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DIRITTO COMMERCIALE

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DIRITTO COMMERCIALE



Abbiamo visto la possibilità di escludere o limitare pattiziamente, ove è possibile, una responsabilità che per sua natura nasce illimitata.

Ora dobbiamo vedere in che rapporti sono

La responsabilità del patrimonio sociale con quella del socio illimitatamente responsabile nei vari tipi di società

L'autonomia patrimoniale è stata divisa in:

Localizzazione



Insensibilità del patrimonio sociale alle vicende individuali dei patrimoni dei singoli soci

Localizzazione è quell'aspetto dell'autonomia patrimoniale per cui dei debiti sociali risponde in via principale il patrimonio sociale e solo in via sussidiaria il patrimonio dei soci in proprio.

Vediamo com'è accentuata la localizzazione nei vari tipi di società di persone.

Nella s.s. e nella s.n.c. i creditori sociali si trovano davanti 2 patrimoni.

I soci illimitatamente responsabili sono responsabili in solido delle obbligazioni sociali.

La garanzia principale è sempre data dal patrimonio. Quindi hanno responsabilità illimitata in via sussidiaria, cioè sussidiaria a quella data dal patrimonio della società.

Vuol dire che c'è un beneficio di preventiva escussione del patrimonio della società. Questa regola è più o meno accentuata a seconda del tipo di società.

Quindi i creditori sociali devono prima cercare di soddisfarsi sul patrimonio sociale e poi sul patrimonio dei singoli soci.

Questo beneficio di escussione è totale nella s.n.c. Invece nella s.s. e nella s.n.c. irregolare questo beneficio è meno accentuato.

La società semplice è paragonata alla s.n.c. irregolare perché per le società irregolari il legislatore ha previsto un declassamento dell'autonomia patrimoniale. Quindi nei rapporti tra la società e i terzi si applicano le norme della s.s. Il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile.

Poi il singolo socio eccepisce in via di eccezione la preventiva escussione del patrimonio sociale. Ma in più deve indicare i beni sui quali i creditori possono agevolmente soddisfarsi (art.2268).

Quindi non è un vero e proprio beneficio di escussione. La prova che il socio di s.s. e di s.n.c. deve dare riguardo ai beni da escutere non è semplice. Non deve solo dimostrare che esistono dei beni, ma che sono facilmente sottoposti all'esecuzione forzata.

Dunque la localizzazione è meno accentuata, perché è vero che esiste la garanzia offerta dal patrimonio sociale e poi quella offerta dai soci. E' vero che c'è beneficio di escussione, ma non opera automaticamente. Il creditore si rivolge al socio. Il socio gli dice di rivolgersi ai beni della società perché su questi è più facile avere esecuzione forzata. Questa è una prova molto rigorosa che determina un'accentuazione minore della localizzazione.

Bisogna tenere conto che la s.s. e la s.n.c. irregolare non sono iscritti nel registro con valore di pubblicità legale. Quindi i terzi hanno poca possibilità di conoscere la reale consistenza del patrimonio sociale.

Nella s.n.c. regolare il beneficio di escussione spiega il suo massimo effetto perché opera automaticamente, non in via di eccezione. Ciò vuol dire che i creditori sociali non possono pretendere di rivolgersi al socio se prima non hanno escusso il patrimonio sociale. Questa è una regola automatica, cioè il socio non deve eccepire che ci sono dei beni su cui rifarsi.

Art.2304: i creditori sociali, con riferimento alla s.n.c. irregolare, non possono pretendere il amento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale.

Quindi l'escussione del patrimonio sociale si pone come atto precedente a quello volto ad aggredire il patrimonio dei singoli soci.

Dunque nella s.n.c. regolare è più accentuato l'aspetto dell'autonomia patrimoniale che si chiama localizzazione, poiché opera automaticamente. Il socio non deve dare la gravosa prova dell'indicazione de beni sui quali i creditori possono agevolmente soddisfarsi.

C'è un declassamento dell'autonomia patrimoniale perché la legge dice che se la s.n.c. è irregolare (il fenomeno è circoscritto alle società di persone commerciali soggette ad iscrizione ma non iscritte) i rapporti tra la società e i terzi sono regolati dalle norme della s.s. C'è minore localizzazione.

