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LA GUERRA

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LA GUERRA

I quaranta milioni di morti della seconda guerra mondiale non ci hanno insegnato assolutamente nulla. Il misterioso e atroce gioco dei potenti continua a svolgersi senza nessuna interruzione, usando la vita dell'uomo come mezzo per i suoi fini. L'orribile dramma che è alla base della guerra, qualunque siano le forze in campo, è costituito dall'uomo armato, disposto ad uccidere il proprio simile che indossi una divisa diversa dalla sua, in nome di un comando superiore, e rappresenta da sempre la più grave ingiustizia e la più terrificante stoltezza del genere umano. La guerra oggi si conura sempre più come schizofrenia politica. Infatti, se le potenze implicate in un conflitto armato sono dotate di una florida economia, di risorse industriali, monetarie, energetiche, e di una forza lavoro considerevole, la guerra si realizza, sebbene nella sua tragicità, attraverso il raffronto delle forze in campo. Tra due potenze economicamente simili la guerra porterà ad un logoramento degli eser -citi e ad una possibile soluzione pacifica del conflitto. Quando sono, invece, impegnate in una guerra popolazioni sull' orlo della fame cronica, dove l'industria bellica non esiste e la popolazione non ha di che nutrirsi la guerra confina con la follia eretta a sistema.

Malauguratamente la real - odierna è questa! Il desolato panorama delle popolazioni medio- orien -tali e africane è terrificante: esse sono continuamente straziate da guerre civili che ormai si conurano senza soluzioni di continuità. I paesi industrializzati, le grandi potenze, sfruttano questi popoli facendo loro balenare l'idea del progresso. In nome di questi valori, interi popoli tengono in piedi da anni una guerra di decimazione, fratricida, guidata dalle superpotenze che gestiscono gli interessi economici mondiali. Con la caduta del Muro di Berlino ogni equilibrio che si era costituito dopo la seconda guerra mondiale si è rotto, l'Unione Sovietica si è disgregata venendo a costituire la Comunità degli Stati indipendenti, che ormai non ricopre il ruolo primario dell'URSS, i paesi dell'est comunista hanno rovesciato i regimi divenendo "democratici" e lo scenario politico e geografico ha radicalmente cambiato faccia negli ultimi anni. Eppure, anche se sembra dominare un atteggia- mento di maggiore distensione e di pace, l'uomo non ha mai cessato di combattere. Dopo la guerra del Golfo Persico si è nuovamente combattuto in Bosnia, in Slovenia, in Dalmazia, in Somalia, in Libano, in Ruanda . .. l'incubo della guerra è sempre presente, anche a pochi passi da noi. La terribile serie di vicende che ha contrapposto i popoli ex iugoslavi ha messo in evidenza l'incapacità dei paesi Europei, che non hanno saputo o voluto affrontare il problema in modo valido e concreto, permettendo la morte di migliaia di persone e la distruzione di popolazioni intere. Se l'umanità non è mai riuscita ad imporre la lezione storica della guerra evidentemente il vero motivo è che non ha mai voluto. E' una constatazione drammatica, ma purtroppo la storia ci offre abbondanti prove che l'uomo non sa fare a meno della guerra: questo, infatti, è aggressivo ed egoista per natura. La guerra esiste perché è più affascinante della pace così come il male attrae più del bene. Quotidianamente siamo spettatori e protagonisti di diverse manifestazioni di questa aggressività, desiderio di sopraffazione su i propri simili. Quello che stiamo vivendo è un particolare momento storico, un momento di pace, ma è la pace della paura perché se un conflitto mondiale non si è verificato è perché questo sarebbe letale per tutti.




LA GUERRA II

Il termine "guerra" ha sempre fatto parte del vocabolario umano: mentre in passato esso era inteso come una pura reazione istintiva dell'uomo sull' altro uomo, come estremo atto di difesa della libertà, della patria, ecc., con l'andare dei secoli esso si è trasformato in un componente basilare della stessa storia umana. Soprattutto il nostro secolo è stato simbolo di questa spietata lotta tra gli individui per la realizzazione di determinati accordi di potere. Le innumerevoli guerre che hanno costellato il Novecento, ormai agli sgoccioli, hanno evidenziato nell'uomo tutti gli aspetti più perversi e deteriori e hanno mostrato, e mostrano, come egli abbia perso quel "raziocinio" che nel mondo animale gli aveva fatto occupare il primo posto nella scala gerarchica delle bestie. Non si può fare a meno, infatti, parlando di guerra di parlare di un ritorno agli istinti bestiali, primitivi che giorno dopo giorno prendono sempre più il sopravvento sulle buone maniere civili.

