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Italo Svevo - Sviluppo del primo conflitto mondiale, Italo Svevo (Aron Hector Schimtz)

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Italo Svevo

Storia Sviluppo politico italiano nel periodo del primo conflitto mondiale e relative annessioni territoriali (Trieste)

Italiano Condizione cosmopolita triestina quale culla di formazione poetica e culturale di Svevo; creazione del personaggio dell'inetto.

Inglese J. Joyce: biografia e poetica.

Filosofia Teorie di Freud.

Fisica Einstein :La Relatività Ristretta, equazioni di trasformazioni di Lorentz.

Sviluppo del primo conflitto mondiale

All'inizio del XX sec. le gravi tensioni prodotte dalle tendenze imperialistiche delle varie potenze europee vennero aggravandosi anche a causa delle intense rivalità esistenti tra le singole Nazioni.

In tutti i paesi si determinò una decisa corsa al riarmo, sostenuta dai movimenti nazionalistici che chiedevano a gran voce una politica di potenza ed esaltavano apertamente la guerra. Per troppi uomini del primo 900 la guerra, sangue - Fase di Problematizzazine" class="text">il sangue, le stragi.. (così osservava B.Croce) non erano più oggetto di ripugnanza ma rivestivano una certa attrazione poetica, si parlava della bellezza della violenza e della strage. Così, quando il 28 giugno 1914 uno studente bosniaco Gravilo Princip uccise in un attentato a Sarajevo l'arciduca Francesco Ferdinando D'Asburgo, erede al trono d'Austria, e sua moglie, gli eventi precipitarono e nell'agosto del 1914 lo scoppiò della Prima Guerra Mondiale costituì l'inevitabile sbocco delle tensioni interne ed esterne dei vari Stati europei. Ben presto non solo l'Europa ma il mondo intero si trovarono impegnati in un conflitto di proporzioni fino ad allora sconosciute che provocò danni spaventosi. L'Europa era divisa in due blocchi contrapposti: da un lato la Francia, L'Inghilterra e la Russia unite nel 1907 nella Triplice Intesa, dall'altro Germania, Austria-Ungheria, Italia unite nel 1882 nella Triplice Alleanza. L'Italia, pur legata alla Triplice Alleanza, inizialmente rimase neutrale , per essere stata tenuta all'oscuro delle decisioni di guerra prese da Austria e Germania.




Il Paese era comunque diviso internamente: da un lato gli interventisti, decisi sostenitori della guerra, dall'altro i neutralisti, sostenitori della pace e convinti che ogni guerra sarebbe stata un danno per gli interessi del proletariato. L'Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915, sotto la minaccia del blocco mercantile inglese, scendendo in campo a fianco della Triplice Intesa, poiché non raggiunse un accordo con Austria - Germania. Il 1917 fu un anno significativo; la Germania intraprese una guerra sottomarina contro il commercio che il presidente americano Wilson dichiarò 'è una guerra contro l'umanità, contro tutte le nazioni' . Nello stesso anno scoppiò la rivoluzione bolscevica, e la Russia dovette ritirarsi dalla guerra . Gli Stati Uniti entrarono allora in guerra , prestando un solido aiuto agli alleati. Finalmente nel Novembre 1918, con la resa della Germania e dell'Austria, la guerra ebbe fine, il bilancio apparve terrificante. La guerra distrusse le ricchezze accumulate nei quarant'anni di pace precedenti e determinò la fine dell'egemonia dell'Europa nel mondo. L'assetto post-bellico vide profondamente mutato il quadro della vecchia Europa: dopo aver dichiarato guerra all'Austria-Ungheria, le forze italiane attaccarono i contingenti austriaci lungo i confini. Nel tentativo di occupare Trieste, città di tradizioni italiane e importante sbocco sul mare per l'Europa continentale, gli italiani combatterono, fra l'estate e l'autunno 1915, quattro battaglie di esito incerto. L'esercito italiano occupò Trieste solo nel 1918, e al termine del conflitto la città venne annessa al Regno d'Italia. L'impero Austro-ungarico sve, lasciando il posto ai nuovi Stati cuscinetto (Polonia, Cecoslovacchia, Austria, Ungheria, Jugoslavia) che non avevano alcuna possibilità di autonomia econimica, e l'impero russo degli zar fu spazzato via dalla Rivoluzion bolscevica guidata da Lenin, che portò al potere i Consigli dei delegati dei lavoratori (Soviet) e fondò l'URSS (Unione della Repubbliche Socialiste Sovietiche)