Cosa vuol dire che la responsabilità dei soci è illimitata e solidale? Posto che il creditore agisca, a chi si rivolge? Si applica il meccanismo delle obbligazioni solidali.

Es. se creditore deve ricevere 100 da tre persone, vuol dire che queste tre persone hanno solidalmente un credito di 100 verso il creditore. Il creditore non va a chiedere a ognuno proprietà quota fino ad arrivare a 100. Egli ha diritto ad esigere l'intera prestazione da ciascuno dei condebitori in solido indifferentemente. Se i debitori sono A, B e C, il creditore può rivolgersi ad A e chiedere l'intero credito.

Supponiamo che un creditore sociale vanti un credito e che non ci siano beni idonei a soddisfarlo nel patrimonio sociale. Si rivolge direttamente ai soci perché il tentativo di escutere il patrimonio sociale non è riuscito, o perché il socio non ha indicato i beni sui quali il creditore poteva agevolmente soddisfarsi.

Cosa succede a questo credito di 100? Il creditore va da A e gli chiede di are 100. Il socio A deve are l'intero, e non può are solo la sua parte perché è in società con gli altri due soci. Dopodiché tra i soci all'interno c'è l'azione di regresso: chi ha ato 100 va dagli altri soci e chiede la loro parte. In che misura? La chiede in base alla partecipazione di ciascuno alle perdite.

Bisogna fare attenzione perché una cosa è la responsabilità verso i creditori sociali = fatto esterno e un'altra cosa è la partecipazione alle perdite sociali = fatto interno. Quindi all'esterno chi è chiamato a rispondere risponde per 100. All'interno non si chiama più responsabilità illimitata, si ha l'altra faccia della medaglia e cioè la partecipazione alle perdite.

Se la partecipazione alle perdite non è stabilita nel contratto, allora si intende quella stabilita dalla legge, cioè così some si partecipa agli utili, si partecipa alle perdite. Il tutto è proporzionato ai conferimenti effettuati, secondo questo meccanismo di presunzione. Ma potrebbe essere alterato da diverse disposizioni dell'atto costitutivo. Nulla vieta, nei limiti del patto leonino, ci siano soci che ano più di altri perché l'hanno scelto loro.

Tutta la dottrina dice che in realtà, visto che in primis è responsabile il patrimonio della società, ci sarebbe anche un'azione di regresso nei confronti della società.

Il creditore che vanta 100 è ato dal socio A. Questi, prima di esercitare azione di regresso contro gli altri soci, dovrebbe andare dalla società a rivalersi perché il debito è prima di tutto suo. Questo è un discorso solo formale, perché se la società avesse avuto i soldi avrebbe ato subito. E' un discorso che si fa per spiegare che in teoria il primo a rispondere è il patrimonio sociale.

Nella realtà, quando si crede di non ottenere nulla dal patrimonio della società i creditori sociali si tutelano in un altro modo. Spesso richiedono ai soci illimitatamente responsabili delle garanzie, quali avalli o fideiussioni. Questo perché le lungaggini di un procedimento esecutivo nei confronti del patrimonio sociale fanno tardare la soddisfazione dei crediti.

Sono richiesti per soddisfarsi più agevolmente sul patrimonio dei soci. Con una garanzia personale è più facile ottenere soddisfazione. Sono le banche che di solito concedono credito alla società solo se i soci, oltre a dare questa garanzia che c'è per legge della loro responsabilità illimitata, prestano anche garanzia personale.

L'interesse del creditore esiste perché è molto più facile ottenere soddisfazione quando c'è avallo o garanzia.

I soci di una società di persone che non hanno gestito, potrebbero limitare con un patto la loro responsabilità. Quindi potrebbe accadere che nella società semplice ci si trovi davanti soci con responsabilità limitata. Il problema è portare a conoscenza dei terzi questo fatto.

Nella s.n.c. regolare non è ammesso un patto di limitazione della responsabilità che valga nei confronti dei terzi. Un patto è ammissibile ma solo a livello interno. Al terzo non importa nulla che vi sia questo patto perché sa che in una s.n.c. regolare si trova comunque di fronte a soci illimitatamente responsabili per legge. Però può essere utile un patto interno perché chi a nei confronti dei creditori, avrà comunque rivalsa, se aveva limitato all'interno la propria responsabilità sotto il profilo della divisione e delle azioni di rivalsa.