L'articolo 11 della Costituzione Italiana, emanata nel 1948, recita così: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Questa Carta Costituzionale è stata emanata da quello stesso uomo che ha praticato il male ma ha sentito anche il bisogno di darsi delle leggi che, regolando i rapporti tra simili, dovrebbero assicurarne una buona convivenza civile. Cos'è allora che non va? Sono il potere e l'interesse economico che rendono l'uomo una belva assetata di sangue: nel momento stesso in cui si rende conto che in questo modo può conseguire i suoi scopi perde ogni scrupolo e calpesta dignità e libertà altrui.

Se ci fermiamo a considerare tutta la storia dell'umanità possiamo notare come essa sia quasi un mosaico ininterrotto di guerre; non importa chi siano stati gli avversari o i territori contesi o le cause che le hanno scatenate, tutte hanno avuto la stessa conclusione: non ci sono stati né vinti né vincitori. Al di là dei congressi, delle spartizioni e delle occupazioni conseguenti ai periodi di pace tutti i popoli coinvolti ne hanno riportato gravi conseguenze: lutto causato dai morti, tra i consanguinei, tra gli amici, tra i vicini; distruzione nelle città, di abitazioni e di patrimonio architettonico, e carestia nelle camne; disoccupazione e riconversione delle industrie e dell' economia; reinserimento dei reduci tra la popolazione civile, etc. In seguito ai nuovi tipi di armi usate negli ultimi conflitti, poi, gravi conseguenze ricadono sulla salute anche delle generazioni future e sulla ricrescita del patrimonio ambientale distrutto. Albert Einstein affermava che di certo una quarta guerra mondiale, qualunque sarebbero le armi usate per la terza, si potrebbe combattere solo con la clava. In fondo se non è ancora scoppiata la terza guerra mondiale è solo perché si è certi che questa prevederebbe la totale estinzione del genere umano!

La crudeltà e l'efferatezza della guerra, tuttavia, permangono in diverse parti della terra perché numerosissimi sono attualmente i focolai di guerra, in Algeria, in Ruanda, nell'Europa dell' Est, nel Congo, ecc. Eppure pensiamo ad essa come a qualcosa di lontano, perché l'ultima generazione non ha vissuto l'orrore della guerra, se si eccettuano quei soldati che hanno fatto parte dei corpi di pace in Libano, in Somalia o in Jugoslavia, e sempre più labile diviene il ricordo degli orrori nazisti dell'ultima Grande Guerra, anche se un movimento d'opinione pubblica sempre più vasto sta cercando di evitare che i sei milioni di morti ebrei dei lager non vengano dimenticati, così come tutti quegli sconosciuti che avevano la sola colpa di non appartenere alla razza ariana. Uno degli ultimi giganti pacifisti del nostro millennio è Giovanni Paolo II che, sullo scorcio di questa fine secolo, sta muovendo importanti pedine sullo scacchiere della diplomazia mondiale compiendo continui viaggi apostolici in tutte le parti della terra, stringendo la mano ai tradizionali nemici della Chiesa e issando ovunque la bandiera gialla della pace.


CONFLITTI GENERAZIONALI

La voce del sangue e del cuore, fin dai tempi più remoti, ha creato uno strano rapporto tra padri e li: una relazione animata da affetti ed odi, da inquietudini e certezze, da pace e contrasti. Proprio questi ultimi hanno da sempre alimentato la tradizione sul conflitto generazionale. La differenza ideologica e culturale tra le nuove e le vecchie generazioni sembra scritta nel d.n.a. e quindi, da sempre divide la società. I genitori, o gli uomini della loro età, vivono una vita razionale, apatica, rassicurante: una pace quasi "borghese", che trova la sua essenza nella stasi e nella serenità giornaliera e che inorridisce al solo pensiero di un cambiamento o di una novità. Ai giovani, spiriti ribelli e bollenti, fiduciosi ed ingenui, appassionati e pretestuosamente "superiori", tutto ciò che appartiene al mondo dei "vecchi" appare come estraneo, opprimente, come un attentato alla loro spontaneità. Eppure i giovani di oggi sono molto più liberi dei giovani di qualche secolo fa, imprigionati dai ceppi sociali e culturali che voleva, non liberi soggetti pensanti, ma quasi "replicanti" dei loro stessi genitori! E guai a cercare di modificare questo stato di cose: si veniva severamente puniti (con una sana dose di bacchettate per i ragazzi e con il convento per le ragazza) e se ci si ostinava si diventava la "pecora nera" della famiglia; nella migliore delle ipotesi si era etichettati come "strani", nella peggiore si veniva cacciati di casa e diseredati!