Italo Svevo (Aron Hector Schimtz)

La condizione cosmopolita triestina

In seno al suo profilo autobiografico Italo Svevo esterna le reali motivazioni di uno pseudonimo che potrebbe essere definito specchio della sua cultura: <<Per comprendere la ragione di uno pseudonimo che sembra voler affratellare la razza italiana e quella germanica, bisogna aver presente la funzione che da quasi due secoli va compiendo Trieste alla porta orientale d'Italia: funzione di crogiolo assimilatore degli elementi eterogenei che il commercio e anche la dominazione straniera attirarono nella vecchia città latina. Il nonno di Italo Svevo era stato un funzionario imperiale a Treviso, dove sposò un' italiana. Il padre suo perciò, essendo vissuto a Trieste, si considerò italiano, e sposò un'italiana da cui ebbe quattro liole e quattro maschi. Al suo pseudonimo 'Italo Svevo' fu indotto non dal suo lontano antenato tedesco, ma dal suo prolungato soggiorno in Germania nell'adolescenza>>(Profilo autobiografico).Posta così in apertura del Profilo autobiografico la motivazione dello pseudonimo documenta l'importanza che Svevo attribuisce alla sua doppia identità sottolineando una condizione di mediatore fra due versanti culturali, interpretando, nella sua opera di scrittore, la singolarità della 'condizione triestina'. <<Trieste era allora un terreno singolarmente adatto a tutto le coltivazioni spirituali. Posta al crocevia di più popoli, l'ambiente letterario triestino era permeato dalle culture più varie. Alla 'Minerva' ( la Societá letteraria triestina) non si trattavano soltanto argomenti letterari paesani o nazionali; le persone colte di Trieste leggevano autori francesi, russi, tedeschi, scandinavie ed inglesi. Italo Svevo si trovò naturalmente attratto da tutti i cenacoli artistici e letterari della sua giovinezza. Infatti è bene ricordare che Trieste, sino al 1918, non faceva parte dello Stato italiano e, grazie alla sua posizione geografica di confine, coesistevano in essa tre culture, quella italiana, quella tedesca e quella slava; inoltre era presente e attiva in città una consistente comunità ebraica, cui la famiglia di Svevo faceva parte.


La scoperta tardiva di Svevo si spiega con la proiezione mitteleuropea della sua ricerca letteraria, legata anche alla situazione particolare di Trieste. Eccentrica sia rispetto all' Impero asburgico sia rispetto all' Italia, ma anche centro di traffici e di scambi culturali, luogo d'incontro di genti diverse, zona di scontri e di tensioni, crocevia di traffici e di fermenti culturali, Trieste si conurava come una città cosmopolita, centro di relazione con l'area balcanica e mitteleuropea e in particolare con Vienna, che era non solo la capitale politica ma anche un attivo centro di mutamenti culturali. Nella città come in un 'sismografo molto sensibile', si registra 'ognuna delle moltlepici vibrazioni culturali e politiche che attraversano l' Impero asburgico nei suoi ultimi anni di vita e che esplodono in una delle più alte stagioni creative dell' Europa moderna'.In questa particolare condizione di provvisorietà e incertezza, che fa della Trieste tra Otto e Novecento una città anche culturalmente subalterna, essenzialmente e doppiamente periferica , Svevo sentì acutamente, soprattutto nel risvolto lingustico, il disagio della <<condizione triestina>> .