Indipendentemente da questo, nella s.n.c. irregolare nei rapporti con i terzi segue le norme della s.s. Che ne è di questa regola, che riguarda i rapporti con i terzi, per cui i soci possono limitare la loro responsabilità? Questa regola, se tutta la normativa in rapporto con i terzi fosse applicabile alla s.n.c. irregolare, in realtà la s.n.c. regolare sarebbe svantaggiata.

L'art.2297 quando detta le norme in tema di s.n.c. irregolare dice che fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese, i rapporti tra la società e i terzi, ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci, sono regolate dalle disposizioni della s.s. Cioè il legislatore ai soci di una s.n.c. irregolare, per i rapporti con i terzi, applica le norme meno favorevoli della s.s., ma non applica la possibilità di limitare la responsabilità. Infatti, la legge specifica " . ferma restando la responsabilità illimitata e solidale . "; per tutto ciò che concerne si applicano le regole della s.s. per i rapporti con i terzi. Per i rapporti interni continuano ad applicarsi le regole della s.n.c.

Per le società di persone commerciali soggette ad iscrizione, ma che possono vivere anche se non iscritte, si applica la regola della società irregolari. Quali sono? La legge prende atto che la società non è iscritta e, come una sorta di punizione, ne declassa l'autonomia patrimoniale. Sotto il profilo della localizzazione, cioè riguardo al fatto che in prima battuta risponde il patrimonio sociale e in seconda battuta risponde il socio in proprio, applica alla s.n.c. irregolare le norme meno favorevoli della s.s. solo nei confronti dei terzi. Tuttavia non applica quella parte della disciplina della s.s., che sarebbe un premio ingiusto, cioè il fatto che i soci possano limitare la responsabilità. Anche perché la s.n.c. irregolare non è iscritta e quindi il terzo che contratta con la società pensa di avere di fronte soci illimitatamente responsabili.

Vediamo il secondo aspetto dell'autonomia patrimoniale:

Insensibilità del patrimonio sociale alle vicende individuali dei patrimoni dei singoli soci

Vediamo l'insensibilità del patrimonio sociale alle obbligazioni personali dei soci. Vediamo come agiscono i creditori personali del socio.

Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni contratte dai singoli soci, cioè personali, ed è in linea di principio intangibile da parte dei creditori personali.

Il creditore personale del socio né nella s.s. né nella s.n.c. può aggredire direttamente il patrimonio sociale per soddisfarsi.

Inoltre, se il creditore personale è anche debitore della società, non può compensare il debito con il credito, altrimenti sarebbe un modo per rivalersi sul patrimonio della società, che invece non può toccare.

In linea generale, sia nella s.s sia nella s.n.c., il creditore personale

può far valere i suoi diritti sugli utili che spettano al socio e che è suo debitore.

può compiere atti conservativi sulla quota del socio: se alla fine della società c'è un regime attivo, al socio spetta la sua quota di liquidazione. Quindi potrebbe attuare un sequestro conservativo sulla quota

Nella s.s. e nella s.n.c. irregolare, il creditore ha un potere in più: il creditore può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore. Però deve provare che gli altri beni del debitore sono insufficienti al fine della soddisfazione dei propri crediti. Non può chiedere la liquidazione della quota nella s.n.c regolare.

Una volta che il creditore particolare del socio ha ottenuto la liquidazione della quota,

questa opera come causa di esclusione di diritto del socio la cui quota è stata escussa. Lo

dice l'art.2288: nella società semplice il creditore particolare può chiedere la liquidazione

della quota del suo debitore. Se fa questo, il socio è escluso di diritto dalla società.

In genere, l'esclusione è sempre una facoltà degli altri soci che possono decidere, anche in presenza di cause che legittimerebbero ad escludere il socio, di tenersi il socio.

L'altro caso di esclusione di diritto è il fallimento del socio.

L'esclusione di diritto è un'eccezione rispetto all'esclusione facoltativa che è una regola.