Se la libertà d'espressione e di opinione nel passato era quasi del tutto impensabile nei ceti superiori uriamoci cosa poteva accadere in quelli inferiori: chi nasceva povero doveva lavorare come un mulo per aiutare la famiglia e non pensava assolutamente a "pretendere" assurdità come un' istruzione.

Se pensiamo, infine, che i li dovevano addirittura rivolgersi ai genitori dandogli del "lei" possiamo avere una vaga idea di come andassero diversamente le cose.

I genitori passano la gran parte della loro giornata a dare "buoni consigli" ai loro li, ad indirizzarli sulle strade giuste, a paragonarsi i "loro tempi" con quelli odierni, ritenuti del tutto "sbandati", ma quasi nulla rimane nelle menti dei giovani, forse per spirito di contraddizione o perché essi stessi vogliono farsi da soli le loro esperienze. Solo vivendo una vita di prima mano, infatti, ci si possono formare convinzioni personali sulla bontà o meno delle cose, accrescendo se stessi giorno dopo giorno. Certo bisognerebbe evitare di fare esperienze negative ma anche queste sono fondamentali per conoscere il male ed il dolore e per cercare di evitarli in futuro.

I contrasti con i genitori sono e saranno sempre inevitabili: si appartiene a generazioni diverse; prima si viveva solo in funzione degli altri, della gente, oggi si vive solo in funzione di noi stessi e l'apparenza è passata in secondo piano. Ognuno di noi è adesso, certamente dopo lunghe lotte, più libero di seguire le proprie inclinazioni, di dare sfogo alle proprie capacità, perché lo scopo primario della vita è finalmente diventato la piena realizzazione personale e le uniche barriere che si possono presentare su questa strada non sono più le regole sociali e culturali ma gli impedimenti economici e materiali.

Spesso "realizzarsi" e "voler essere" per i genitori sono sinonimi di "fallimento": ciò provoca discussioni ed incomprensioni; l'unica soluzione sta nel lottare con caparbietà, sacrificio e volontà, per mostrare a tutti gli scettici che è possibile realizzare quanto desiderato.

Quasi sempre la saggezza derivante dagli anni e dalle esperienze, divenuta sinonimo di "apatia", si scontra con la spontaneità dei giovani, mista ad innocenza e voglia di vivere, ma a questo punto non saprei quale dei due atteggiamenti giudicare positivo poiché ad ogni età corrisponde un determinato stato d'animo ed ogni visione della vita è frutto di determinati stimoli ed interazioni con la realtà. Sono, tuttavia, convinto che il padre saggio ed il lio giovane discutono e litigano dando, comunque, vita ad uno dei sentimenti più grandi dell'universo: l' amore vivo e profondo che lega i li al cuore dei genitori con un filo indissolubile che dura tutta la vita e che si rinnova di generazione in generazione.


CITTADINANZA EUROPEA.

Essere cittadino europeo, oggi, non comporta necessariamente perdere la propria identità nazionale, anzi, significa essere un cittadino più "forte" rispetto a ieri. Significa non solo, infatti, vedere i propri diritti costituzionali rafforzati ed estesi a tutti i paesi "civili", ma anche avere più diritti di prima: ai diritti che oggi l'Italia riconosce ai propri cittadini si aggiungeranno anche quelli riconosciuti dalla Corte di Giustizia Europea, tribunale al quale ci si può appellare qualora la giustizia italiana sembri non difenderci quanto noi vorremmo. Essere cittadino europeo significa non soltanto poter votare per eleggere i propri rappresentanti, ed essere votati per divenirlo, in ogni stato dell'Unione si risieda, ma anche poter essere assistito, nei paesi extracomunitari, in qualunque ambasciata europea, anche non italiana. Questo comporta una maggiore tutela della propria persona fisica e giuridica in quei paesi a "rischio" in cui è necessaria una presenza rappresentativa "forte", che sappia e possa far rispettare i diritti dei propri cittadini. Questo significa trovarsi alla pari con i cittadini statunitensi, ad esempio, che hanno ambasciate "rispettate" anche nei paesi dell'Asia, dell'Africa e del Sud America, "costituzionalmente" poco stabili sul piano del rispetto dei diritti umani.