In questa condizione in cui Trieste versava, si sviluppò la prima formazione di Svevo, di natura tedesca: ciò spiega la radicata propensione dello scrittore a una letteratura di idee. La sua cultura non fu mai strettamente letteraria: furono sempre vivissimi in lui gli interessi filosofici e soprattutto scientifici, e non c'è dubbio che la riflessione sul rapporto arte-scienza occupi un posto centrale nella sua poetica. Si spiega in tal modo l'interesse sempre vivo di Svevo per quelle che egli chiamava <<le teorie>>, vale a dire per quei sistemi gnoseologici del reale che si succedettero rapidamente nell' orizzonte della cultura mondiale tra Otto e Novecento: Darwin, Freud e Einstein; e proprio le teorie di Einstein furono l'ultimo interesse scientifico della sua vita.Egli rimase sempre convinto del primato della scienza, e del pensiero in genere, sull'arte (<<Ciò che la scienza inizia, l'arte compie>>), senza che questo, s'intende, lo portasse a trascurare o sottovalutare la specificità della ricerca artistica in sé considerata.


La creazione dell' inetto

Spostando l'asse della speculazione discorsiva sugli interessi che l'autore coltivava, è opportuno, ai fini di una più chiara visione della sua poetica, sollevare il vivo interesse che Svevo nutriva per la 'sorte del singolo', minacciato nella sua identità e nella sua libertà individuale dalle coercizioni dell'ambiente. Siffatto aspetto verte a fornire una spiegazione della singolare condizione dell' 'inetto', colui il quale non accetta di vivere quotidianamente secondo le regole del comformismo sociale: 'un diverso', 'un divergente', che si oppone alla ura del borghese medio, attivo e votato al successo.Nei romanzi sveviani l'inetto è il 'malato' che osserva lucidamente, portandola allo scoperto, la rete di mistificazione, inganni, censure e rimozioni che il mondo dei 'sani' ignora, per una sorta di autoinganno collettivo, con cui sostiene la sua visione ottimistica del progresso, il suo vitalismo. Il tema dell'inettitudine, insieme con quello della vecchiaia e della morte, costituisce un motivo costante della narrativa e della meditazione di Svevo. Con la sua ottica divergente, il personaggio sveviano fa lucidamente la diagnosi della propria condizione alienata, professa la propria inettitudine, bloccando in sé definitivamente ogni residua possibilità di azione. E, quanto più è acuta la sua sofferenza della vita, tanto più viva è la sua aspirazione a realizzarsi in esperienze totali, tanto più il personaggio è immobilizzato nei gesti, incapace cioè di un qualsiasi atto valido alla costruzione di se stesso. Suo destino è di subire la realtà: la sua 'malattia' è nella disposizone, tutta borghese, a guardare a quel destino da una prospettiva individualistica, che reca già in sé l'inevitabilità della sconfitta. In questa coscienza che il personaggio ha della sua malattia, si riflette l'idea più generale di un malessere esistenziale e di una crisi che si rivela incapace di trovare, sia pure a livello di proposta, una qualche soluzione ai problemi di ordine storico che investono la società italiana ed europea del tempo.



Italo Svevo


Italo Svevo durante una gita sul Carso con degli amici



Svevo e la sorella in un dipinto


Svevo e la famiglia


James Joyce

Joyce 's life

Joyce was an Irishman, he was born in Dublin in 1882, of a middle-class Irish Catholic family. In 1888 James was sent to a Catholic institution run by the Jesuit order : the Jesuit were responsable for all of Joyce 's education, even university. In 1904 Joyce took the two steps that were to determine the direction of his life and save him from a complete self - destruction in Dublin he met Nora Barnacle, the woman who was to be his lifelong companion ; in the same year the couple left Ireland, still unmarried. They settled to Trieste, at the time still part of the Austo-Hungarian Empire. Here his pupils now included Ettore Schmitz (Italo Svevo), at the time an unknow author whose two early novels (Una vita and Senilità) had been ignored by the critics. In 1914 Joyce 's book of short stories, Dubliners , was published after many difficulties. Joyce was using the tehnique of stream of consciousness to great effect.In 1920 he settled in Paris. His masterpiece Ulysses appeared in 1922. It tells the story of one day in the lives of various Dublin citizens. Joyce left Paris in 1940 when the events of the Second World War forced him to escape. He settled in Switzerland, where he died in 1941.