Quando il creditore chiede la liquidazione della quota, la società deve versargli una somma di denaro che corrisponde al valore della quota al momento della sua domanda. La quota verrà liquidata entro 3 mesi. Il creditore può ottenerla a meno che i soci non decidano di sciogliere la società. Tale decisione prevale sulla richiesta del creditore personale volta a chiedere la liquidazione della quota. Deve aspettare lo scioglimento e poi gli sarà dato quanto dovuto.

Nella s.n.c. regolare, invece, c'è una disciplina che accentua di nuovo l'autonomia patrimoniale della società perché il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota, anche se prova che gli altri beni non sono idonei a soddisfarlo.

Tutto ciò presuppone però che si faccia riferimento alla scadenza della società, prevista nell'atto costitutivo. Ma potrebbe accadere che i soci, alla scadenza dell'attività, vogliano continuare l'attività sociale. ci può essere una proroga espressa o tacita (cioè senza decidere alcunché, continuano, di fatto, a gestire la società; la proroga tacita è ammessa solo per le società di persone).

Se la società fosse prorogata espressamente, con una specifica decisione, questo non può andare a pregiudizio dei creditori, i quali non ottengono più la soddisfazione dei loro crediti.

La legge all'art.2307 dice che se la proroga è espressa, i creditori possono opporsi a questa proroga. Questo se i creditori dimostrano di avere un pregiudizio dalla continuità dell'attività sociale. Se l'opposizione è accolta, il creditore ha diritto a vedersi liquidare la quota anche nella s.n.c. regolare.

Se la proroga è tacita, il creditore personale può chiedere la liquidazione della quota in ogni momento, dimostrando semplicemente l'insufficienza degli altri beni a garantirlo.

Quindi la regola per cui il creditore personale non può chiedere liquidazione della quota, subisce un'eccezione nel caso di proroga della società. I procedimenti sono diversi a seconda che la proroga sia espressa o tacita.

Amministrazione

Lo spazio dedicato all'autonomia privata è molto ampio nelle società di persone, dove accanto ad una disciplina legale vi è la possibilità di derogare queste norme con delle disposizioni specifiche. Quindi abbiamo insieme modello legale e modello statutario.

Si può sfruttare al massimo l'autonomia delle parti con delle regole dettate da tale autonomia, oppure non si può diritto nulla e la legge ci dice come vanno le cose.

Ci sono 2 regole fondamentali per ciò che riguarda i modelli di organizzazione stabiliti dal legislatore:

ogni socio illimitatamente responsabile è per legge investito del potere di amministrazione e di rappresentanza della società

per modificare il contratto sociale è necessario il consenso di tutti i soci, salvo diversa pattuizione

Sono gli art.2252-2257-2266.

Art.2252: per modificare il contratto vale l'unanimità dei consensi, salvo patto contrario.

Art.2257: ogni socio può da solo amministrare la società.

Art.2266:chi amministra ha di regola anche la rappresentanza, ove non previsto diversamente.

Vediamo qual è il modello legale dell'amministrazione.

Art.2257: modello legale = se i soci non dicono nulla in merito si applica l'amministrazione disgiuntiva che è il modello tipico legale di amministrare una società di persone. Per attuare un altro modello bisogna dirlo espressamente.

Amministrazione disgiuntiva vuol dire che ciascun socio amministratore porti con sé un potere di gestione e uno di rappresentanza. Ma le parti possono prevedere regole diverse.

La funziona gestoria è legata al fatto di essere soci illimitatamente responsabili.

Non è detto che per statuto si elegga un amministratore unico; oppure che ad esempio su 5 soci, 3 amministrino e 2 no.

Quindi la regola socio-amministratore non è una regola costante perché dipende da cosa hanno deciso i soci.

Di fatto possono esserci soci amministratori e soci non amministratori. Chi amministra ha anche il potere di spendere il nome della società.

La norma dice che se c'è amministrazione disgiuntiva ogni socio amministratore può compiere un atto che rientra nell'oggetto sociale può compiere qualsivoglia atto idoneo a quel fine, senza chiedere né informare gli altri soci amministratori.

Es. ci sono i soci A-B-C-D-E. tra questi A-B-C amministrano mentre gli altri 2 sono solo soci.

Tutti e 5 hanno responsabilità illimitata. Ma C-D possono limitare la loro responsabilità in quanto non amministrano. Questo patto non vale per gli amministratori che rispondono sempre illimitatamente.