Dall'attuazione della convenzione di Scenghen, poi, si può circolare liberamente tra i paesi aderenti per i motivi più disparati, senza bisogno di visti di soggiorno o altro. Si può studiare, lavorare o abitare dove si vuole, acquistare o vendere merci, aprire attività commerciali o finanziarie, insomma "vivere" su un territorio più vasto di quello attuale. Questo comporta, come è ovvio, confrontarsi con esperienze e culture diverse, anche giuridiche: i diritti civili e commerciali dei paesi europei, infatti, non sono sempre uguali tra loro, come gli usi e i costumi, del resto. Negli scambi e nei contratti, specie tra le imprese, vi è una costante produzione di nuovi diritti e doveri, curati dai giudici europei e nazionali, nell'ottica della supremazia del diritto comunitario su quello nazionale.

E' chiaro, però, che uno Stato più vasto comporta anche un aumento dei problemi, causato non solo dal fondersi di identità nazionali spesso assai diverse e storicamente in "conflitto" tra loro, ma anche dalla necessità di una politica comunitaria valida e riconosciuta da tutti gli Stati membri. I problemi relativi all'economia, all'occupazione, all'immigrazione, all'informazione, alla sicurezza, alla tutela delle famiglie, infatti, richiedono la creazione di soluzioni comuni, pensate da tutti i paesi comunitari e nel rispetto di tutte le loro esigenze.

Pensiamo, infatti, al malaugurato caso di un incidente nucleare in Francia: i disastrosi effetti prodottisi si trasmetterebbero via aria ed acqua anche sul nostro territorio dove, grazie ad un referendum, il nucleare è stato abolito mentre la Francia, nostra confinante, non soltanto non lo ha abolito, ma continua ad incrementare le ricerche e ad attivare centrali nucleari sul suo territorio. Comprendiamo così, dunque, come sia necessario prendere una decisione univoca che consenta a tutti di non subire le conseguenze di decisioni e politiche "pericolose" non condivise. La tutela dei diritti familiari, poi, è di scottante interesse per tutti coloro che hanno sposato o sposeranno cittadini di nazioni diverse tra loro, eventualità sempre più probabile in futuro: in caso di separazione o divorzio i problemi relativi all'affidamento dei li, alla divisione dei beni, al mantenimento del coniuge più debole economicamente sono attualmente risolti in modo assai diverso da un paese all'altro. Pensiamo anche al pericolo del terrorismo internazionale, specie quello islamico, che potrebbe indirizzarsi anche sui paesi non direttamente "interessati" dalla loro azione, colpevoli soltanto di essere "amici" del loro presunto nemico; pensiamo al pericolo sempre in agguato dei "razzismi" e dei "campanilismi" che spingono gli uomini all'odio verso il prossimo, colpevole di non parlare la stessa lingua o professare la stessa religione. Ciò che è accaduto nell'ex Jugoslavia ne è una dimostrazione.

Forse quest'ultimo problema è quello di più difficile risoluzione dato che all'interno dei singoli stati membri non c'è quasi mai una stretta connessione tra le regioni o i distretti che li compongono, come in Sna, come in Italia, come in Francia.

Lungi dall'essere in via di risoluzione queste difficoltà sono, anzi, in via di complicazione dato che si parla di allargare l'Unione agli Stati dell'Est europeo. Non si potrà tenerli fuori a lungo, per svariati motivi, non ultimo quello economico. Far entrare nell'Unione paesi ricchi di risorse non ancora sfruttate e con economie deboli, infatti, consentirebbe a tutti, apparentemente, benefici e vantaggi sostanziali.

In sostanza, dunque, essere "cittadino europeo" è un bene, ma grandi saranno le difficoltà da superare per esserlo veramente, per riconoscerci sotto una stessa bandiera, quella con un cerchio di stelle su campo azzurro.


INTERNET E COMUNICAZIONI.

Da quando l'uomo ha iniziato a pensare e a vivere in "società", per quanto primitive, comunicare è sempre stato per lui di primaria importanza. Certo all'inizio gli sarà stato utile poter far capire agli altri quali erano i limiti del suo territorio, o che aveva bisogno di aiuto per cacciare o di una comna, ma poi, con la formazione delle tribù o dei clan sarà stato necessario comunicare concetti ben più complessi. Si può dire, infatti, che l'uomo si distingua dagli altri animali proprio per la capacità di comunicare ai suoi simili concetti complessi attraverso un linguaggio in continua evoluzione.