Joyce' s conception of the artist.

Joyce thought that the artist ought to be invisible in his work, in the sense that he must not express his own viewpoint. He should instead try to express the thoughts and experience of other men. He advocated the total objectivity of the artist and his independence from all moral, religious or political pressures. The artist must be outside society in order to be objective.

The 'Epiphany' in 'Dubliners'

The style of the book is essential realistic with a scrupulous cataloguing of detail, the ability to create a sense of place - the Dublin which is the stories 'setting - and remarkable moments of sudden insight which are one of the characteristics of Joyce 's art. He called the moments of insight 'epiphanies' . The original meaning of the term 'Epiphany' is, of course, the showing of the Christ child to the Magi: But Joyce adopts this expression to signify a sudden revelation, the moment in a novel or story when a sudden spiritual awakening is experienced in which all the petty details, thoughts, gestures, objects, feeling, etc., come together to produce a new sudden awareness. In other words, there is an epiphany when details, or moments, buried for years in one's memory, suddendly surface in one's mind and, like old photos, start a long, often painful mental labour.


La scomposizione psicanalitica della personalità

La psicoanalisi di Freud con le correlate teorie produsse implicazioni su vasta scala in seno alla biologia, filosofia e medicina tali da comportare profonde rivoluzioni vertenti a scalzare gli oramai classici ed insigni propositi e a formulare innovative interpretazioni. Uno degli oggetti bersaglio della psicoanalisi é rappresentato dalla personalità, aspetto sovente rivendicato come unità semplice, inscindibile e immutabile dell'uomo.Freud trascende da tale interpretazione per approdare in una concezione tanto innovativa quanto interessante: egli definisce la personalità un'unità complessa costituita da un determinato numero di sistemi, ognuno dei quali va compiendo funzioni specifiche ed é posizionato in un certo ordine a guisa di metaforici luoghi psichici. Le formulazioni freudiane concepiscono due topoi (luoghi della psiche): il primo distingue tre sistemi: il conscio, preconscio e inconscio; il secondo distingue tre istanze: l'Es,l'Io e ilSuper-Io. L'Es : Lache e Pontalis lo definiscono il 'polo pulsante della personalità ' , Freud 'il calderone di impulsi ribollenti': due espressioni apparentemente eterogenee ma sostanzialmente complementari e vertenti a illustrare la vera essenza dell'Es, ovvero quella di forza caotica e impersonale che costituisce la matrice della psiche.

Come tale l'Es ignora il bene, il male, la morale per obbedire unicamente all'inesorabile principio del piacere; esso trascende inoltre dalle regole della logica. Il Super-Io costituisce una restrinzione dell'Es, poiché discerne dalle proibizioni di cui l'individuo si grava nei primi anni di vita e che l'accomna- no incosapevolmente per tutta la vita: 'il Super-Io é il successore e rappresentante dei genitori (ed educatori) che avevano vegliato sulle azioni dello individuo durante il suo primo periodo di vita; quasi senza modificarle, esso perpetua le loro funzioni.


L'io , in qualità di parte organizzata della personalità, riveste l'arduo compito di articolare una sorta di equilibrio tra i padroni quali l'Es, il Super-Io e il mondo esterno.Tale é l'istanza capace, mediante opportuni compromessi, di armonizzare passioni disparate e talvolta opposte: 'spinto così dall'Es, stretto dal Super-Io, respinto dalla realtà, l'Io lotta per venire a capo del suo compito economico di stabilire l'armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di lui; e noi comprendiamo perché tanto spesso non ci é possibile reprimere l'esclamazione: la vita non é facile'.

Si noti come il tipo di rapporto fra l'Io e suoi 'Padroni' rappresenti un fondamentale criterio di discriminazione tra normalità e nevrosi. Infatti nell'individuo normale l'Io riesce abbastanza bene a padroneggiare la situazione. E fornisce, agendo sulla realtà, parziali soddisfazioni all'Es, senza violare in forma clamorosa gli imperativi e le proibizioni che provengono dal Super-Io. Ma se da un lato le esigenze dell'Es sono eccessive, o se il Super-Io é troppo debole, o invece troppo rigoroso e poco duttile, allora queste soluzioni pacifiche non sono più possibili. Può in tal caso accadere che l'Es abbia il sopravvento e travolga un Super-Io troppo debole, e l'Io é condotto allora a comportamenti asociali o proibiti: il soggetto diventa un delinquente oppure qualche volta un perverso. Oppure può accadere che il Super-Io troppo rigido provochi la rimozione, o altri processi di difesa; le istanze dell'Es divenute inconscie si manifestano allora con sintomi nevrotici.


I sogni, gli atti mancati e i sintomi nevrotici

Sovente oggetto di mistiche credenze e di disparate concezioni, i sogni accomnano l'uomo fin dalle origini, producendo eterogenee passioni: paura, odio, rabbia, amore ecc.. Una trattazione scientifica di siffatti 'fenomeni' é da attribuire allo studio psicanalitico condotto da Freud, il quale ne 'L'interpretazione dei sogni' articola una speculazione discorsiva circa natura, sviluppo e significato dei sintomi onirici definendoli 'la via regia che porta alla conoscenza dell'inconscio nella vita psichica'. 'L'apamento di un desiderio': é la definizione che il padre della psicanalisi attribuisce ai sogni e, al fine di motivare una teoria trascendentale e, per molti versi incomprensibile distingue nei suddetti fenomeni un contenuto manifesto (La scena onirica così come viene vissuta dal soggetto) e un contenuto latente (insieme delle tendenze che danno luogo alla scena onirica). Ma perché questa distinzione? Perché, se i sogni richiamano dei desideri, non lo fanno in forma diretta? A questa prevedibile domanda Freud risponde dicendo che si tratta dei desideri inaccettabili del soggetto , che cadono quindi sotto l'azione della censura. In altri termini, il contenuto manifesto dei sogni é nient'altro che la forma elaborata e travestita - sotto effetto della censura - dei desideri latenti. Ma se ogni sogno é la realizzazione di un desiderio, che si cela anche nelle pieghe degli aspetti negativi e spiacevoli della scena onirica, l'interpretazione psicanalitica dei sogni consiste nel ripercorrere a ritroso il processo di traslazione del contenuto latente in quello manifesto, al fine di cogliere i messaggi segreti dell'Es. Applicando il determinismo psichico, ossia il principio per cui ogni cosa che avviene nella nostra mente non é da attribuire al caso bensì prodotta da cause determinate, Freud prese in esame 'contrattempi' quotidiani (lapsus, errori, dimenticanze, ecc.) che prima di lui erano considerati casuali. Il padre della psicanalisi poté concepirli come manifestazioni ulteriori dell'inconscio che, nella loro micromanifestazione assumono un significato preciso. Essi discernono da una sorta di compromesso fra l'intenzione cosciente del soggetto e determinati pensieri inconsci che agitano nella sua psiche.

Per quanto concerne i sintomi nevrotici, freud fa un discorso analogo, sostenendo che il sintomo come il sogno manifesto , rappresenta il punto d'incontro fra una o più tendenze rimosse e quelle forze della personalità che si oppongono all'ingresso di tali credenze nel sistema conscio.


Albert Einstein

nacque ad Ulm, in Germania, nel 1879, studiò matematica e fisica al Politecnico di Zurigo, subendo l'influenza di matematici come Minkowski, di fisici come Helmholtz, Maxwell ed Hertz e di filosofi come Mach. Terminati gli studi universitari, rimase a lavorare in Svizzera, presso l'Ufficio Federale dei Brevetti, ma continuò a dedicarsi a ricerche di fisica. Nel 1905 pubblicò tre memorie, una sulla fisica quantistica, una sulla struttura atomica della materia ed una terza, intitolata Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento, contenente la formulazione della relatività 'ristretta' o 'speciale'. Rientrato in Germania nel 1914, Einstein fu nominato professore di fisica nell'università di Berlino, dove formulò una nuova teoria della relatività, detta 'generale', resa pubblica nella memoria I fondamenti della teoria della relatività generale, e divulgata poi, insieme con la precedente, nel saggio Sulla teoria della relatività speciale e generale, e nel volume Il significato della relatività: quattro lezioni tenute a Princeton. Nel 1922 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica come riconoscimento per la scoperta dell'effetto fotoelettrico. Nel 1933, all'avvento del nazismo, Einstein, che era di origine ebraica, emigrò negli Stati Uniti, dove proseguì le sue ricerche nell'Institute for Advanced Studies di Princeton, intravedendo la possibilità di realizzare la fissione nucleare. Rendendosi conto che questa scoperta avrebbe potuto avere importanti applicazioni militari, ne diede notizia al presidente Roosevelt in una lettera del 1939, con la quale lo mise in guardia contro la possibilità che la Germania potesse costruire una bomba potentissima. Tale bomba, cioè la 'bomba atomica', fu realizzata negli Usa nel 1945, ma Einstein fu sempre contrario al suo uso. Continuò inoltre ad occuparsi della teoria della relatività, tentandone una generalizzazione che risolvesse i problemi posti dalla fisica quantistica, la quale fu pubblicata nell'articolo Generalizzazione della teoria relativistica della gravitazione. Infine Einstein si dedicò a riflessioni filosofiche sulla scienza, scrivendo le raccolte Idee e opinioni e Dai miei ultimi anni. Morì a Princeton nel 1955.


La 'teoria ristretta o speciale' della relatività, formulata da Einstein nel 1905, nacque dall'esigenza di conciliare due scoperte apparentemente incompatibili fra loro, cioè il principio della relatività del movimento, già scoperto da Galilei, secondo il quale le leggi che regolano i mutamenti interni ai sistemi fisici sono indipendenti dallo stato di quiete o di moto in cui si trovano tali sistemi (si ricordi il celebre esperimento immaginato da Galilei in relazione a ciò che accade all'interno di una nave), ed il carattere assoluto della velocità della luce, la quale si proa nel vuoto a velocità costante (c), indipendentemente dal fatto di essere emessa da un corpo in quiete o da un corpo in moto. Einstein comprese che queste due scoperte, le quali sembrano inconciliabili perchè affermano rispettivamente il carattere relativo ed il carattere assoluto del movimento, possono essere conciliate fra loro solo se si ammette che lo spazio ed il tempo, in due sistemi di cui l'uno si muova uniformemente rispetto all'altro, non abbiano gli stessi valori, ma abbiano valori dipendenti dallo stato del sistema a cui si riferiscono. Ciò significa che i valori dello spazio e del tempo cambiano quando si passa da un sistema di riferimento ad un altro, per cui non si può parlare di contemporaneità fra due avvenimenti che si verificano in sistemi diversi, di cui l'uno sia in movimento rispetto all'altro. Ad esempio, due eventi luminosi che ad un osservatore rispetto ad essi equidistante appaiono contemporanei, qualora siano considerati da un osservatore in movimento verso l'uno o verso l'altro di essi, appariranno l'uno successivo all'altro. Questa teoria comportava conseguenze enormi nella rappresentazione dell'universo, quali l'eliminazione della necessità di ammettere l'etere come sostrato della luce, il ritardo degli orologi in moto rispetto a quelli in quiete (fatto empiricamente verificato) e soprattutto la 'relativizzazione della massa', cioè il fatto che la massa, anziché essere una proprietà costante dei corpi, varia in dipendenza della velocità con cui i corpi si muovono. Einstein espresse questa dipendenza nella celebre equazione che pone l'energia (E) uguale alla massa (m) moltiplicata per il quadrato della velocità della luce (c).


Nella 'teoria generale' della relatività, formulata nel 1916, Einstein estese l'affermazione della relatività del tempo e dello spazio, già effettuata a proposito di due sistemi in movimento l'uno rispetto all'altro, a tutti i sistemi di riferimento possibili, dichiarando che le leggi della natura restano sempre le stesse, qualunque sia il sistema di riferimento che si assume, e cioè si riferiscono a valori che variano tutti insieme a seconda del sistema a cui si fa riferimento, mantenendo inalterati i rapporti reciproci. In tal modo non solo il tempo e lo spazio, ma tutte le grandezze naturali (movimento, massa, energia, etc.), hanno valori relativi al sistema di riferimento che si considera, e non esiste un sistema privilegiato rispetto a tutti gli altri. Anche questa teoria era gravida di conseguenze di carattere generale, quali l'idea che lo spazio ed il tempo possono essere unificati in una unica grandezza a quattro dimensioni chiamata 'crono-topo', costituita dalle relazioni esistenti fra i corpi; che l'universo nel suo complesso è di dimensioni finite, anche se non ha limiti; che infine la geometria più adatta a descriverlo non è quella di Euclide, basata su uno spazio infinito ed uniforme, ma quella di Riemann, basata su uno spazio 'curvo', i cui piani siano superfici sferiche. L'intera meccanica newtoniana veniva in tal modo, come si vede, rivoluzionata, poiché si riduceva ad essere un caso particolare, valido per un singolo sistema, della teoria generale della relatività. Einstein portò importanti contributi anche ad altre teorie fisiche, quali la teoria quantistica, con la scoperta dell'effetto fotoelettrico, ed elaborò riflessioni di carattere filosofico sulla fisica, negando che la fisica quantistica possa portare ad una concezione indeterministica dell'universo. E' celebre, a questo proposito, la sua frase secondo cui 'Dio non gioca a dadi', la quale rivela una concezione teistica della realtà, anche se Einstein non ebbe un'idea precisa della trascendenza divina, ma fu piuttosto propenso a pensare Dio come una specie di natura immanente a tutte le cose.


Postulati ed equazioni di trasformazione di Lorentz

Un primo approccio alla teoria della relatività ristretta teorizzata da Albert Einstein implica trascendere dagli oramai classici e appurati principi della fisica classica per approdare in una concezione innovativa dei fenomeni, in un ambito di militanza che di seguito verrà definito. Einstein come pilastri della sua teoria formulò due postulati:

  1. Estese il principio di invarianza formulato da Newton a tutte le leggi della fisica e non solo a quelle della meccanica, incluse in particolare quelle dell' elettromagnetismo: le leggi della fisica sono estese a tutti i sistemi di riferimento inerziali. Non esiste un sistema di riferimento privilegiato.
  2. Opponendosi al concetto di etere e scalzando il dilemma sorto circa il sistema di riferiemnto considerato in funzione del quale misurare la velocità della radiazione elettromagnetica, Einstein affermò che: la velocità della luce é la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

L'equazioni della fisica classica non possono essere valide in tutti i casi: quando le velocità in cui si opera tendono a c , occorre utilizzare le equazioni di trasformazioni di Lorentz:

X'=(x-vt)/sqrt(1-(v/c)²) Y'= Y

T'=(t-(v/c²)x)/sqrt(1-(v/c)²) Z'=Z




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