Il socio A vuole comprare un quantitativo di merce per l'attività d'impresa. Ma il socio B riesce preventivamente a sapere che A sta per compiere questo atto e fa opposizione. Non è facile perché agire disgiuntamente significa che A non fa conoscere agli altri soci cosa sta per fare.

E' consentito agli altri soci amministratori proporre opposizione tempestivamente, prima che l'atto sia compiuto. Solo uno dei soci amministratori B o C può opporsi a quello che sta facendo A. Il socio B può opporsi perché è venuto a sapere che A sta compiendo un atto che potrebbe anche depauperare il patrimonio della società. Questo meccanismo non è semplice perché la legge dice che l'opposizione deve essere tempestiva. Ma per essere tale il socio B venga a sapere quello che A sta facendo. Ma se A non glielo dice perché la legge gli consente di agire all'insaputa degli alti soci, è molto difficile che B venga a saperlo.

Quando si fa opposizione la società è bloccata perché A stava per compiere un atto che B ha bloccato. A questo punto è necessaria una decisione sull'opposizione, cioè chi è chiamato a decidere non decide se A deve o no comprare la merce, ma deve decidere se l'opposizione è fondata o no.

Quali regole detta il legislatore sulle decisioni delle società di persone?

Decidono tutti i soci, cioè ognuno può esprimere la sua volontà, ma la decisione vincola la società quando è adottata a maggioranza in relazione alla quota di partecipazione agli utili.

Art.2257: l'opposizione proposta da un altro socio amministratore, compete a soci amministratori e non. Come decidono?

Tutti devono essere interpellati, ma basta la maggioranza calcolata secondo la partecipazione agli utili.

Il legislatore nelle società di persone non chiarisce sempre come debbano essere adottate le decisioni. Regola che le modifiche del contratto sociale devono essere adottate all'unanimità, ove non previsto diversamente.

Altra decisione regolata è sul come si vota. Nel caso in cui un socio voglia compiere un atto ed un altro socio amministratore si opponga, chi decide? Tutti i soci amministratori o non. Ma il fatto che decidano tutti i soci, non vuol dire che si voti ad unanimità Tanto è vero che si vota a maggioranza. Anche i soci non amministratori esprimono la loro volontà. Dunque prevale la maggioranza secondo la quota di partecipazione agli utili.

Perché il legislatore ha usato come metro di riferimento della maggioranza la quota di partecipazione agli utili e non la quota di partecipazione al capitale? Per i soci d'opera perché la società semplice può essere formata solo da soci d'opera oppure potrebbero esserci soci d'opera e di capitale. Se le quote venissero conteggiate solo in base alla partecipazione al capitale, non voterebbero coloro che hanno conferito servizi.

La decisione è sull'opposizione perché anche se poi l'opposizione risultasse infondata, il socio A può ancora decidere se comprare o no la merce. Cioè la maggioranza calcolata secondo la partecipazione agli utili non obbliga A a comprare perché aveva ragione.

Si decide sull'opposizione e non sul compimento dell'atto, anche se le due cose possono coincidere. Questo è il metodo legale.

E se i soci optano per un altro tipo di amministrazione? La legge dice che ciò è possibile, tanto è vero che regola l'amministrazione congiuntiva. (art.2258)

Questo modello deve essere voluto dalle parti. Se nulla dicono, vuol dire che adottano l'amministrazione disgiuntiva. Se invece decidono per un modello diverso, la legge consente loro di farlo, ma devono specificarlo nel contratto.

Riprendiamo l'esempio di prima. Ci sono 5 soci. Si sceglie l'amministrazione congiuntiva cioè le decisioni su cosa fare vengono prese da tutti congiuntamente. Ognuno deve informare gli altri.

Con riferimento alla rappresentanza, se nulla è detto nel contratto ai soci amministratori disgiuntivamente compete disgiuntivamente anche la rappresentanza; mentre ai soci che amministrano congiuntivamente compete congiuntivamente anche la rappresentanza. Tutto ciò se nulla è detto.

Dunque se i 5 soci vogliono comprare una partita di merce, devono consultarsi tra loro. Dopodiché, se hanno anche la rappresentanza congiunta, se così è, devono firmare tutti e cinque.

Ove nulla è detto si presume che chi agisca in amministrazione congiuntiva abbia anche la firma congiunta.

La legge va oltre. Si può avere

R amministrazione congiuntiva con decisione all'unanimità

R o un'amministrazione congiuntiva con voto a maggioranza

Se si sceglie il voto a maggioranza, la si deve calcolare secondo la quota di partecipazione agli utili.

Es. in uno statuto potrebbe esserci scritto che per le decisioni più importanti si adotta la formula dell'amministrazione congiuntiva. L'unanimità per ogni atto di gestione viene a bloccare la vita della società: Si stabilisce allora che per gli

R atti di ordinaria amministrazione si prevede la maggioranza

R atti di straordinaria amministrazione si prevede l'unanimità

Questo è consentito dalla legge all'art.2258 2° comma: se è convenuto che per l'amministrazione o per determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza questa si calcola secondo la maggioranza per quote di partecipazione agli utili.

Quindi l'amministrazione congiuntiva è compatibile sia con una regola di maggioranza dei consensi sia con una regola di unanimità.

Dunque amministrazione congiuntiva non vuol dire sempre unanimità.

Se nulla è detto, nell'amministrazione congiuntiva la decisione è all'unanimità.

Questa è la regola. Ma la legge parla di soci amministratori, perché possono esserci soci che non amministrano.

Es. se su 5 soci, 2 non amministrano, e l'amministrazione è congiuntiva, il voto o unanime o a maggioranza è riferito ai 3 soci amministratori.

Il voto relativo all'amministrazione compete solo ai soci amministratori, che se nulla è detto si presumono tutti. Se, invece, è detto che l'amministrazione è conferita solo ad alcuni, allora il voto spetta a loro. Gli altri soci controllano.

Dunque gli artt.2557-2558 sono riferiti ai soci amministratori.

Ma si può fare lo statuto in modo ancora diverso:

R per alcuni atti prevedo l'amministrazione disgiunta, per snellire l'attività

R per altri atti prevedo l'amministrazione congiunta

Anche questo deve essere previsto, perché se nulla è detto si applica l'amministrazione disgiunta per tutti gli atti.

Gli artt.2557-2558 non implicano la scelta dell'uno o dell'altro modello; perché l'ampio spazio lasciato all'autonomia privata nelle società di persone rende compatibile un modello societario per cui si sceglie per determinati atti l'amministrazione disgiuntiva e per altri quella congiuntiva. Stessa regola si applica in tema di rappresentanza.

Per gli atti di ordinaria amministrazione si applica l'amministrazione disgiuntiva e tale è anche la rappresentanza. Mentre per gli atti di straordinaria amministrazione ci vuole la regola dell'amministrazione congiuntiva. Quindi questi 2 modelli. che il legislatore tiene distinti, possono mescolarsi tra loro.

Non solo. Nell'ambito di uno stesso modello, quello congiuntivo, è compatibile una regola di maggioranza e una regola di unanimità.

Inoltre, possono esserci regole diverse per la rappresentanza. Perciò bisogna distinguere tra gestire e rappresentare perché il potere di gestione attiene ad un fatto interno all'ambito della gestione. Il potere di gestione è nelle mani di chi ha il potere di decidere gli atti di amministrazione. Quando si dice che tutti gli amministratori possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, vuol dire che l'oggetto sociale segna un limite al potere degli amministratori e tutti possono decidere ad esempio se comprare o no una determinata merce.

Posto che questa decisione compete ai soci amministratori, compete in modo diverso a seconda che l'amministrazione sia disgiuntiva o congiuntiva. Ma questa è ancora la sfera interna della società.

Altra cosa è non il potere di decidere se comprare o no, ma il potere di spendere all'esterno il nome della società.

Il potere di decisione in merito agli atti di gestione si chiama potere di gestione.

Gestire significa avere il potere di decidere sul compimento di un singolo atto di gestione.

Non è il portare all'esterno una decisione che si è formata all'interno della società.

Il potere di gestione può essere disgiunto o congiunto.

Il potere di rappresentanza, ove nulla è detto, si presume identico a quello di gestione.

Es. il socio A va a comprare merce senza informare i soci B e C. Il socio A compra per la società e firma; questo impegna la società.

Quando l'amministrazione è congiunta, e così anche la rappresentanza, allora occorre la firma di tutti e tre i soci.

Ma le cose possono andare diversamente perché sia in caso di amministrazione disgiuntiva sia congiuntiva è sempre rimessa alla autonomia delle parti chi scegliere di fare rappresentante. Può esservi dissociazione tra chi decide il compimento dell'atto e chi lo porta all'esterno il nome della società.

Es. 5 soci hanno regime di amministrazione congiuntiva, cioè amministrano insieme. Ma stabiliscono che per il potere di rappresentanza bastano i soci D ed E. A questi si può dare firma disgiunta o congiunta. Possono fare quello che vogliono.

Se la legge presume, per facilitare le cose, che

R se nulla è detto l'amministrazione è disgiuntiva e la rappresentanza pure

R se si sceglie l'amministrazione congiunta, anche la rappresentanza lo è

ciò non significa che le cose non possano essere mescolate nel modo più vario.

Basta che sia specificato chi ha la firma sociale.

La cosa importante da sottolineare è che non sempre chi ha il potere di decidere ha anche il potere di portare le decisioni all'esterno.

C'è dissociazione tra i due poteri.

I rappresentanti non possono portare all'esterno una volontà diversa. Hanno solo potere di firma coerentemente con quello che è stato deciso.

Ci sono 3 soci A-B-C; il socio C non vuole avere potere di firma e lo lascia ai soci A e B congiuntamente tra loro. Vuol dire che nel momento in cui A e B decidono di comprare della merce, devono interpellare C. Devono andare a vedere nel contratto se, per deliberare, basti la volontà della maggioranza o la volontà di tutti. Se basta la maggioranza C è esonerato anche dalla decisione.

Per sapere chi spende il nome della società, la si deve presumere se nulla è detto e l'amministrazione è disgiuntiva.

Se le parti hanno scelto l'amministrazione congiuntiva, ma le parti non dicono nulla in tema di rappresentanza, questa si modella su quella disgiunta.

Non bisogna confondere

R potere di amministrare congiuntamente o disgiuntamente la società

R potere di firma

Anche la firma può essere congiunta o disgiunta, ma non ha nulla a che fare con la disgiunzione o congiunzione del potere amministrativo.

Sono 2 aspetti diversi. Trovano rapporto solo nell'agire per presunzione.

Può esserci però dissociazione tra i soggetti che sono solo soci amministratori e i soci che portano all'esterno la volontà dei soci amministratori, che sono sempre soci amministrazione ma quelli muniti del potere di firma, che possono non essere tutti.

Si dice che la ura più simile a quella dell'amministratore sia quella del mandatario. La legge richiama spesso delle norme in tema di mandato.

Il mandato è la ura più vicina ma non si può identificare l'amministratore con il mandatario perché il mandatario compie uno o più atti giuridici per conto e, se ha la rappresentanza, in nome del mandante. Invece l'amministratore compie un'attività cioè un insieme di atti coordinati e anche lui, se ha la rappresentanza, li compirà in nome e per conto della società.

Può essere conferita amministrazione a terzi? E' ammissibile nelle società di capitali, ma non in quelle di persone.

Nella s.s. la legge dice che i soci possono limitare la loro responsabilità se portano a conoscenza i terzi di questo fatto con mezzi idonei. Nella s.s. possono esserci dei soci che rispondono illimitatamente, purché non siano quelli che amministrano.

Se si conferisce il potere d'amministrazione a un terzo e ci fosse un atto di limitazione per gli altri, allora si avrebbero tutti soci che rispondo limitatamente, che è proprio quello che il legislatore vuole evitare.

L'amministratore che dovrebbe rispondere illimitatamente, non risponde illimitatamente perché è un estraneo e i soci, che non sono amministratori, possono godere del beneficio di limitare pattiziamente nei confronti dei terzi la loro responsabilità. Quindi si avrebbero tutti soci a responsabilità limitata.

Quindi l'art.2267 che dice che il patto di limitazione della responsabilità non può essere assunto da chi gestisce, serve al contrario a spiegare come l'amministrazione non possa essere conferito ad un estraneo, che non risponde perché non è socio.







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