Quando i territori occupati dagli uomini si estesero ci fu, quindi, bisogno di mezzi di comunicazione "a distanza", come i tamburi o i segnali di fumo, tanto cari agli indiani; questi subirono numerose evoluzioni, di pari passo con il progresso. Anzi, si può affermare che i mezzi di comunicazione siano gli indizi più evidenti del progresso di una civiltà. Con lo svilupparsi dei traffici commerciali fu necessario ideare sistemi di segnalazione per le navi e per gli stranieri, segnali chiari e comprensibili a tutti, come il codice Morse, che ha salvato molte vite in mare, in terra e in cielo, specie nei primi cinquanta anni di questo secolo. Dall' invenzione del telegrafo a quella del telefono il passo è stato breve: allora veramente gli uomini credettero di aver abbattuto ogni possibile divisione tra di loro, potendo comunicare in tempi brevissimi da un capo all'altro del mondo civile. Da allora le telecomunicazioni hanno subito uno sviluppo incredibile che non si arresta ancora. Per non parlare poi dei computers, che dagli anni Cinquanta in poi hanno cambiato l'immagine della nostra società ed il concetto stesso di comunicazione a distanza.

Quando l'informatica e le telecomunicazioni si sono collegati, dando origine alla telematica, è iniziata la rivoluzione nella diffusione delle informazioni. La telematica, infatti, consente ad ogni utente di personal computer di accedere a banche dati esterne e ai sistemi di elaborazione di tutto il mondo.

L'ultima evoluzione del concetto di comunicazione è avvenuta intorno agli anni Sessanta: si tratta di Internet. Nata per scopi bellici, è stata ben presto utilizzata dagli accademici per scambiarsi informazioni e saperi di ogni genere da un capo all'altro del mondo, rimanendo, tuttavia, quasi in sordina, appannaggio di pochi privilegiati.

Sul finire degli anni Ottanta essa ha cominciato a diffondersi in tutto il mondo grazie alla creazione della "ragnatela" informatica, con la quale tutti i computers potevano collegarsi tra di loro, creando una immensa banca dati a cui tutti gli utenti potevano accedere. In questi ultimi dieci anni "navigare" in rete è diventato di moda, grazie ai sistemi di accesso immediato messi a punto dai ricercatori: oggi Internet è "il grande fratello" dell' informazione, un regno nel quale si può accedere a riviste e giornali elettronici, a ine di cultura, di intrattenimento, a siti specializzati negli argomenti più disparati. Attraverso i servizi di vendita a distanza, inoltre, si può acquistare qualsiasi oggetto (anche le armi da guerra) come si fa ancora adesso con gli antiquati cataloghi di vendita per corrispondenza. Internet ha veramente abbattuto le barriere economiche, fisiche e culturali che dividono i paesi del mondo (quelli, ovviamente, dove arriva la corrente elettrica e dove vi siano cavi del telefono) e sembra lo strumento più efficace per realizzare il "villaggio globale", in cui tutti sanno tutto di tutti.

Ovviamente, però, come tutte le medaglie anche Internet ha il suo risvolto negativo: in primo luogo come garantire la sicurezza delle informazioni contenute? Come impedire che qualche virus informatico si diffonda in rete "infettando" tutte le memorie dei "servers" collegati? E come impedire la diffusione di materiale "eticamente" dannoso per alcune fasce di utenze?

Come tutti sappiamo, infatti, un gran numero di "navigatori" è formato da adolescenti e bambini, ormai espertissimi nell'utilizzo dei computers. Ebbene, Internet è costellata di ine "pericolose" in cui si diffondono immagini e messaggi che sarebbe bene che questo tipo di utenti non vedesse: sto parlando dei siti specializzati in materiale pornografico, spesso di tipo pedofilo; di siti in cui si incita alla superiorità razziale, alla violenza, al satanismo, alle esperienze "pericolose". Spesso, giovani utenti accedono a queste ine involontariamente, restandone, inevitabilmente, "segnati" nella psiche, visto che le immagini si imprimono, spesso indelebilmente, nelle menti degli adolescenti, naturalmente soggetti alle influenze esterne. Come per ogni strumento del progresso anche per Internet l'uomo deve rimanere soggetto, protagonista e, in quanto essere pensante e razionale, può e deve avere la capacità di gestire Internet senza lasciarsene condizionare o "distruggere" nella sua individualità.


INFORMATICA : PREGI E DIFETTI.

Da circa trent'anni si è avviata una nuova fase del progresso umano, "la rivoluzione informatica". In brevissimo tempo i computers hanno avuto una enorme diffusione, specialmente da quando i grandi calcolatori, che occupavano almeno una stanza soltanto per contenere la memoria, sono stati sostituiti dai personal computers, dotati di software semplici da usare e di grande utilità per milioni di persone. La tecnologia informatica è in continua evoluzione e annualmente vengono "sfornati" centinaia di programmi e sempre nuovi sistemi accessori: pensiamo ai modem, con i quali possiamo collegarci via telefono con un qualsiasi computers, ovunque nel mondo; pensiamo ai lettori CD, sempre più sofisticati ed anch'essi ormai quasi superati; pensiamo, infine, ai programmi che ci consentono di "parlare" con i nostri computers usando la viva voce. Anche i bambini, sempre più spesso, usano questo strumento, ormai divenuto un qualsiasi "elettrodomestico": esistono, infatti, programmi specifici che consentono alle casalinghe di gestire il bilancio familiare, dalla lista della spesa ai conti del condominio; programmi adatti ai bambini sotto i sei anni per insegnare loro a scrivere e addirittura programmi per i bambini di tre anni a disegni per spiegare loro, attraverso le immagini, l'utilizzo dei programmi stessi!

Con l'informatica moderna i computers hanno invaso le fabbriche, gli uffici, le amministrazioni pubbliche e le case private, gli esercizi commerciali, i locali di svago . insomma, ogni aspetto della nostra vita. Qualsiasi cosa facciamo, o quasi, è regolata da un sistema informatico: se prendiamo la metropolitana o un treno, o un aereo, alle spalle ci sono speciali sistemi che regolano gli orari, il traffico, e tutto ciò che serve perché essi funzionino regolarmente; se andiamo in banca o alla posta, qualsiasi operazione è regolata dai computers . e così via dicendo. L'intelligenza artificiale diviene sempre più "a dimensione d'uomo" poiché i calcolatori di un tempo, oggi, comprendono il linguaggio umano, le "icone" ci consentono una più facile comprensione dei procedimenti da svolgere e la "realtà virtuale" è ormai una "realtà effettiva". La realtà virtuale consente all'uomo di immergersi in realtà artificiali così "vere" da costituire quasi una "quarta dimensione", dove compiere esperienze altrimenti impossibili.

Pensiamo, ad esempio, agli innumerevoli vantaggi che porterà alla medicina e al progresso scientifico poter "viaggiare" all'interno del corpo umano per scoprire le cause delle malattie, per prevenirle e curarle, magari con la microchirurgia. Un'altra area applicativa è la telerobotica, che consente di pilotare strumenti nei luoghi altrimenti inaccessibili, come le profondità del mare o del sottosuolo, o lo spazio siderale; anche il settore della progettazione architettonica, dall'ingegneria civile ed edile all'arredamento, dal restauro di antichi e preziosi edifici alla costruzione di moderni e funzionali ambienti di vita e lavoro consente vaste applicazioni della realtà virtuale. Ma il campo in cui, certamente, essa ha avuto maggiore diffusione è quello del "gioco": stando comodamente seduti in casa propria è possibile, attraverso i programmi interattivi, compiere viaggi in mondi 'lontani' (nel tempo, nello spazio e nella realtà), immaginarsi diversi, pilotare automobili da corsa, aerei supersonici, astronavi, divenire eroi positivi, o negativi. Con la realtà virtuale, insomma, si apre all'uomo un mondo tutto nuovo, da scoprire o da creare a proprio piacimento, poiché non vi sono limiti , se non quelli della fantasia.

Non si deve, tuttavia, dimenticare che l'esasperata applicazione della cibernetica è anche estremamente rischiosa: l'interattività possibile con la realtà virtuale, che rende possibile qualsiasi fantasia, dalla più audace alla più perversa, potrebbe spingere l'uomo a rifugiarsi in un "mondo virtuale", in cui non esistano imprevisti e tutto sia dominabile a piacimento; un mondo dove gli altri non possono entrare se non invitati a farlo; un mondo privo di contatti umani. Gli uomini potrebbero divenire sempre più isolati, sempre più "chiusi" nelle loro case, nei loro microuniversi: in un mondo già abbastanza alienante per l'eccessiva velocizzazione dell'attività umana questa prospettiva è molto allarmante.

Non è soltanto questo il rischio che l'umanità corre nell'affidarsi troppo ciecamente ai sistemi informatici: non dimentichiamo, infatti, che attualmente migliaia di ricercatori in tutto il mondo stanno studiando come risolvere un problema apparentemente stupido come quello della datazione dei computers, ma che potrebbe comportare un tilt generale di tutti i sistemi informatici del mondo all'alba del 2000!

Il problema è proprio questo: i computers, essendo essenzialmente "stupidi", fanno solo ciò che l'uomo ordina loro di fare, ma gli uomini stanno cercando di renderli sempre più intelligenti ed autonomi, al punto da temere che un giorno comincino a "vivere" da soli! Non solo, gli uomini, nella ricerca di un benessere sempre più completo, si sono resi "dipendenti" da quegli stessi strumenti che avrebbero dovuto essere al loro servizio. Mi spiego meglio: i sistemi informatici, come ho già detto, regolano il sistema dei trasporti via aria e rotaia e questo ha reso più sicuro per l'uomo viaggiare su questi mezzi; ma se i sistemi che li regolano dovessero andare in tilt, come già successo (ma solo localmente) sarebbe del tutto impossibile muoverci, tranne che con le automobili, e non su autostrada! Non dobbiamo, dunque, dimenticare che il progresso deve servire all'uomo e non è l'uomo a dovere essere al servizio del progresso! Ogni scoperta scientifica, ogni gradino che l'uomo sale nella scala evolutiva, devono segnare un aumento del tempo a disposizione per se stessi, per sviluppare a pieno la propria personalità, per riappropriarsi di quello spirito che la civilizzazione ci ha tolto. E' logico che per fare ciò occorrono sani principi morali, norme di comportamento etico valide e giuste per tutti, e soprattutto non dimenticare cos'è l'uomo: un essere naturalmente "sociale", dotato "di forte intelligenza e capace di un linguaggio articolato", in grado di modificare la realtà che lo circonda e di comunicare con i suoi simili. Ed è proprio la capacità di "comunicare" con i nostri simili che stiamo perdendo, persi dietro sogni fittizi ed avviati ad una schiavitù sempre più coatta, che noi stessi ci siamo creati, nei confronti di quegli strumenti che dovevano renderci più "liberi".


INQUINAMENTO: CAUSE E CONSEGUENZE.

Ancora oggi l'umanità è ben lontana dal raggiungere il suo obiettivo principale: "una economia mondiale ambientalmente sostenibile con un uso razionale ed equo delle risorse". Purtroppo l' economia è la sola realtà che conta in questa nostra società dei consumi ed è alla base del degrado ecologico in cui viviamo oggi. Essa è anche la ragione prima che spinge gli uomini a viaggiare da un angolo all'altro della terra, per riempire le loro tasche, e che ha portato gli stessi Capi di Stato a riunirsi più volte per cercare di risolvere questo scottante problema. I loro imperativi, ufficialmente, sono "integrare le strategie ambientali e le politiche economiche; considerare l'interdipendenza tra il benessere dei popoli e quello del mondo biologico; limitare i consumi; conservare le biodiversità; frenare l'aumento demografico. Resta ancora irrisolto l'interrogativo più interessante: quando queste belle frasi verranno messe in pratica?

Orami a pochissimi giorni dall'alba del 2000 il mondo sembra guardare al nuovo millennio con un unico sentimento: ottimismo responsabile. In alcune zone dei paesi Occidentali molti parametri ambientali stanno decisamente migliorando: il tasso di inquinamento tende a stabilizzarsi, e talvolta a diminuire, e le foreste a recuperare terreno. I problemi ecologici più gravi si stanno spostando verso il Sud del mondo, dove i parametri ambientali dei paesi in via di sviluppo, dove risiede l'80% della popolazione globale e dove, nei prossimi decenni, nascerà la maggioranza dei bambini, vanno sempre più a peggiorare.

Si prospetta, così, lo scenario di un mondo composto di una serie infinita di "tasselli" con situazioni ambientali diverse, come un disastroso mosaico.

L'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera, mantenendo i ritmi attuali, tra tre anni sarà superiore al 15% ed il mondo dovrà affrontare il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta, che causerà alluvioni, siccità e incendi, come già accade in Sud Asia.

Questo cambiamento del clima, per altro già in atto, non è causato solo dall'aumento dell'emissione di anidride carbonica e di gas di scarico, generati anche dai combustibili fossili, nell'atmosfera: esso è aggravato dalla deforestazione in atto nell'America tropicale. Le grandi industrie "rubano" alberi secolari per trasformarli in infissi e parquet di lusso per i paesi sviluppati, noncuranti del fatto che la foresta tagliata non ricresce più perché si altera il suo equilibrio e si distrugge l'intero ecosistema che vi gravita intorno, animali e uomini compresi.

Ogni anno distruggiamo migliaia di specie viventi, animali e vegetali, preziosissimi per tutti gli esseri che vivono sull'intero pianeta terra. Negli ultimi anni sono aumentate le aree protette, ma anche le specie in via di estinzione; per proteggere la biodiversità bisogna ridurre la crescita demografica e l'estrema povertà del Sud del mondo e l'eccesso di consumi del Nord.

Il problema dell'aumento demografico etario è sul tavolo delle priorità da molti anni, ma solo da poco tempo ci si è resi pienamente conto del legame imprescindibile tra la crescita della popolazione ed il degrado sociale ed ambientale. Come fare? Forse riducendo le disparità sociali ed economiche, soddisfacendo i bisogni primari dei paesi sottosviluppati: educare, dare forza, formazione e potere alle donne; assicurare assistenza sanitaria ed opportunità economiche; sfamare e portare cultura e tecnologie moderne; non brutali programmi di contraccezione e sterilizzazione forzata (come in Cina), ma progetti di ampio respiro. In una parola: "dare", e non soltanto "prendere". E quando anche dall'Africa arriveranno dati confortanti sulla scolarizzazione, sull'assistenza, sullo sviluppo, specie per chi oggi vive in condizione di estrema debolezza, come le donne e i bambini, potremo dire di essere sulla strada giusta per risolvere questo problema.

Se ci riusciremo potremo lavorare anche sull'altro, quello dell'emigrazione dal Sud del mondo verso i paesi sviluppati. L'emigrazione è causata, però, anche da guerre e calamità naturali, oltre che dalla fame e dall'insicurezza socio-economica: ma se risolveremo il problema del sottosviluppo gli altri si risolveranno di conseguenza. Non dobbiamo trascurare il fatto, però, che anche la distruzione radicale degli ambienti sta spingendo e spingerà masse di uomini, popolazioni intere, a fuggire dai propri luoghi d'origine per riversarsi nei paesi "civilizzati" alla ricerca della stabilità economica o della speranza di un futuro.

Ma anche in questi paesi il futuro non è certo "roseo": pesticidi, irrigazioni forzate, piogge acide, monocolture, immissioni di gas velenosi nell'atmosfera, cementificazione, ecc., stanno accelerando il processo di sterilizzazione del suolo. Il petrolio, poi, altamente inquinante, sta esaurendo le sue scorte e l'economia si avvia a periodi di crisi.

Non dimentichiamo poi le "nuove malattie" del 2000, l'AIDS, Ebola e chissà quanti altri agenti patogeni, scaturiti dalla foresta pluviale, che rapidamente si stanno diffondendo in tutta la popolazione mondiale. E' alquanto indicativo il fatto che questi virus si siano generati nelle zone più ecologicamente disastrate e sovrappopolate del nostro pianeta, l'Africa centrale e tropicale; in un certo senso si potrebbe dire che la terra stia creando una risposta immunitaria al virus della razza umana. Come se volesse reagire ad un parassita, al cemento che la invade distruggendo la flora, al cancro della densità abitativa delle città, ai veleni che si diffondono nell'aria e al suo interno, la terra combatte una strenua battaglia contro la malattia chiamata "uomo".

L'unica soluzione è "fare pace con l'ambiente, fare pace con l'uomo", anche se tutta la storia del genere umano ci mostra quanto sia sempre stato difficile per l'uomo vivere in armonia con il proprio ambiente e con i propri "vicini".

La sfida del futuro sarà anche l'energia pulita: riusciranno i nostri li, su cui ricade, purtroppo, questa triste eredità, a dare più spazio al sole, al vento, all'acqua, alla geotermia? Il futuro dell'umanità si giocherà tutto nel trovare l'energia per accendere una lampadina che illumini il mondo sulla via della guarigione.




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