanesi, che testimoniano la sua adesione al gusto tardo-romantico e gli diedero la fama. Sono tutti ambientati nel mondo brillante e corrotto della mondanità cittadina e si caratterizzano per la predilezione per il tema della passione travolgente e fatale dai toni fortemente melodrammatici; la presenza di donne fatali e sensuali, la degradazione materiale e morale di personaggi inevitabilmente condannati alla morte; si caratterizzano per il motivo autobiografico dell'artista sradicato dal suo ambiente di nascita, soggetto-oggetto di amori travolgenti, in continua tensione tra l'inserimento nel grande mondo e il ritorno agli affetti familiari. Eppure già in questa produzione tardo-romantica si notano elementi che anticipano la futura svolta verista: i protagonisti sono tutti dei 'vinti' trascinati alla morte da un oscuro destino; inoltre rie una decisa polemica contro la società borghese proiettata vero il lusso e il denaro, cieca di fronte alla miseria degli umili.

. Le novelle segnano l'inizio della narrativa verista di Verga. Con 'Nedda', la prima del nuovo corso, il mutamento rispetto ai moduli narrativi precedenti, anche se è presente qualche incertezza stilistica, è netto sia per la protagonista che è un'umile contadina, sia per la narrazione di fatti e di azioni che viene a costituire l'analisi psicologica e il dramma interiore, sia per la voce narrante che è interna al mondo descritto e per il fatto che domina il discorso diretto. Nella raccolta 'Vita dei campi' l'autore approfondisce la sua esplorazione del mondo contadino siciliano, dominato da pregiudizi e dalla dura legge del bisogno e del lavoro, animato da personaggi primitivi con le loro passioni e con le loro sconfitte. In queste novelle è già presente il mondo dei futuri romanzi dominato dalla legge della lotta per la sopravvivenza e dell'inesorabile sconfitta di chi tenta di uscire dal proprio mondo per conseguire un progresso materiale. Nelle 'Novelle Rusticane', composte subito dopo i Malavoglia, caratterizzate da uno stile ormai maturo si svolgono tematiche dagli orizzonti più alti; il motivo economico non è più visto come sola necessità, ma come avidità di ricchezza (anticipando così 'Mastro Don Gesualdo'); in esse compaiono temi storico-sociali che denunciano non in modo esplicito, ma in modo implicito, l'incapacità dell'unificazione nazionale di risolvere i problemi siciliani.

. I Malavoglia. Questo romanzo fa parte del 'ciclo dei vinti', e per le vicende narrate, per lo stile e per la tecnica originali si può ritenere la migliore realizzazione della narrativa verista. Il tema della vicenda è la dolorosa esperienza di lutti di una famiglia di pescatori che, l'ansia del miglioramento economico, portò alla dissoluzione. L'idea che lo ispira esprime tutto il pessimismo verghiano: per quanto gli uomini si affatichino e lottino alla ricerca del meglio, essi non potranno mai sfuggire all'inflessibilità del destino. A chi tenta, come la famiglia dei Malavoglia, di uscire dalla propria condizione, viene riservata una catena di miseria e lutti. L'unico spiraglio è dato dal rispetto della sacralità dei valori atavici: infatti per chi resta fedele ai valori della casa e della famiglia (l'ideale dell'ostrica) e rinuncia alla lotta per il progresso, esiste una possibilità di salvezza che coincide con la rassegnazione e l'accettazione dell'immobilismo sociale. La novità più grande del romanzo è l'adozione di una tecnica narrativa del tutto nuova. L'autore reinterpreta il canone verista dell'impersonalità con una soluzione che gli consente di non tradire le parole e i pensieri dei suoi personaggi. Egli se nella voce dei personaggi stessi o nel coro dei parlanti del popolo, attraverso l'adozione del loro lessico, delle loro strutture sintattiche, dei loro proverbi. L'adesione al loro mondo morale risulta così totale e da essa scaturisce l'originalità e l'espressività dello stile verghiano.

. Mastro Don Gesualdo. Il tema dominante è ancora quello economico, dunque la ricerca del 'meglio' diventa in Gesualdo l'esasperata bramosia di ricchezza che egli riesce ad ottenere attraverso un durissimo lavoro. Ma l'aspirazione di quest'uomo di vedere riconosciuta la sua ascesa sociale sarà destinata ad una squallida sconfitta. Il personaggio riempie tutta la scena, e Verga ne esplora in modo analitico tutte le pieghe dell'animo: la spregiudicatezza, l'assenza di 'pietà', l'incapacità di amare, il 'mito della roba', la profonda solitudine. La narrazione è ancora affidata alla voce interna all'ambiente descritto, ma le descrizioni, l'attenzione rivolta al personaggio e alle dinamiche sociali (aristocrazia in decadenza e borghesia in ascesa) fanno di 'Mastro Don Gesualdo' un romanzo più vicino ai moduli tradizionali.

. Opere teatrali. Nell0ultimo periodo della sua creatività artistica Verga produsse delle opere teatrali, in genere tratte dalle sue novelle, che costituirono il primo tentativo di teatro verista ed ebbero in quei tempi un grande successo. Al di là del suo valore letterario, il teatro verghiano contribuì a stabilire la fine del teatro romantico, e portò sulla scena la vita popolare e i toni accesi e drammatici della passionalità verista. Tra le opere più importanti abbiamo la 'Cavalleria rusticana' tratta dall'omonima novella, che è riuscita ad ottenere un grandissimo successo.








Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta