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Libro ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO - Quali sono le caratteristiche specifiche che contraddistinguono il diritto statale - Chi sono i destinatari de



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Libro "ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO":

RIASSUNTI

modulo I: "CARATTERI FONDAMENTALI DEL FENOMENO GIURIDICO"

Il diritto e la società

Definizione di DIRITTO: COMPLESSO DI REGOLE DI CONDOTTA CHE DISCIPLINANO I RAPPORTI TRA I MEBRI DI UNA COLLETTIVITÀ, IN UN DATO MOMENTO STORICO.

Ciò porta all'esistenza di un nesso strettissimo tra fenomeno giuridico e fenomeno sociale: come il fenomeno giuridico nasce là dove esiste una qualche forma di aggregazione umana, così lo sviluppo della società si svolge all'interno delle regole che disciplinano i rapporti tra i soggetti che lo compongono.

Anche nelle strutture sociali più semplici esiste tutta una serie di rapporti che scaturiscono da regole riconosciute e accettate. esse nascono dal generale consenso intorno a determinati fini da conseguire attraverso l'organizzazione comune



FENOMENO GIURIDICO: ESSO CONSISTE NELLA NASCITA DI UN COMPLESSO DI REGOLE CHE SI APPLICANO ALL'INTERNO DI UN AGGREGATO SOCIALE, ENTRO UNA DETERMINATA SFERA TERRITORIALE, ATTRAVERSO UN'ORGANIZZAZIONE DOTATA DI UN MINIMO DI STABILITÀ.

I suoi fini possono essere assai vari e i suoi contenuti possono riguardare ogni tipo di rapporto di convivenza.

l'esigenza di avere regole uguali per tutti nasce in coincidenza con le prime forme di aggregazioni umana stabile ( "città-Stato" ). L'emergere di finalità comuni pone le premesse per l'avvio di un processo evolutivo nelle strutture sociali e per la formazione di un tessuto di regole

da ciò ha origine lo Stato, come inteso da noi : UN'ENTITÀ CHE SI COLLOCA IN UNA POSIZIONE DI SUPREMAZIA RISPETTO A TUTTI I SOGGETTI ( = popolo) INDIVIDUALI E COLLETTIVI, CHE VIVONO IN UN DETERMINATO AMBITO SPAZIALE ( = territorio dello stato ) RIVENDICANDO L'ORIGINALITÀ DEL PROPRIO POTERE ( = sovranità ), E CHE CONSEGUENTEMENTE DISPONE DELLA FORZA LEGITTIMA NECESSARIA PER ASSICURARE LA SOPRAVVIVENZA E LO SVILUPPO DEL GRUPPO SOCIALE CHE NE HA DETERMINATO LA NASCITA. UN'ENTITÀ CHE, ATTRAVERSO I SUOI ORGANI ESPONENZIALI,PARTECIPA ALLA FORMAZIONE DI ALTRE REGOLE DI COMPORTAMENTO DIRETTE A DISCIPLINARE I RAPPORTI CON GLI ALTRI STATI CON I QUALI INTRATTIENE RELAZIONI,SIA PACIFICHE CHE OSTILI




REGOLE DIRITTO STATALE REGOLE RELIGIOSI MORALI O FILOSOFICHE

Disciplinano in modo stabile i rapporti sono orientate a disciplinare i comportamenti dei singoli

Tra gli individui in quanto soggetti di quella,  e del gruppo in vista del conseguimento di fini particolari;

funzionali al raggiungimento di tutti i fini ritenuti

di interesse generale;

sono legate indissolubilmente agli eventi storici concreti; sono legate a valori trascendenti;

caratterizzate dalla coattività   affidate all'adesione spontanea

(= elementi sanzionatori).

le regole giuridiche non sempre sono contenute in particolari atti, ma a volte nascono spontaneamente dal comportamento consuetudinario di coloro che appartengono ad una certa società (= diritto non scritto o consuetudinario).

le caratteristiche del fenomeno giuridico

Quali sono le caratteristiche specifiche che contraddistinguono il diritto statale?

EFFETTIVITÀ = una regola di diritto può considerarsi davvero esistente, in quanto i membri della società all'interno della quale è destinata a produrre i suoi effetti, le riconoscano un valore OBBLIGATORIO e colleghino alla sua violazione l'irrogazione di determinata SANZIONI, di natura giuridica o statale.

non è sufficiente che una regola sia prevista come tale, ma a ciò deve accomnarsi l'effettivo adeguatamento dei comportamenti individuali e sociali alla norma stessa.

( in determinati casi la disapplicazione delle regole giuridiche può portare ad un processo di tipo rivoluzionario). In ogni ordinamento giuridico,anche nel più semplice, esiste sempre una norma che disciplina la fonte legittimata a porre in essere tali prescrizioni. Tale norma può mutare o essere annullata attraverso diversa volontà che affermi in quel determinato contesto sociale.

CERTEZZA DEL DIRITTO = Tale obiettivo si cerca di raggiungere attraverso strumenti che garantiscano la conoscibilità delle regole, nonché mediate particolari strutture ( = ordinamento giudiziario )e particolari istituti ( = sanzioni ), che vengono applicati nei casi di accertata infrazione della regola stessa.

Sono regole con le quali si vuole produrre una "certezza" al diritto.

RELATIVITÀ = essa sta a significare:


come le regole di diritto possano avere  come possa mutare l'ambito di estensione

un contenuto mutevole a seconda della    del diritto che lo sviluppo di una società via via pone

comunità sociale a cui si riferiscono, a seconda   e a cui si ritiene debba darsi soluzione sul piano giuridico. dei fini che essa si propone di raggiungere.

le regole stabilite in una certa materia possono mutare, ma può mutare anche ciò che è considerato giuridicamente rilevante

il contenuto delle norme giuridiche

Per imporre un determinato comportamento è necessario avere preliminarmente determinato:


quale ordine di fatti si intende regolare:   quali effetti si intendono riconnettere a tali fatti,

consiste in una selezione, nell'ambito degli    una volta assunti ad O di una n.g. :

innumerevoli aspetti della vita umana,che    comporta la determinazione degli effetti

implica valutazioni di natura politica circa obbligatori che a tale assunzione nella sfera del

l'opportunità o meno di disciplinare questo o    diritto si collegano, di effetti cioè che si

quell'aspetto.    Impongono al di là e anche contro la volontà

dei destinatari della N.g. che si è posta

Meccanismo che presiede la formazione di una norma giuridica: esso implica una scelta degli eventi ci riconoscere determinati effetti giuridici. Tali fatti costituiscono la FATTISPECIE ASTRATTA che la norma intende disciplinare: essa può consistere o in un'attività,espressione della volontà dell'uomo ( = atti giuridici ) o in un fatto preso in considerazione di per sé, e non in quanto determinato da un'espressa volontà ( = fatti giuridici ).

Esso comporta la scelta degli effetti giuridici che conseguono obbligatoriamente al verificarsi in concreto della fattispecie astrattamente prevista dalla norma:essi posso consistere:


POSIZIONI SOGGETTIVE DI SVANTAGGIO POSIZIONI SOGGETTIVE DI VANTAGGIO =

attribuzione ai destinatari della norma   diritto di esigere da altri un comportamento

dell'obbligo da svolgere una determinata    conforme a quello imposto dalla norma giuridica

attività

si parla di:

DOVERI = previsti per la soddisfazione di un interesse di carattere generale;

OBBLIGHI = previsti per la soddisfazione di un interesse particolare di un altro soggetto;

ONERI = previsti per la soddisfazione di un interesse proprio e non altrui.

Vi è il diritto SOGGETTIVO. Né è titolare colui il cui interesse riceve

una tutela diretta da parte della norma giuridica,mediante l'imposizione

di un obbligo di rispetto di tale interesse ad altri soggetti.

Si distinguono:


DIRITTI ASSOLUTI = DIRITTI RELATIVI =

là dove l'interesse diritti che non sono solo nei

individuale è tutelato attraverso confronti di soggetti determinati.

l'imposizione di obblighi nei confronti

di una pluralità indistinta di soggetti.

o   Quando la tutela assicurata dalla norma giuridica è una tutela solo INDIRETTA DELL'INTERESSE DEL SINGOLO = INTERESSE LEGITTIMO


INTERESSE SEMPLICE INTERESSE DI FATTO

(il diritto non riconosce alcun rilevo ma

che è una situazione che potenzialmente può

tradursi in un diritto soggettivo di interesse legittimo )

I soggetti giuridici

Chi sono i destinatari delle norme giuridiche?

Sono innanzitutto persone FISICHE; secondo quanto stabilito dall'art del Codice Civile,ciascuno persona fisica è dotata di CAPACITÀ GIURIDICA = IDONEA,almeno in astratto, AD ESSERE TITOLARE DI DIRITTI E DESTINATARIA DI OBBLIGHI, FIN DAL MOMENTO DELLA NASCITA. Tuttavia non significa sempre idoneità a svolgere in concreto l'attività. Perché tale ipotesi si realizzi,il S deve possedere non solo la capacità giuridica ma anche la CAPACITÀ DI AGIRE. Questa è limitata dal diritto,con riferimento alle ipotesi in cui non si ritiene che il S sia in grado di esprimere consapevolmente la propria volontà in vista del compimento di atti giuridici ( = minore o infermo di mente).

accanto alle persone fisiche vi sono poi le PERSONE GIURIDICHE = pluralità di persone che danno vita ad un'organizzazione al fine di perseguire una finalità comune,ovvero una pluralità di beni materiali gestiti da alcune persone fisiche, sempre in vista del raggiungimento di una specifica finalità comune.

o   Persone giuridiche PRIVATE = espressione di fenomeni di aggregazione sociale;

o   Persone giuridiche PUBBLICHE = enti pubblici. Il più importante è lo Stato, che è S giuridico sia nei confronti degli altri Stati,sul piano internazionale, sia nei confronti dei cittadini,sul piano interno. Ciò consente di ricondurre ad unità tutte quelle attività statuali, che sono esercitate attraverso una serie di organi; organi che agiscono in nome e per conto dello Stato =, in virtù di un RAPPORTO GIURIDICO.

Tra i soggetti giuridici vi sono anche tutti i fenomeni associativi che anche se privi di apposito riconoscimento pubblico, sono destinatari di alcune norme giuridiche.

il concetto di ordinamento giuridico e la pluralità degli ordinamenti giuridici

Nel momento in cui le regole di diritto si presentano con i caratteri di stabilità e di complessità dettati dalla complessità e stabilità di un certo gruppo sociale e dei fini che ne rappresentano il tessuto connettivo, essere possono essere considerate un sistema = ORDINAMENTO GIURIDICO.

L'insieme delle regole giuridiche ha bisogno di un apparato organizzativo, di S istituzionali, che ne assicurino la PRODUZIONE (= organi che pongono le regole ), l'APPLICAZIONE e l'OSSERVANZA ( = sono gli organi chiamati ad assicurare l'esecuzione delle regole e il loro rispetto da parte di tutti i consociati )

PLURALITà DEGLI ORDINAMENTI GIURIDICI = si riconosce la possibile illimitatezza del numero di ordinamenti che possono qualificarsi come giuridici. ½ potrebbero essere tanti ordinamenti giuridici quanti sono i possibili fini che in concreto possono determinare un'aggregazione di più individui. La natura di un ordinamento giuridico dipende soltanto dal rapporto tra l'ordinamento e il gruppo sociale che ad esso si richiama e che in esso si riconosce. La natura dei fini vale a distinguere gli ordinamenti:


ordinamenti PARTICOLARI = ordinamenti GENERALI =

si propongono il raggiungimento si propongono il soddisfacimento di una finalità

delle finalità più varie, ma comunque delimitate tendenzialmente onnicomprensiva di tutti i possibili

ad un certo settore,dirette cioè al soddisfacimento  interessi sociali. In esso si distinguono:

di specifici interessi.    Ordinamenti originari = ripetono da sé medesimi il

loro carattere di sovranità ( es. Stato)


Ordinamenti derivati = ripetono i loro poteri da un altro

Ordinamento ad essi sovraordinato (es. Comune)

Sia sul piano interno,che su quello esterno, il problema principale nasce dall'esigenza di assicurare una convivenza armonica e non conflittuale di diversi ordinamenti giuridici. Un problema che viene risolto riconoscendo all'ordinamento giuridico generale. Le relazioni tra ordinamento statuale e altri ordinamenti particolari possono assumere forme diverse,nel senso che lo Stato può assumere un atteggiamento di maggiore o minore apertura nei confronti di altri ordinamenti. L'adozione di uno o dell'altro atteggiamento dipende dalla volontà manifestata dall'ordinamento generale in ordine all'estensione dei fini che esso intende perseguire direttamente attraverso il proprio apparato autoritativo. A questo scopo da un lato si sono sviluppate forme stabili ed efficaci di collaborazione internazionale di natura politica,economica e militare, dall'altro si sono messi a punto strumenti volti a disciplinare sia le relazione tra regole di ordinamenti statuali diversi in relazione ad uno stesso O.G.,sia le relazione tra norme giuridiche che nascono sul piano internazionale.

Lo stato è l'ordinamento giuridico che, attraverso una propria organizzazione ( ovvero l'insieme degli organi politici,amministrativi e giurisdizionali = STATO-APPARATO),assicura la pacifica convivenza e il perseguimento di finalità generali, condivise da una determinata collettività sociale ( = STATO COMUNITÀ sia sul piano interno ( dettando e facendo rispettare regole di comportamento destinate a singoli come ai gruppi ), sia sul piano esterno (favorendo la formazione di regole coerenti con quelle finalità e impegnandosi ad assicurarne il rispetto, in accordo con gli altri O. ce compongono la comunità internazionale).

Ordinamenti  giuridici di "COMMON LAW" e di "CIVIL LAW"

Nel campo dell'Europa fino a non molto tempo fa si potevano riscontrare tre diversi modelli di ordinamento giuridico:

ORDINAMENTO DI COMMON LAW;

ORDINAMENTO DI CIVIL LOW;

ORDINAMENTO DI DIRITTO SOCIALISTA

Il e il hanno avuto storicamente forme diverse: nell' rientra l'ordinamento inglese e anche quello statunitense; nel tutti gli altri ordinamenti.

Caratteristica principale è quella di basarsi su un tessuto di regole,molte delle quali non scritte,non contenute in specifici atti normativi, bensì in decisioni GIURISDIZIONALI, basate sull'affermazione di principi tratti dall'esperienza, dalle consuetudini, dalle prassi. Neppure le regole costituzionali,in Inghilterra, sono contenute in un'unica carta, ma esse si rifanno in parte ad atti normativi risalenti nel tempo ( Magna Carta del 1215, la Petition of Rights del 1628, il Bill of Right del 1689, l'Act of Settlement del 1701 e i Parlaments Acts del 1911 e del 1949), in parte, e molto spesso a regole di carattere consuetudinario.

In questo ambito particolare importanza acquista la ura dei GIUDICI,infatti la loro sentenza acquista un valore normativo FONTE DEL DIRITTO.

In questo ordinamento è presente il PRINCIPIO DELLO STARE DECISIS ( o del valore obbligatorio del precedente giurisdizionale ) NESSUN GIUDICE PUÒ DISCOSTARSI DAI PRINCIPI DI DIRITTO AFFERMATI IN ALTRA PRECEDENTE SENTENZA RIGUARDANTE UN CASO ANALOGO A QUELLO CHE EGLI SI TROVA A GIUDICARE.

È legato alla tradizione romanistica. L'influenza del giuspositivismo ha favorito lo sviluppo di sistemi giuridici fondati su un tessuto di regole di diritto SCRITTE,siano esse di livello costituzionale o inferiore.la norma giuridica diventa tale solo se contenuta in atti cui lo stesso ordinamento riconosce la capacità di produrre regole di questo tipo; atti che a loro volta, sono espressione della volontà degli organi dello Stato cui l'ordinamento ha inteso affidare il potere normativo.

Il ruolo del giudice è solo quello di INTERPRETARE LA regola giuridica scritta e di APPLICARLA al caso concreto,mentre NON gli è riconosciuto alcun compito CREATIVO di diritto.

il potere giudiziario è escluso dal circuito decisionale (centrato esclusivamente sugli organi rappresentativi della volontà popolare)

Esso opera in condizioni di indipendenza dagli altri poteri dello Stato,

in funzione di garanzia di un'imparziale applicazione della legge.

negli ordinamenti di CIVIL LAW la funzione del giudice è andata arricchendosi di contenuti in parte analoghi a quelli del giudice inglese, mentre nel ordinamento di COMMON LAW è andato progressivamente aumentando il ricorso al diritto scritto

Le fonti del diritto e i principi che ne regolano i rapporti ( accenni )

Le norme possono nascere attraverso due meccanismi:



mediante l'attribuzione di certi organi    mediante il riconoscimento di valore giuridico

del potere di creare,integrare modificare  a regole che nascono da certi fatto o certi

il diritto (es. diritto oggettivo,vigente in comportamenti umani.

Un determinato momento storico).





Con esso si avrà la produzione di norme    saranno norme da ricondurre alle FONTI-FATTO e cioè,

contenute in ATTI =FONTI-ATTO  a fatti o comportamenti umani da cui ugualmente si

(es. Legge del Parlamento,Regolamento del determinano regole dotate di forza obbligatoria

Governo o di un ente locale ).  (es. consuetudini,prassi amministrativa).





Sono entrambe dotate di capacità di incidere,modificando,sul sistema giuridico

Vi sono però dei limiti:

Ciascuna fonte risulta dotata di un grado di intensità ( o forza normativa,intesa come capacità di incidere sul sistema dato di regole giuridiche ) che risulta diverso a seconda della disciplina dei rapporti ce legano tra loro le diverse fonti normative;


Uno dei principi fondamentali è quello GERARCHICO = serve per ordinare le varie fonti normative lungo un'immaginaria scala gerarchica a seconda della diversa forza normativa di cui ciascuna è dotata:

UNA REGOLA DI DIRITTO NON PUÒ MAI DEROGARE ALLA REGOLA DI DIRITTO POSTA DA UNA FONTE SITUATA SU UN GRADINO SUPERIORE;

se ciò avviene,l'ordinamento predispone opportuni rimedi, tesi a garantire il rispetto del principo gerarchico e ad eliminare la regola che lo ha violato.

Negli ordinamenti statuali moderni al vertice di tale gerarchia v'è l'insieme di regole = COSTITUZIONE.

Essa traccia il quadro di riferimento generale,cui tutte le altre regole di diritto e i comportamenti dei soggetti che operano in un determinato O.G. devono uniformarsi.

Essa è RIGIDA: non può essere modificata attraverso una semplice legge ordinaria, ma dev'essere predisposto un apposito procedimento lungo e complicato.

Si distingue tra :

o   COSTITUZIONE FORMALE = complesso di disposizioni previste come costituzionali;

o   COSTITUZIONE EFFETTIVA = parte della costituzione formale che davvero è operante in un dato momento storico, in un dato O.G. )

o   COSTITUZIONE MATERIALE = ci si riferisce alla risultante delle concezioni culturali e istituzionali delle forze politiche dominanti, in un determinato contesto storico essa può assumere anche contenuti diversi da quelli che caratterizzano la costituzione formale. Quando però tale diversità tocca gli elementi essenziali della Costituzione formale, si creano le condizioni per un mutamento di quest'ultima.

Un altro principio che regola i rapporti reciproci tra le diverse fonti è quella delle COMPETENZA.

Si fa riferimento all'organo che è titolare del potere di emanare le regole stesse e all'oggetto che possono investire.

rapporto tra leggi statali e leggi regionali : esse si trovano sullo stesso gradino e i loro rapporti sono regolati dalla diversa sfera di competenza che la costituzione attribuisce alla prima e alla seconda. Così le leggi regionali potranno investire certi settori materiali e non altri,ma anche nei settori in cui esse potranno intervenire, esse dovranno rispettare tutta una serie di limitazioni che a volte spetta alla legge statale precisare )

altro valore importante hanno IL VALORE DELLE NORME NEL TEMPO E NELLO SPAZIO:

la regola fondamentale è quella per cui tra norme di paro grado gerarchico si debba applicare quella entrata in vigore per ULTIMA. Per sapere qual è la disciplina legislativa di una data materia è necessario individuare l'ultima ( in ordine di tempo ) legge approvata in quel settore. Se invece le norme sono di grado diverso è il principio gerarchico che va applicato, non ha nessun rilievo il fatta che una norma sia entrata in vigore prima di un'altra.

Il principio generale che si applica è quello della TERRITORIALITÀ DEL DIRITTO: le norme giuridiche hanno efficacia con riferimento ad una collettività di soggetti, individuati in relazione ad una determinata area geografica ( la legge statale ha efficacia nei confronti dei cittadini e di coloro che operano all'interno del territorio nazionale, e lo stesso avviene per le leggi regionali e i provvedimenti degli enti minori. Esistono delle eccezioni. I rapporti disciplinati dalle regole del diritto internazionale privato.


Le fonti normative fin qui citate sono FONTI INTERNE = operano nell'ambito di un determinato sistema giuridico e ne assicurano la continuità attraverso particolari meccanismi di produzione di norme giuridiche. Accanto a queste vi sono le FONTI ESTERNE = appartenenti a sistemi giuridici diversi da quello considerato e tuttavia dotate anch'esse di capacità di spiegare effetti normativi nell'ambito di quest'ultimo. Questa capacità è disciplinata da ciascun sistema giuridico attraverso la predisposizione di determinate regole al riguardo, attraverso il quale si richiama sul piano del diritto interno quanto stabilito dalla fonte straniera

l'interpretazione del diritto come metodo e come fonte

Esso è collegato all'attività interpretativa del giudice = DIRITTO GIURIDIZIARIO

L'attività giurisdizionale consiste nell'applicazione della regola ad una specifica situazione umana; non sempre però, è agevole identificare quale sia più opportuna: tale ricerca è condotta dal giudice utilizzando:

INTERPRETAZIONE LETTERALE = Condotta sul dettato testuale della norma in questione, sulla base del significato lessicale delle parole che la compongono;

INTERPRETAZIONE LOGICA = diretta ad individuare la coerenza interna della legge,facendo, se del caso, ricorso ai lavori preparatori della legge o del regolamento, o di un'altra fonte normativa;

INTERPRETAZIONE ANALOGICA diretta a ricercare la norma da applicare al caso concreto in disposizioni che disciplinano materie o fattispecie analoghe a quella che il giudice sta analizzando;

INTERPRETAZIONE SISTEMATICA = diretta a ricerca la norma da applicare al caso concreto desumendola dai principi vigenti nel sistema giuridico complessivo.

Nel sistema del COMMOW LAW può accadere che sentenza enunciate da un giudice possa divenire poi fonti del diritto; tale possibilità si realizza soltanto in presenza di determinate circostanze, cioè là dove le decisioni del giudice sono dotate di forza obbligatoria capace di importi nei confronti di tutti. nell'ordinamento del CIVIL LAW essa non trova riscontro ( ad eccezione della Corte Costituzionale).

modulo 2."LE FORME DI STATO E LE FORME DI GOVERNO NELLA LORO EVOLUZIONE STORICA"

Il concetto di forma di stato e di forma di governo

Le regole giuridiche investono 3 ambiti:

Settore relativo all'organizzazione dell'apparato statale;

Settore relativo ai rapporti tra apparato statale, cittadini e società civile;

Settore relativo ai rapporti intersoggettivi ( = che si stabiliscono tra i singoli membri della comunità ).

Vi è stata un'evoluzione che ha portato lo stato moderno ad affermarsi

FORMA DI STATO =

L'insieme delle finalità che lo Stato si propone di raggiungere ed i valori a cui ispira la propria azione

modo in cui è risolto il rapporto tra autorità e libertà, ovvero quel rapporto tra potere statuale e società civile,che nasce e si sviluppa ogni esperienza statuale.

Si fa anche riferimento ai tipi di rapporti tra l'entità statuale e la comunità territoriale ( Es. stato unitario,federale . ) di appartenenza del cittadino, anch'essa rilevatrice di un importante modo di essere del rapporto tra stato e società. In base poi all'aggettivo che viene dato a "Stato" si possono rintracciare le caratteristiche fondamentali che esso acquisterà.

Il susseguirsi delle diverse forme di stato nel tempo è stato accomnato, sempre, da una fase di transizione in cui i caratteri del vecchio assetto si univano e convivevano con elementi propri del nuovo che cominciava ad affermarsi.

FORMA DI GOVERNO =

L'insieme degli strumenti e dei mezzi mediante i quali una determinata organizzazione statuale persegue le sue finalità.

È descritta dagli elementi che contraddistinguono il modello organizzativo.

Modi e mezzi che sono un'insieme di regole che disciplinano i rapporti tra gli organi al vertice dell'apparato statale. ( es. monarchia assoluta = forte concentrazione del potere statuale nelle mani di un unico organo costituzionale,il Sovrano )

Stato e governo sono molto connessi; la storia di diverse forme di Stato si è accomnata ad un'evoluzione della forma di governo. Ogni forma di governo va valutata alla luce della forma di Stato in cui essa opera

Lo Stato patrimoniale

= prima forma di Stato affermatasi dopo la caduta dell'impero romano e che caratterizzerà tutta il periodo dell'Alto medioevo.

È una forma di stato molto embrionale, nella quale sono ancora assenti alcune delle strutture portanti:

Manca un'organizzazione amministrativa stabile, in grado di consentire il perseguimento dei fini di carattere generale, di interesse dell'intera collettività;

Non sempre sicura è la stessa sovranità di queste entità statuali rispetto al potere di entità sovranazionali ( Impero e Chiesa );

Non sempre costante e stabile è la subordinazione ad esse di tutti i soggetti che operano al loro interno;

a fondamento vi è un accordo che interessa solo alcuni soggetti ( i feudatari ), e che ha ad oggetto la tutela del diritto di proprietà, di cui tali soggetti sono proprietari.

È uno stato che non ha una pluralità di fini, ma solo la difesa contro le minacce che possono provenire nei riguardi della proprietà privata, e che su questa base fonda i rapporti che si stabiliscono tra coloro che hanno il potere.

È il diritto di proprietà a determinare e legittimare il potere; ad esso si associa anche l'esercizio di alcune funzioni "pubbliche", gestite da alcuni embrionali apparati.

Al di là dei soggetti titolari di diritti di proprietà, esiste una comunità indistinta di individui, che appare come oggetto di diritti altrui.

LO STATO ASSOLUTO ( a ) E LO STATO DI POLIZIA ( b )


A)

Il tramonto dello stato patrimoniale e lo svilupparsi dello stato assoluto coincide con l'accrescersi dei compi assunti dallo Stato rispetto ad una società che pone esigenze sempre più complesse.

Esso va di pari passo con l'apertura della società medioevale e dell'entrata in scena di nuove attività economiche,quali per es. il commercio.

Viene a sostituirsi uno stato che tende a farsi carico dei nuovi problemi che nascono dagli svolgimenti della vita sociale ( es. assicurale le condizioni ottimali per lo sviluppo delle nuove attività economiche sul piano interno ).

Diviene uno stato che assume come proprio dei fini di carattere GENERALE,rappresentati oltre che da una sicurezza interna e da una politica estera di potenza nazionale, anche dal benessere dell'intera collettività

= stato come tutore dell'interesse generale.

Lo stato sviluppa la sua azione nei vari settori in cui si svolge la vita sociale ed economica,secondo una concezione INTERVENTISTA del suo ruolo.

Tra i settori in cui l'intervento si manifesta maggiormente:

o   Proprietà fondiaria ( in cui si punta a favorire una semplificazione dei titoli + maggiore commercialità e circolazione dei beni);

o   Settore finanziario ( in cui si assiste alla riduzione dei privilegi fiscali riconosciuti alla classe nobiliare, e ci si avvia verso un sistema di tassazione uniforme);

o   Settore dell'istruzione ( in cui lo Stato rivendica a sé un ruolo);

o   Settore delle PRIME opere pubbliche ( per i collegamenti,la difesa . ) .

Sul piano dell'ordinamento statuale si ha una progressiva differenzazione degli organi e degli atti che essi compiono ( si distinguono in modo più netto le fonti normative dai provvedimenti amministrativi ).

A tutto ciò si accomna un fenomeno di progressiva concentrazione del potere nelle mani del Sovrano,la cui legittimazione risiede su un principio di natura trascende. Mentre il potere statuale si laicizza e si svincola dal potere religioso, il potere del Sovrano, così come il potere dell'autorità ecclesiastica, rivendica un'origine divina.

B)

È forma di Stato che si afferma verso la fine del XVII secolo, soprattutto in Austria e Prussia.

È uno sviluppo dello stato assoluto.

Pur mantenendo le caratteristiche di fondo dello Stato assoluto, esso è caratterizzato da un elemento di novità : dal RICONOSCIMENTO DI ALCUNE POSIZIONI SOGGETTIVE DEI SINGOLI,TUTELABILI DAVANTI AI GIUDICI,ANCHE CONTRO I PUBBLICI POTERI ( è ancora molto parziale come riconoscimento ma che è molto importante perché prelude all'affermazione del principio cardine dello Stato di diritto, in base al quale la pubblica amministrazione è tenuta al rispetto della legge ed è possibile che sia sottoposta al giudizio dei giudici).

È un potere pubblico che incontra dei limiti nelle norme giuridiche e nei meccanismi di controllo giurisdizionale,chiamati ad assicurarne il rispetto.

Lo Stato liberale

Si afferma nel periodo che va dalla fine del XVIII alla metà del XIX secolo.

In Inghilterra si affermerò con un anticipo di quasi un secolo

È una forma di Stato che caratterizza l'esperienza costituzionale del continente europeo fino agli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale.

Le ragione che portano al tramonto dello Stato assoluto sono:

Di tipo economico legate da un lato all'aumento della conflittualità internazionale ed alla conseguente accentuata pressione fiscale, e dall'altro, ad una crisi interna sempre più profonda;

Di ordine politico-sociale dovute all'inadeguatezza della struttura del potere proprio dello Stato assoluto a soddisfare le esigenze di partecipazione alla gestione della cosa pubblica delle nuove classi emergenti:

Diffondersi delle dottrine razionaliste.

Ciò porta all'affermarsi dello Stato liberale, che conserva ai pubblici poteri il compito di perseguire come finalità generali il soddisfacimento degli interessi dell'intera collettività , ma attraverso un'azione indiretta, volta ad assicurare condizioni di sicurezza sul piano estero ( politica estera ) e il rispetto dei diritti di libertà, in primo luogo quelli economici, sul piano interno ( sicurezza pubblica ).

Quello ottocentesco poggia su una concezione GARANTISTA E NEGATIVA dei fini dello Stato.

Si ispira a dottrine liberiste.

Si presenta come Stato NON interventista.

Il suo elemento portante è il nuovo principio di LEGITTIMAZIONE DELL'ESERCIZIO DEL POTERE: una legittimazione che proviene direttamente dai consociati.

Il modello organizzativo dello stato tende a garantire la separazione e la reciproca autonomia dei diversi apparati preposti alle funzioni legislative, esecutive e giurisdizionali.

Ciò porta all'introduzione di regole generali, destinate a disciplinare l'azione degli organi di vertice dell'apparato statuale, destinate a guidare e limitare l'azione dei soggetti politici che operano nelle nuove istituzioni.

Si ha anche l'affermazione del valore della legge come atto in grado di vincolare tutti i soggetti che porta allo STATO DI DIRITTO = il funzionamento e l'organizzazione dello Stato devono essere disciplinati dalle leggi e gli atti della pubblica amministrazione devono essere conformi alla legge, pena la loro annullabilità da parte di un giudice.

Lo Stato totalitario

Il primo conflitto mondiale e la crisi economica susseguente finiscono per funzionare da detonatori di una crisi.

Ciò avviene soprattutto in paesi come l'Italia, in cui il sistema economico si presentava più fragile, il sommarsi di un diffuso malcontento delle classe più disagiate, ai problemi legati alla riconversione della macchina industriale bellica, produsse un malcontento tale da determinare il crollo dello Stato liberale.

Lo sbocco di questa situazione fu rappresentato dall'avvio in alcuni paesi europei dell'esperienza dello Stato TOTALITARIO.

Uno Stato che nasce  con l'obbiettivo primario di sostituire l'apparato istituzionale proprio dello Stato liberale, mediante l'introduzione di una nuova organizzazione, ma ispirata ad un forte ACCENTRAMENTO del potere intorno alla ura di un "capo" o di un organo supremo, espressivo della forza politica egemone, in grado di contenere e regolare in materia autonoma i conflitti sociali; uno Stato che assume su di sé un ruolo di GARANTE, INTERPRETE E ARTEFICE degli interessi generali della collettività nazionale, e su questa base, modella la sua struttura di potere e il suo modo di agire nella società.

Uno Stato esplicitamente IMPEGNATO IN OGNI SETTORE di vita.

Per il raggiungimento di queste finalità, utilizza ;

un PARTITO UNICO, quale essenziale canale di formazione dell'indirizzo politico generale;

i SINDACATI DI STATO, quali soggetti destinati a garantire i conflitti del mondo del lavoro;

i MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA, quali elementi fondamentali per l'allargamento della base di consenso.

Questo tipo di Stato persegue una politica REPRESSIVA dei diritti e delle libertà, ed in particolare delle libertà politiche,arrivando a calpestare il principio di uguaglianza.

Al fondo della concezione sta la concezione secondo la quale lo Stato, protagonista della Storia, rappresenta l'artefice in OGNI situazione GIURIDICAMENTE rilevante, senza che alcun limite possa essergli imposto.

Lo Stato socialista

Nasce con la rivoluzione che portò alla caduta del regime zarista in Russia, ma è solo nel secondo dopo guerra che si espande a molti paesi dell'Europa centrale e al di fuori del continente europeo.

Caratteristiche tipiche sono:

v Se le disuguaglianze derivano dalla proprietà privata dei mezzo di produzione, si afferma la nozione di proprietà SOCIALISTA;

v Se la disuguaglianza nasce dalla divisione della società in classi, ecco che si impone il superamento AUTORITATIVO di tale divisione;

v Se il riconoscimento della libertà,intesa come diritti individuali, si traduce in un privilegio per i soli gruppi sociali dominati, si ha il riconoscimento delle sole libertà COLLETTIVE,funzionali alla edificazione di una società di EGUALI;

v Se la mancanza di strumenti di aggregazione sociale tiene ai margini dei processi decisionali le classi subalterne, si afferma la nozione del PARTITO COMUNISTA come perno centrale, attorno al quale ruota tutto il sistema, unico e vero centro dell'intero apparato statuale.

Tutto ciò comporta una serie di innovazioni:

La prevalenza di UNA CLASSE SOCIALE sulle altre ( = dittatura del proletariato );

La CONCENTRAZIONE del potere come modulo organizzativo;

La PIANIFICAZIONE di tutte le attività economiche e sociali;

Un sistema di governo di tipo FEDERALE, ma di fatto incentrato sul partito unico.


Lo Stato sociale

Anche questo tipo di Stato ha alla base la crisi dello Stato liberare ottocentesco, di cui però riprende numerosi principi, ripensandoli e reinterpretandoli alla luce di un'analisi delle ragioni che portarono alla sua crisi.

Il suo fine è quello di RIMUOVERE LE DISUGUAGLIANZE di fatto presenti nella società, orientando in questa direzione l'azione dei pubblici poteri. Essi devono intervenire ATTIVAMENTE nei diversi settori economici e si adoperano per la soluzione dei conflitti sociali = STATO INTERVENTISTA.

In questo modo lo Stato, i cui organi politici sono ora rappresentazione di TUTTI i cittadini,si propone di esercitare i DIRITTI CIVILI E POLITICI, ELIMINANDO progressivamente le ragioni di ordine economico e sociale che spesso limitano l'effettivo svolgimento di tale esercizio.

Il fine principale è quello di raggiungere l'obiettivo dell'UGUAGLIANZA SOSTANZIALE e non solo formale dei cittadini.

Si assiste Da un lato al pieno riconoscimento di istituti fondamentali per garantire la effettiva partecipazione dei cittadini in una grande società di massa dall'altro, ad un profondo mutamento dell'atteggiamento dei pubblici poteri, impegnati in un'opera di progressivo riequilibrio delle posizione di svantaggio.

Elementi tipici sono:

il notevole accrescimento degli apparati amministrativi e la loro differenziazione in relazione alla diversificazione dell'azione statale;

il massiccio intervento diretto o indiretto nell'economia;

l'aumento significativo delle risorse necessarie alla finanzia pubblica.


Lo Stato unitario, (I) lo Stato federale ( II )e lo Stato regionale (III)

Vi è un possibile altro elemento di classificazione delle forme di stato che tiene in rilievo che, nell'ambito delle diverse esperienze statuali, viene riservato al PRINCIPIO DELL'AUTONOMIA TERRITORIALE.

Storicamente tale principio è un'acquisizione recente per i paesi europei, mentre ha radici assai più lontane nell'esperienza inglese.

Il salto è rappresentato dalla istituzione di autorità LOCALI dotate anche di autonomia legislativa; autorità che si pongono come soggetti di mediazione politica degli interessi sociali delle comunità locali.

II.

È basato sulla regola per cui i membri della federazione hanno una competenza generale,dalla quale sono escluse le materie che vengono espressamente riservate dalle norme costituzionali agli organi federali. In essi sarà più ampia l'autonomia degli organi federali e gli stati membri mantengono spesso alcune tipiche caratteristiche degli Stati sovrani

III.

Sono gli organi centrali dello Stato ad avere una competenza generale, fatte salve le specifiche competenze affidate alle Regioni. L'autonomia delle autorità locali incontra limiti maggiori rispetto agli stati federali.

Il riconoscimento del principio autonomistico determina una serie di reazioni sul piano dell'assetto della forma di governo, influenzando, in misura maggiore o minore, struttura e funzione degli organi centrali dello Stato.

Le forme di governo: monarchia assoluta

È la prima forma di governo in senso proprio e nasce con lo Stato assoluto.

In precedenza la natura quasi privatistica che era alla base dello Stato feudale, non aveva creato problemi particolari.

Co l'affermarsi dello Stato assoluto, l'estendersi dei fini statuali e il moltiplicarsi dei settori in cui si esercita l'intervento dei poteri pubblici, creano le premesse per la costituzione dei primi nuclei di struttura amministrativa statuale unitaria e stabile.

Al vertice di tale struttura si pone il Sovrano, unico organo titolare del potere di decisione politica, che ripete direttamente dalle vicende storiche e dalla divinità la legittimità al suo esercizio. Al Sovrano fanno capo tutte le funzioni statuali: sia la funzione legislativa ( Il Re fa le leggi ), sia la funzione esecutivo- amministrativa ( Il Re nomina i funzionari ), sia la funzione giurisdizionale ( il Re nomina i giudici, che amministrano in suo nome la giustizia .

È una struttura di tipo piramidale.

Tale fenomeno, accomnandosi ad un progressivo accrescimento degli apparati organizzativi dello Stato, determina ad un certo punto l'esigenza che il Sovrano si doti di un potere ausiliario,come organo di consulenza del Re, più alcuni collegi rappresentativi dei maggiori ceti sociali.

La monarchia costituzionale

la rivoluzione francese rappresenta storicamente, la fine sia dello stato assoluto sia della monarchia assoluta. Ciò vale per l'Europa continentale, mentre in Inghilterra già un secolo prima era avvenuto.

Ed è proprio in Inghilterra che con Locke si assiste alla prima teorizzazione del principio liberista della divisione dei poteri.

Esso postula la frammentazione dell'unicità del potere sovrano e la sua ripartizione tra organi distinti e autonomi l'uno rispetto l'altro.

Nell'ottica di Locke ciò significava immaginare una forma di governo centrata su due organi costituzionali:

Il Sovrano,titolare della funzione esecutiva e di quella federativa ( oggi politica estera );

Il Parlamento, titolare della funzione legislativa

Questa forma di governo risente però dell'esperienza inglese del 60o. il sovrano ha ancora un ruolo fondamentale nel quadro della forma di governo, ma si trova ora di fronte il Parlamento.

Diversa la concezione di tale principio in Francia alla fine del XVIII teorizzata da Montesquieu e Rousseau:in essi appare centrale l'idea per cui non solo no ci dovrà essere per il futuro alcun potere esercitato in condizioni di monopolio da alcun organo dello Stato, ma nemmeno alcun potere esercitato al di fuori da uno stretto collegamento con la volontà popolare. Essi individuano quindi un nuovo tipo di principio di separazione dei poteri con un'individuazione di una pluralità di soggetti istituzionali ( Parlamento, Governo, Giudici , ciascuno chiamato ad operare in condizioni di separazione e di autonomia rispetto gli altri.

In realtà però non si riscontra mai una NETTA separazione dei poteri; essi appaiono correlati uno all'altro.

La prima applicazione di tale principio teorico si ebbe con la Monarchia costituzionale, che caratterizza tutta la prima fase di avvio dello Stato liberale. In esso accanto al Sovrano, si afferma un altro organo titolare di un potere autonomo,ovvero il Parlamento. Esso ripete la legittimazione, per l'esercizio del suo potere, dalla volontà popolare e si pone, come interlocutore necessario del Re.

Il sovrano rimane titolare del potere esecutivo e del potere di nomina e di revoca dei membri del Governo; rimane, almeno formalmente, titolare anche del potere giurisdizionale, ma deve dividere l'esercizio del potere legislativo con il Parlamento e sottoporre al suo controllo tutta una serie di atti fondamentali per la vita dello Stato.

La forma di governo parlamentare

A partire dalla seconda metà del secolo scorso si assiste ad una sempre più marcata rottura di quell'equilibrio a tutto vantaggio del ruolo del Parlamento.

Tale mutamento coincide con la definitiva uscita del Governo dai poteri sovrano e con l'inizio di una veste di organo autonomo di decisione politica, nei confronti del Parlamento.

L'istituto che sanziona questo passaggio è l'ISTITUTO DELLA FIDUCIA.

Esso comporta che il Governo, una volta formato, si presenti di fronte al Parlamento per ottenere un avallo preliminare al PROGRAMMA di attività che intende svolgere. Grazie a questa fiducia iniziale, il Governo si salda alle forza politiche maggioritarie in Parlamento e ne diviene espressione. In secondo luogo,insieme al potere di concedere o meno questo programma, il Parlamento acquista anche il potere di REVOCARE la fiducia al Governo,mediante l'approvazione di una MOZIONE DI SFIDUCIA, la quale obbliga giuridicamente il Governo a dimettersi.

Politicamente il Governo diviene responsabile del suo operato dinnanzi al Parlamento.

Si passa così da una fase dualista, ad una fase MONISTA, in cui al centro del sistema si colloca ora il Parlamento.

Questo passaggio avviene storicamente in modo graduale:

In un primo momento il Governo resta ancora parzialmente vincolato alla volontà del Sovrano. Esso si trova in una situazione di doppio vincolo;

Successivamente,divenuto fondamentale per il funzionamento del sistema il rapporto tra Governo e forze politiche di maggioranza, l'unica vera sede in cui può essere fatta valere la responsabilità politica del Governo è il Parlamento.

In Inghilterra avviene con largo anticipo (nel XIX secolo); negli altri paesi Europei nel XX secolo.

In Italia si avrà con la trasformazione da monarchia costituzionale, a monarchia parlamentare quella formalmente disciplinata dallo Statuto albertino del 1848.

All'istituto della fiducia si lega il formarsi di una nuova concezione del CAPO DI STATO (Monarca, o sempre più spesso Presidente della Repubblica).

Viene ad intendersi quest'organo come un ORGANO NEUTRO, lontano dalle dispute politiche, e destinatario del compito di SUPREMO GARANTE delle regole costituzionali.

Si tratta di una forma di governo presente fino al primo conflitto mondiale. La crisi di inizio secolo porta l'esigenza di introdurre delle varianti rappresentate da istituti diretti:

  a consolidare il principio rappresentativo, moltiplicando le sedi di rappresentanza politica a livello locale ( = principio dell'autonomia territoriale );

  gli istituti volti ad una verifica della corrispondenza tra volontà dei rappresentanti e volontà di rappresentati ( = istituti di democrazia diretta );

  a vincolare l'operato delle maggioranze politiche al rispetto della costituzione, attraverso l'introduzione di sistemi di controllo anche sulle espressioni di volontà del Parlamento ( = sistemi di giustizia costituzionale );

  diretti a rafforzare il ruolo del Capo dello stato, dotandolo di poteri rilevanti diretti all'eliminazione delle cause che impediscono il regolare funzionamento del sistema.

L'introduzione di queste varianti,variamente combinate, ha determinato la nascita, nel periodo successivo della seconda guerra mondiale, di forme di Governo che se ne distaccano ( ciò vale per la forma di governo disciplinata dalla Costituzione italiana del 1948 ).

Le forme di governo presidenziale ( a ), semi-presidenziale ( b ) e direttoriale ( c )

Si hanno nelle forme di Stato sociali contemporanei e appaiono come forme alternative alla forma di governo parlamentare.

Vengono così chiamate per la particolare posizione che in essi viene attribuita al Presidente della Repubblica.

Dittatoriale per il particolare ruolo che in essa assume l'organo esecutivo.

a.

La prima forma di governo presidenziale si ha con la Costituzione degli Stati Uniti d'America del 1787

Al fondo vi è la scelta di porre al centro del sistema costituzionale l'organo presidenziale. Tale organo riunisce in sé tanto i potere e le funzioni proprie del Capo dello Stato, quanto quelli di Capo del Governo.

Spetta al presidente il potere di nomina e revoca dei più alti funzionari statali e fra questi anche dei Ministri e degli altri vertici politici del Governo.

Non esiste un rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo,bensì tra Presidente e Governo.

Il Parlamento non può essere sciolto dal Presidente.

La somma di poteri che spettano al Presidente trovano un bilanciamento con il PRINCIPIO DEMOCRATICO, attraverso l'elezione DIRETTA da parte del popolo del Presidente, dall'altro nell'introduzione di tutta una serie di poteri di controllo e di freno,affidati ad altri organi costituzionale in funzione di limite nell'esercizio dei poteri.

b.

si salda molto più al regime parlamentare rispetto alla A.

Ha avuto un precedente importante nella Costituzione di Weimar del 1919 in Germania; in Francia con la Costituzione del 1958.

In esse si ritrovano alcune caratteristiche di fondo del regime presidenziale, le quali però convivono con alcuni istituti tipici della forma di governo parlamentare ( es. istituto della fiducia ).

L'organo dell'Esecutivo opera secondo un regime di DOPPIA fiducia:

I. È nominato dal Presidente, nei cui confronti risponde politicamente;

II. È espressione della maggioranza parlamentare a cui è legato da un rapporto fiduciario.

c.

il suo obbiettivo primario è quello di raggiungere e garantire la stabilità dell'Esecutivo, prefissandone a priori la durata, spesso facendola coincidere con la durata della legislatura

= regime del Governo a termine, in cui,una volta formato e una volta investito con voto del Parlamento, l'organo esecutivo opera al riparo dal rischio che altri organi costituzionali ne provochino la caduta.

È un Governo che svolge anche le funzioni del Capo dello Stato.

È una forma di Governo che postula la formazione di ampie coalizione governative e la possibilità di attivare agevolmente da parte del corpo elettorale strumenti di controllo sulla permanenza di una corrispondenza tra la volontà dei cittadini e quella dei suoi rappresentanti.

La forma di Governo dittatoriale

Si ha nello Stato totalitario.

In Italia è la forma di Governo dello Stato Fascista.

Esso postulava una struttura di potere che tentasse di recuperare i caratteri dell'unitarietà e dell'accentramento che erano stati tipici dello Stato assoluto. Nasce così la ura di un Capo del Governo come vero CENTRO motore dell'intero sistema costituzionale.

Grazie ad un'investitura che gli viene dall'essere al vertice dell'UNICA formazione politica ammessa = REGIME A PARTITO UNICO,esso è svincolato da ogni forma istituzionalizzata di controllo.

In esso si concentrano:

l  le funzioni proprie dell'organo dell'Esecutivo;

l  di nomina e revoca dei membri del Governo;

l  il comando delle forze armate;

l  una serie di poteri diretti a condizionare e limitare la stessa funzione legislativa di un Parlamento che è divenuto composto di membri scelti tra i vertici del partito unico o tra i rappresentanti delle categorie professionali.

Il Capo del Governo assume il compito di interprete principale degli interessi della comunità nazionale e, insieme, quelli di arbitro dei conflitti sociali.

La forma di Governo negli Stati socialisti

Essa presenti tanti aspetti peculiari,quanti sono i paesi che a tale regime si affidano.

Per individuare i tratti fondamentali bisogna risalire al modello costituzionale della Costituzione sovietica del 1936.

Essa prevedeva:

Struttura statuale fondata:

a) Sul riconoscimento di ampie autonomi locali;

b) Su una fitta rete di assemblee elettive ( i soviet), gerarchicamente ordinate; ciascuna espressione delle assemblee di livello inferiore, fino ad arrivare agli organi supremi dello Stato: il Soviet supremo ( + o - il Parlamento ), e il Presidium (che svolgeva i compiti del Capo dello Stato), legati insieme da un rapporto che ricorda l'istituto di fiducia

Nel senso che il Presidium rispondeva politicamente del suo operato nei confronti del Soviet supremo.

Principio informatore dei rapporti tra le varie assemblee è quello gerarchico;

Ruolo del partito: ad esso aspetta, per espressa scelta costituzionale, una funzione di guida della collettività nella costruzione della Società socialista, il che si traduce in una serie di poteri specifici, primo fra tutti quello di scelta dei candidati per i vari organi elettivi.

Su questo nucleo centrale di principi, le diverse esperienze dei Paesi dell'Est europeo avevano poi innestato una serie di istituti particolari che hanno portato a differenzazioni.

Forma di Stato, Forma di Governo e sistema delle fonti normative

La storia delle varie forme di Stato coincide con la storia del modo in cui certi sconvolgimenti sociali hanno determinato un certo assetto del potere statuale e del modo in cui un certo assetto di potere si è posto rispetto ai problemi presenti in quella società.

In ogni tipo di ordinamento esistono dei principi che assegnano a ciascun tipo di norme un particolare valore rispetto alle altre. Sono dei principi che sono riconducibili a scelte che hanno una matrice nella storia politico-istituzionale dei vari ordinamenti.

All'evoluzione delle varie forme di Stato e di governo ha corrisposto un diverso modo d'intendere e regolare i processi di produzione di norme giuridiche,il loro regime, la loro efficacia e i loro rapporti. Esiste un nesso tra il modo in cui è venuto a conurarsi l'assetto del potere politico e la distribuzione tra i diversi organi dello Stato, la natura dei rapporti tra Stato e cittadini e il parallelo sviluppo del sistema delle fonti normative.

Di un vero e proprio sistema di fonti si può cominciare a parlare a partire dal tramonto dello Stato assoluto e del principio di unità del potere statuale, impersonato dal Sovrano ( in tale forma di Stato l'unica forma di fonte normativa era rappresentata dai DECRETI REALI ).

Con i risvolti successivi alla Rivoluzione Francese e con l'affermarsi dello Stato di diritto, inizia ad affermarsi un sistema più articolato,seguito dalla nascita dell'esigenza di definirne il rispettivo regime e i reciproci rapporti.

Un'esigenza di cui si faranno carico le Costituzione, le quali si preoccupano oltre a fissare la tavola dei nuovi principi, a definire le regole fondamentali di distribuzione del potere tra i diversi organi di Stato e, in quest'ambito, anche del potere di porre norme giuridiche dettando NORME SU NORME.

modulo III : "le trasformazioni delle istituzioni pubbliche dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana

Le caratteristiche fondamentali dello Statuto Albertino

Viene concesso il 4 marzo 1848 da Re Carlo Alberto, Re di Sardegna, divenuto poi Costituzione del Regno di Italia nel 1861. Esso segna tutta la prima fase della nostra storia costituzionale rimanendo in vigore fino al 1948,anno dell'entrata in vigore della Costituzione.

Si presenta come un versione moderata dei principi enunciati durante la Rivoluzione Francese.

Caratteristiche dello statuto:

Costituzione "OTTRIATA":concessa ai Sudditi dal Sovrano, che fino ad allora aveva governato in veste di Sovrano assoluto, senza che la stessa fosse sottoposta ad alcuna verifica.

Ciò dimostra il voler accogliere parzialmente la democratizzazione dello Stato, ma nel quadro di un sistema che conservasse comunque al Sovrano un ruolo centrale.

Costituzione "FLESSIBILE": di grado pari alla legge ordinaria; lo Statuto era modificabile con un semplice procedimento legislativo ordinario,non offrendo nessuna garanzia di tutela ai cittadini; un meccanismo cioè che NON prevede alcun meccanismo giuridico di reazione nei confronti di possibili <<abusi>> del legislatore ordinario, e che affida ad esso la più ampia autonomia decisionale.

una MONARCHIA COSTITUZIONALE PURA, di tipo dualista, basata su 2 centri di potere:

i. il Sovrano;spetta al Re:

A-   nominare e revocare i "suoi" ministri;

B-   condivide il potere legislativo con Parlamento,attraverso il potere di sanzionare le leggi;

C-  nominare i membri del Senato;

D-  potere di scioglimento della Camera elettiva;

E-   è capo supremo dello Stato;

F-   ha il comando delle forze armate;

G-  esercita il potere estero

H-   previsione del Sovrano come organo irresponsabile, riversandosi la responsabilità degli atti regi sui ministri chiamati a controfirmarli.



ii. il Parlamento. Esso è formato:

Camera elettiva;

Senato, di nomina regia.

Ad esso spetta, insieme al Sovrano:

a)  il potere legislativo;

b)  la funzione di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato.

Lo Statuto da grande importanza ai diritti di libertà, cui è dedicato un intero titolo (<<diritti e doveri dei cittadini>>). ½ sono pochissime libertà garantite: in 9 articoli sommari, riferiti alle sole libertà individuali, quali quella di proprietà.

Fa poi rinvio alla legge per la definizione dei limiti al concreto esercizio dei diritti di libertà;lascia libero il legislatore di dare l'interpretazione, non trovando in esse alcuna limitazione.

Gli sviluppi della forma di governo: dalla monarchia costituzionale alla monarchia parlamentare

La forma di Governo disegnata dallo Statuto doveva presto scontrarsi con la sua inadeguatezza rispetto alle trasformazioni politiche e sociali che andavano diffondendosi. Ciò si tradusse in una progressiva erosione dei poteri regi a favore del binomio Governo-Parlamento, attraverso la previsione espressa dal voto di Fiducia o sfiducia. Esso rafforza il Governo rispetto al Parlamento, ma dall'altro lo rafforzava anche nei confronti del Sovrano. Da qui prende avvio una tendenza che porterà ad una maggiore estensione dei poteri del Governo, passando così ad una forma di governo incentrata sull'equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento, mentre il ruolo del Sovrano passa in secondo piano.

A questo cambiamento di forma di Governo si accomna la progressiva accentuazione della rilevanza politica del Presidente del Consiglio.

Ciò è testimoniato anche dall'espansione dei suoi poteri normativi, i quali tendono ad investire la sfera della formazione primaria,mediante il ricorso a decreti legge ed ai decreti legislativi.

La legislazione elettorale: dal criterio censita rio al suffragio universale maschile

Il carattere censitario di questo periodo finisce per ridurre fortemente il carattere rappresentativo della Camera elettiva. La legge elettorale adottata nel 1848 consentì l'esercizio di voto ad una percentuale non superiore al 2% della popolazione.

Una prima novità si ha solo nel 1877, quando il diritto di voto viene esteso ai cittadini di sesso MASCHILE che avessero raggiunto la MAGGIORE età e che avessero adempiuto l'obbligo scolastico ( = tre classi elementari ), non si superò comunque il 7% della popolazione.

Con le leggi elettorali del 1912 e del 1919 si arriva all'introduzione del suffragio elettorale maschile:

quella del 1912 consente l'esercizio del diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile con più di 30 anni, nonché ai maggiorenni che sapessero leggere e scrivere o avessero prestato servizio militare.

La legge del 1919 estende il diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile che abbiano raggiunto la maggiore età. Essa introdusse per la prima volta un sistema elettorale di tipo PROPORZIONALE.

Bisogna però attendere il1945 perché si avveri la piena affermazione del principio di suffragio universale anche Femminile.

La costruzione di un modello accentrato e l'accantonamento dell'ipotesi regionalista

Già durante il periodo cavouriano l'amministrazione statale era andata conformandosi secondo un modello ACCENTRATO di derivazione francese: esso faceva perno:

A-  al centro sui Ministri;

B-  sul piano locale sui Governatori delle Provincie, i quali rappresentano il Governo e al tempo stesso sono a capo delle amministrazioni provinciali;

C-  sui Sindaci, scelti anch'essi dal Governo tra i membri dei consigli comunali.

Vi era un rigido sistema di controlli sia di legittimità che di merito sugli atti degli enti locali.

Anche dopo l'Unità si scelse di mantenere questo assetto politico, espandendolo a tutte le altre regioni italiane ( ciò è risposta delle leggi di unificazione amministrativa del Regno ).

In questo contesto si ha un significativo riordinamento degli organi ausiliari del Governo e quelli giurisdizionali:

Consiglio di Stato come organo di consulenza giuridico amministrativa del Governo;

Corte dei Conti organo di controllo esterno sugli atti di spesa del Governo stesso;

Giudici con una posizione di autonomia, nei confronti dei quali il Governo mantiene tuttavia una serie di poteri;

Vi è la nascita del sistema di giustizia nell'amministrazione, ossia di un sistema che consente al singolo di chiamare l'amministrazione a rispondere delle eventuali illegittimità commesse nell'esercizio delle sue funzioni davanti a un giudice ordinario. Nel 1889 si avrà un'ulteriore risposta a questo nell'istituzione della:

IV Sezione del Consiglio di Stato, con il compito di decidere quelle controversie che avessero ad oggetto anche la violazione di altre posizioni soggettive, tutelate con minore intensità dall'ordinamento. Si tratta di un giudice speciale.

Negli stessi anni si assiste ad un primo allargamento dell'autonomia degli enti locali territoriali, un accrescimento quantitativo degli apparati pubblici, nonché una loro progressiva differenzazione.

Accanto alle tradizionali strutture ministeriali, cominciano a nascere:

le prime AZIENDE PUBBLICHE, dotate di autonomia gestionale e finanziaria;

i primi ENTI PUBBLICI NAZIONALI (es. INA ), in grado di operare secondo modalità analoghe a quelle dell'impresa privata, sia pure secondo gli indirizzi e sotto la vigilanza ministeriale.


La legislazione ordinaria in tema di diritti e libertà e i rapporti tra Stato e Chiesa

La disciplina dei diritti di libertà nello Statuto Albertino si limita ad una enunciazione di tali diritti, lasciando al legislatore ordinario la disciplina dei limiti al loro concreto esercizio.

Ciò avviene soprattutto per le libertà personali: la legislazione di pubblica sicurezza di questo periodo e quella penale si caratterizzano come estremamente severe nella prevenzione e repressione dei reati,ma anche dei comportamenti ritenuti antisociali o pericolosi per il sistema politica,con una vastissima attribuzione di poteri decisionali agli organi di polizia. Ciò portò a delle resistenze tra coloro che vedevano l'espansione della discrezionalità dei poteri un sostanziale svuotamento di tali garanzie.

Grazie a queste resistenze cominciarono a registrarsi le prime modifiche in senso liberale sul piano della legislazione penale ( es. codice penale Zanardelli del 1889 ) e si diffuse una sempre più presa di coscienza circa l'impossibilità di uscire dalle difficoltà sociali e politiche esistenti senza un effettivo rispetto delle libertà affermate dallo Statuto.

Tutela della libertà religiosa: lo Statuto sembrava preurare uno Stato confessionale; in realtà immediatamente dopo la sua entrata in vigore, si sviluppò una legislazione ispirata all'opposto della laicità dello Stato, che puntava a ridurre le differenze giuridiche nella tutela delle diverse confessioni religiose; un conflitto che il nuovo Stato aveva cercato di sanare con l'approvazione della LEGGE DELLE GUARENTIGIE (legge 349/1871), con la quale si intendeva garantire il libero esercizio delle funzioni del Pontefice e della Santa Sede, ma che viceversa era destinato a durare ancora a lungo, per il rifiuto del Papa di accettarne i contenuti, ritenuti insufficienti.

8. le caratteristiche fondamentali della Costituzione repubblicana

La nuova Costituzione si conura come un sistema costituzionale radicalmente difforme da quello che aveva trovato espressione nello Statuto Albertino.

Nuovo è il fondamento di legittimazione dello Stato:

art 1.2 Cost.<< la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione >> = PRINCIPIO DELLA SOVRANEITA' POPOLARE. Esso sta ad indicare che NESSUN organo di governo potrà avere una legittimazione autonoma all'esercizio delle massime funzioni statuali, ma dovrà poter contare su una legittimazione proveniente dal popolo l'unico che è in grado di attribuire l'esercizio ad altri soggetti.

( Gli organi costituzionali = Presidente della Repubblica, Parlamento, Governo e la Corte Costituzionale )

Tutti gli organi che hanno un rapporto più o meno diretto con il popolo ( = organi rappresentativi ) hanno:

il compito di determinare gli obiettivi della politica nazionale nel quadro dei principi costituzionali ( = organi titolari della funzione di indirizzo politico );

sono indispensabili al corretto funzionamento del sistema costituzionale ( = organi necessari );

non possono, se non in casi necessari, essere sostituiti nell'esercizio delle loro funzioni ( = organi indefettibili ).

La scelta preliminare è stata quella di conurare tutta una serie di diritti e doveri individuali e collettivi e di regole di funzionamento delle istituzioni.

Il ruolo dello Stato si riassume:

A in una funzione strumentale di GARANZIA

A di pieno sviluppo dei valori personalistici e comunitari dei cittadini.

L'articolo 2 Cost. afferma che << la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità >>, facendo riferimento a tutti gli uomini, individuati come portatori di valori individuali e sociali preesistenti alla stessa organizzazione statuale.

L'ultima comma affianca ai << diritti inviolabili >> i << DOVERI INDEROGABILI di solidarietà politica, economica e sociale >>.

Il primo comma dell'articolo 3 Cost. riprende e ribadisce il principio liberale dell'eguaglianza di TUTTI i cittadini, dotati di << pari dignità sociale >>, ed << eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,  di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali >>.

Il secondo comma esprime il SUPERAMENTO dello Stato liberale a favore dello Stato sociale,, prescrivendo che << è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese >>.

Tutto ciò comporta l'inserimento di diritti sociali, concepiti come diritti ad un impiego di pubblici poteri ad operare, in positivo, per il raggiungimento di condizioni di maggiore giustizia e di più equo sviluppo. (si tende a favorire i ceti sociali più deboli )

Nel quadro di una Costituzione rigida e garantista, si giustifica la previsione di conseguenti ed adeguate tecniche giuridiche a tutela delle situazioni di libertà individuali e collettive ( = varie riserve di legge ).

Vi sono però molte più libertà garantite, in particolare emergono le libertà collettive che in precedenza erano state ignorate. Si ha l'attribuzione di veri e propri poteri ad alcune essenziali formazioni sociali, di cui si riconosce un ruolo incomprimibile ( Es. la famiglia ).

L'articolo 1 Cost., definendo l'Italia come << una Repubblica fondata sul lavoro >>, individua nel lavoro, inteso come contributo che ciascuno dà al progresso materiale e culturale alla società, il valore sociale primario.

Il rapporto tra Stato ed economia, ovvero i principi della Costituzione economica, toccano i rapporti di lavoro e in particolare riconoscono oltre alla libertà sindacale (Art 39 Cost.), ma anche il diritto di sciopero (Art. 40 Costi). In secondo luogo, quelli che attengono da un lato la disciplina dei diritti di proprietà e di libera iniziativa economica, dall'altro la disciplina dell'intervento diretti dei pubblici poteri nell'economia;nel riaffermare la tutela di tali diritti, ne consente varie limitazioni a fini sociali:

L'articolo 42.2 Cost. Riconosce e garantisce la proprietà privata, ma ne consente una disciplina legislativa che ne assicuri la funzione sociale e ne favorisca l'accesso al maggior numero possibile di soggetti.

L'articolo 41 Cost. afferma la libertà di iniziativa economica privata, ma contestualmente non solo vieta che essa possa essere esercitata in contrasto con l'utilità sociale, con la sicurezza e la libertà e dignità umana, ma prevedere anche che essa possa essere indirizzata e coordinata dalla legge al raggiungimento di fini sociali.

Quanto all'intervento dello Stato nell'economia la linea di fondo è quella volta all'istituzione di un sistema MISTO, nel qual iniziative pubbliche e private, nell'ambito dei programmi generali fissati dal legislatore, contribuiscano al perseguimento delle finalità di riequilibrio e sociale indicate dall'art 3.2.

Un intervento dello stato non visto come obbligatorio, ma come facoltativo, così come disposto dall'articolo 43 Cost.,ove si afferma che, per fini di utilità generale, la legge può riservare allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese.

Per quanto riguarda "Ordinamento della Repubblica",esso viene trattato solo nella seconda parte (artt. Da 55 a 139), preceduta dai "Principi fondamentali" (artt. 1 a 12), e dalla prima parte, dedicata ai "Diritti e doveri dei cittadini" (artt. 13 a 54).

Si ha un autorevole sistema statale centrale, un articolato e forte sistema di autonomie regionali e locali; al primato degli organi rappresentativi della volontà popolare, il ruolo davvero autonomo degli organi di giustizia costituzionale ed ordinaria.

Accanto alle disposizioni che segnano il nostro sistema politico come un sistema rappresentativo, vi sono altre disposizioni che disciplinano alcuni importanti strumenti di democrazia diretta, quali l'istituto dell'iniziativa legislativa popolare e il Referendum.

I partici politici vengono intesi come strumento di permanente partecipazione dei cittadini all'elaborazione ed attuazione della politica nazionale, nonché nella riserva alle forze sindacali del potere di disciplinare, mediante la contrattazione collettiva, aspetti essenziali del rapporto di lavoro.

Al sistema politico centrale si affiancano i sistemi politici regionali o locali, introdotti sia al fine di adeguare meglio l'amministrazione pubblica alle tante e diverse esigenze locali, sia al fine di arricchire il quadro istituzionale attraverso la formazione di sedi di mediazione degli interessi più ravvicinati ai cittadini.

La grande concentrazione di poteri tipica dello Stato contemporaneo trova un suo bilanciamento, oltre che nel sistema delle forze politiche, nel ruolo autonomo e nelle funzioni degli organi giudiziari.

La Costituzione ha introdotto notevoli novità in riferimento:

alla garanzia di indipendenza della magistratura ordinaria;

al Consiglio superiore della magistratura, un nuovo organo prevalentemente rappresentativo degli stessi magistrati, ma formato anche da soggetti designati dal Parlamento e presieduto dallo stesso Presidente della Repubblica.

Al tempo stesso il divieto di istituzione di giudici straordinari o speciali, diversi da quelli esplicitamente previsti dalla Costituzione, contribuisce a rafforzare la garanzia dell'effettività del giudice e riduce il rischio di disfunzioni.

Tutto il sistema costituzionale trova nell'istituzione e nei poteri della Corte costituzionale lo strumento di garanzia fondamentale del rispetto della legalità costituzionale. I suoi poteri di giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato e delle Regioni, di risolvere conflitti di attribuzione che sorgono fra i supremi poteri dello Stato o fra Stato e Regioni, di giudicare sulle eventuali responsabilità penali del Presidente della Repubblica.

Si è scelto per una forma di governo di tipo parlamentare razionalizzata e parzialmente corretta dalla previsione di alcuni poteri, affidati ad altri organi costituzionali, incidenti sul funzionamento e sui poteri del Parlamento.

Ad esso vi è però posto un freno rappresentato dal Presidente della Repubblica e da suoi particolari compiti (es. scioglimento anticipato delle Camere).

Un ulteriore elemento caratterizzante della Costituzione repubblicana è rappresentato dalla particolare apertura internazionalista che essa manifesta (Art. 10 Cost. che afferma la subordinazione dell'ordinamento giuridico nazionale alle norme internazionali generalmente riconosciute), nonché dall'esplicita adesione al principio pacifista, in base al quale l'Italia << ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali >> (Art. 11 Cost.); principio che impegna l'Italia, in nome della pace e della giustizia tra le Nazioni, a consentire delle limitazioni di sovranità che a questo fine si rendessero necessarie, nonché a favorire le organizzazioni internazionali rivolte alle stesse finalità.

È sulla base di questi principi che l'Italia ha chiesto ed ottenuto di far parte dell'ONU ( = Organizzazione delle Nazioni Unite )ed ha svolto un ruolo da protagonista nella formazione della Comunità Europea.

Costituzione rigida e apertura internazionalista sono gli elementi sui quali si realizzo il "COMPROMESSO" tra le tre grandi correnti ideologiche che animarono il dibattito in Assemblea Costituente:

Ideologia cattolica;

Ideologia marxista;

Ideologia che si rifaceva alla tradizione laico- liberale prefascista.

Si tratta di un compromesso che appare come il frutto di un lungo confronto di ampio respiro, a volte anche molto aspro, che aveva al centro le sorti future del Paese.

Dall'entrata in vigore della Costituzione ad oggi, il testo originario ha subito numerose modifiche, in gran parte puntuali ( = relativa a specifiche disposizioni), alcune di portata ampia, relative ad interi Titoli.

Tra le prime:

I. Modifiche all'Art 48 Cost., in ordine al voto degli Italiani all'estero ( legge Cost. 1/2000 ;

II. Dell'art. 51 Cost., in ordine alle pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive ( legge Cost. 1/2003);

III. Dell'art .56 Cost., in ordine alla composizione della camera ( Legge Cost. 2/1963 e legge Cost.1/2001);

IV. Dell'art 57 Cost., in ordine alla composizione del senato ( Legge Cost. 2/1963 legge Cost.1/2001);

V. Dell'art. 60 Cost., in ordine alle immunità dei membri del Parlamento (legge Cost. 3/1993);

VI. Dell'art 79 Cost., in ordine alla disciplina dell'amnistia e dell'indulto (legge Cost. 1/!992);

VII. Dell'art 88 Cost., in ordine ai poteri del Presidente della Repubblica nell'ultimo semestre del suo mandato ( legge Cost. 1/1991);

VIII. Dell'art 96 Cost., in ordine ai reati ministeriali (legge Cost. 1/1989);

IX. Dell'art 111 Cost., in ordine alla disciplina del giusto processo (legge Cost.2/1999)

X. Dell'art 134 Cost., in ordine alle competenze della Corte costituzionale (legge Cost. 1/1953 e legge Cost. 1/1989).

Tra le seconde:

Riforma del Titolo V ( le Regioni, le Provincie e i Comuni ) operata con la legge Cost. 1/1999 e la legge Cost. 3/2001);

La riforma dell'intera seconda parte della Costituzione, approvata in seconda lettura dal Parlamento il 16 novembre 2005, la quale toccava i profili importanti della forma di Governo e di Stato.

quanto alla forma di governo, la riforma si proponeva di rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio ( cui venivano conferiti i poteri di revoca e nomina dei Ministri, il potere di chiedere lo scioglimento anticipato delle Camere);quanto alla forma di Stato, si sommavano competenze legislative regionali esclusive e forti condizionamenti centralistici, cui si aggiungeva la trasformazione del Senato in una Camera federale. La legge di riforma è stata respinta dal corpo elettorale con il referendum tenutosi il 25 e 26 giugno 2006.



modulo IV: "L'Italia e l'Unione Europea"

La nascita dell'Unione Europea

Il processo di integrazione europeo prevede avvio agli inizi degli anni '50 con la nascita delle tre "comunità" europee originarie (prima la Ceca e poi successivamente la Cee e la Ceea o Euratom), le quali avevano finalità economiche, ma anche un obiettivo politico preciso: quello di scongiurare il rischio del riprodursi in Europa delle condizioni di conflittualità che avevano portato a 2 conflitti mondiali.

A questo risultato si pensava di arrivare partendo dalla creazione di un MERCATO COMUNE, attraverso una progressiva eliminazione delle barriere allora esistenti, al fine di garantire la libera circolazione delle merci, la libera circolazione dei lavoratori dipendenti, il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, la libera prestazione di servizi, la libera circolazione dei capitali.

Da allora l'integrazione è andata sempre più intensificandosi,grazie alla stipula di una serie di contratti che modificavano quelli precedenti; trattati che operavano in un duplice senso:

a) Verso un progressivo allargamento dei poteri delle istituzioni comunitarie (con conseguente depotenziamento dei singoli Stati membri);

b) Verso una sensibile modifica dell'originario impianto istituzionale delle Comunità e delle regole decisionali che prescindono alla loro azione.

Le tappe principali:

A. TRATTATO DI BRUXELLES DEL 1965:

Realizza una forma di coordinamento tra le 3 comunità riunificandone gli esecutivi;

Si dà vita ad una sola Commissione europea ed ad un unico Consiglio;

Si vara un unico bilancio europeo.

B. ATTO UNICO EUROPEO DEL 1986:

prevede l'eliminazione di un gran numero di barriere ancora esistenti alla libera circolazione;

amplia le competenze delle istituzioni comunitarie a nuovi settori ( ricerca scientifica, ambiente . );

contiene nel preambolo l'intento espresso di voler dar vita ad un'Unione Europea, quale forma istituzionale di una più intensa cooperazione tra gli Stati membri non solo economica,ma anche politica;

istituzionalizzazione del Consiglio europeo, quale organo nel quale maturano le grandi scelte di indirizzo politico;

potenziamento del ruolo del Parlamento europeo nell'ambito dei processi decisionali;

avvio della cooperazione europea in materia di politica estera.

C.    TRATTATO DI MAASTRICHTI (trattato dell'Unione Europea) del 1992:

rappresenta la tappa decisiva in vista della nascita dell'Unione Europea;

Si procede ad un ulteriore ampliamento dell'area degli interventi delle istituzioni europee;

Si procede al rafforzamento di alcune politiche comunitarie di particolare rilievo ( in materia di coesione economica e sociale);

Si dà il via alla cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza (PESC);

Si dà il via alla cooperazione in materia di giustizia e affari interni (GAI);Essi rappresentano il secondo e terzo pilastro su cui regge,l'U.E.

Si pongono le basi per l'introduzione della moneta unica europea (EURO) e per l'istituzione di una Banca centrale europea, quale organo di decisione in materia di emissione della moneta e di controllo della liquidità, allo scopo di garantire la stabilità dei prezzi all'interno del mercato unico.

Introduce novità istituzionali quali il Comitato delle Regione e delle autonomie locali;

Introduci tra i principi ispirato il principio di sussidiarietà ( in base all'art 5 del testo coordinato del Trattato di Maastricht e del Trattato istitutivo della comunità europea, la Comunità europea è legittimata ad agire ne settori che non sono di sua esclusiva competenza, <<soltanto nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati Membri e posso essere realizzati meglio a livello comunitario>>. Si tratta di un principio importante che dovrebbe funzionare da freno all'ampliamento dell'area degli interventi comunitari, a tutela delle competenze degli stati membri.

Viene introdotta la nozione di cittadinanza europea, attraverso la quale si punta a rafforzare i diritti che ciascuno Stato membro è tenuto a riconoscere ai cittadini degli Stati della Comunità.

D.    TRATTATO DI AMSTERDAM DEL 1997:

Ulteriore valorizzazione della cittadinanza europea con:

l'inserimento tra i compiti fondamentali delle Comunità del perseguimento dell'uguaglianza tra uomini e donne:

della protezione delle persone fisiche in ordine alla raccolta e trattamento dei dati personali;

Alcune modifiche alla forma di Governo comunitaria, attraverso un'estensione e una semplificazione delle complesse procedure medianti le quali il Parlamento europeo partecipa al procedimento legislativo;

Particolare rafforzamento della politica sociale europea, attraverso:

il riconoscimento del tema dell'occupazione come questione di interesse comune;

potenziamento degli strumenti di intervento dell'Unione in questo settore.

Progressivo ampliamento dei membri della Comunità:dai sei paesi fondatori:

Belgio

Francia

Germania

Italia

Lussemburgo

Olanda.

si è passati all'Europa dei 15:

Belgio

Francia

Germania

Italia

Lussemburgo

Olanda

Regno Unito

Irlanda

Danimarca

Grecia

Sna

Portogallo

Austria

Finlandia

Sa

E nel 2004 all'Europa dei 25.

E. TRATTATO DI NIZZA DEL 2001:

Modifiche relative al rafforzamento degli interventi dell'Unione nei settori della politica estera, di sicurezza e di difesa;

Rafforzamento degli interventi in materia di cooperazione rafforzata ( quella che nel quadro dei principi del Trattato, può essere decisa da due o più Stati membri );

Modifiche alla forma di governo comunitaria:

Nuova composizione del Parlamento Europeo e della Commissione;

Nuova ponderazione dei voti per le decisioni del Consiglio;

F. TRATTATO DI ATENE DEL 2003 ( Trattato di adesione ):

il 16 aprile 2003 p stato sottoscritto ad Atene il Tratto di adesione tra i 15 Stati Membri dell'Unione Europea e i 10 Stati che entrano a farne parte:

Cipro,

Estonia,

Lettonia,

Lituania,

Malta,

Polonia,

Repubblica ceca,

Slovacchia,

Slovenia,

Ungheria.

Esso concludendo il lungo iter che ha portato all'ingresso nell'Unione di questi Paesi, contiene:

alcuni adattamenti a Trattati vigenti;

serie di disposizioni transitorie, volte a facilitarne l'ingresso dei nuovi Stati membri.


La forma di governo

Quando si parla di forma di governo comunitaria si fa riferimento all'aspetto relativo alla composizione e alle funzioni degli organi tra i quali i trattati ripartiscono i poteri ceduti degli Stati membri.

Dell'apparato istituzionale comunitario fanno parte dei comitati che svolgono compiti istruttori o consultativi:

a) CONSIGLIO EUROPEO

è composto dai Capi di Stato o di Governo; formalizzato a partire dall'Atto unico europeo del 1986k rappresenta il centro di indirizzo politico della Comunità: spetta ad definire gli orientamenti generali e stimolare il processo di costruzione dell'Unione.

Esso svolge un ruolo preminente soprattutto in ordine alle decisioni da assumere nel quadro del secondo e terzo pilastro. Delle sue riunioni (almeno 2 all'anno) esso riferisce al Parlamento europeo

b) PARLAMENTO EUROPEO

Originariamente era composto da membri designati dal Parlamento degli Stati membri. Dal 1979 è organo ad elezione diretta: i suoi membri, che durano in carica 5 anni, vengono ancora eletti sulla basi di leggi elettorali nazionali. A ciascuno Stato membro spetta un numero di seggi diverso, calcolato in rapporto alla popolazione. Con il Trattato di adesione sono stati redistribuiti i seggi tra i 25 Stati ( per l'Italia il n è 78) per un totale di 732 membri.

I compiti del Parlamento erano al'inizio solo consultivi,ma si sono andati progressivamente rafforzando. Privo di un proprio potere di iniziativa legislativa, il Parlamento è ora in grado di in decidere sul contenuto degli atti normativi comunitari,attraverso l'esercizio di un potere di emendamento che, in certi casi, può arrivare fino all'arresto ( = potere di veto )del procedimento stesso.

Ha importanti poteri in materia di bilancio della Comunità ( la cui adozione finale spetta appunto al Parlamento ).

Ha poteri di controllo sulla Commissione Europea, e poteri relativi alla conclusione di accordi internazionali tra la Comunità e i Paesi terzi.

In seguito al Trattato di Amsterdam si è riconosciuta al Parlamento europeo la possibilità di raccordare i propri lavori sia con l'attività svolta dal Comitato delle Regioni e delle autonomie locali, sia con quella dei Parlamenti nazionali, attraverso la Conferenza degli organi parlamentari specializzati in affari comunitari (COSAC), nonchè il potere di approvare le nomine del Presidente della Commissione.

c) COMMISSIONE EUROPEA

è l'organo esecutivo. È composto da 20 membri nominati dai Governi degli Stati membri, i quali durano in carica 5 anni ed operano in regime di assoluta indipendenza degli Stati, dai quali non possono ricevere né istruzioni, né direttive.

Con il Trattato di adesione si è stabilito che a partire dal 1 novembre 2005 e fino al 31 ottobre 2009, la Commissione sia composta da un membro per ciascuno Stato membro ( per l'Italia due, come per gli stati più grandi ). A partire da questa data, è previsto che il numero di membri della Commissione si riduca e si applichi un principio di rotazione tra gli Stati membri.

Il Parlamento è chiamato ad esprimere la sua approvazione sul Presidente della Commissione designato di comune accordo dai Governi degli Stati membri, ma anche sull'intera composizione dell'organo, previa audizione dei singoli commissari designati.

Ha il compito di esercitare una serie molto consistente di poteri:

Poteri di iniziativa e di stimolo nei confronti delle altre istituzioni comunitarie: tra questi è importante il potere di iniziativa in ordine agli atti normativi comunitari;

Poteri di esecuzione: ha il compito di assicurare la corretta esecuzione di tutte le decisioni assunte a livello comunitario, nonché quello di curare, in questo ambito, la gestione del bilancio comunitario;

Poteri di controllo: ad essa spetta garantire che sia gli Stati membri, sia i privati adeguino i propri comportamenti agli obblighi derivanti dall'adesione alla Comunità, potendo a questo scopo attivare poteri ispettivi, e nel caso di riscontrata infrazione, chiamare i soggetti inadempienti a rispondere davanti ala Corte di giustizia;

Poteri sanzionatori: in certi casi la Commissione dispone di poteri sanzionatori diretti nei confronti delle imprese o dei privati che abbiano violato gli obblighi derivanti dal diritto comunitario.

d) CONSIGLIO DEI MINISTRI:

è l'organo che detiene la quota più consistente del potere decisionale, soprattutto in materia di normazione: "legislatore comunitario".

È presieduto a rotazione,ogni 6 mesi, da un rappresentante degli Stati membri ed è composto dai Ministri ( o da soggetti di livello ministeriale, designati dal proprio Governo) degli Stati membri competenti per materia di volta in volta posto l'oggetto di discussione.

Esso delibera secondo la regola dell'unanimità, si avvale dell'esercizio delle sue funzioni del Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), composto da rappresentanti degli Stati membri aventi il rango di Ambasciatori, cui spetta il compito di preparare e istruire i lavori del Consiglio.

In conseguenza dell'allargamento dell'Unione, il Trattato di adesione ha stabilito una nuova ponderazione dei voti, con la quale le deliberazioni devono essere assunte a maggioranza qualificata ( all'Italia spettano 29 voti ) e fissano la soglia di validità di tali deliberazioni ( 232 Stati membri, se oggetto è una proposta della Commissione; 232 voti purchè rappresentino il voto favorevole dei 2/3 degli Stati, negli altri casi).

e) GLI ORGANI DI CONTROLLO E DI GIUSTIZIA

La CORTE DEI CONTI: è composta da 15 membri, che dovranno passare a 25 nominati,per 6 anni, dal Consiglio, sentito il Parlamento; esercita il controllo sulla gestione finanziaria della comunità, redigendo al riguardo una relazione annuale che vale, come punto di riferimento per il Parlamento;

La CORTE DI GIUSTIZIA: è composta anch'essa da 15 membri che dovranno diventare 25, per 6 anni, dai Governi degli Stati membri; è l'organo cui spetta il duplice compito di assicurare la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie, nonché il rispetto del diritto comunitario sia da parte delle autorità statali, sia da parte dei privati. Ad essa possono ricorrere gli Stati membri quando ritengono che un atto comunitario sia illegittimo; le istituzioni comunitarie contro uno Stato che abbia violato i suoi obblighi comunitari; i privati; i giudici nazionali che si trovino a dover applicare una norma internazionale che sia di incerta interpretazione. Nel dicembre del 2000 a Nizza si è istituita una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. La Carta non è inserita nei trattati e non ha valore giuridico.

Il TRIBUNALE DI PRIMO GRADO: istituito nel 1988 che ha competenza più ristretta rispetto la Corte e le cui sentenze sono applicabili davanti alla medesima.

Il COMITATO DELEL REGIONI E DELLE AUTONOMIE LOCALI: organo rappresentativo dei livelli diversi di governo locale presente negli Stati membri, che è dotato di poteri solo consultativi.


I poteri delle istituzioni comunitarie

Sono i poteri che la comunità è in grado di esercitare. Si tratta di:

A-    POTERI NORMATIVI:

ve ne sono di ampi, e che sono andati progressivamente ad estendersi grazie al verificarsi di due fenomeni concorrenti:

L'interpretazione estensiva che le istituzioni comunitarie hanno inteso dare alle competenze che loro i trattati attribuiscono;

Lo sviluppo delle stesse disposizioni formali dei trattati.

Questi poteri normativi sono esercitati attraverso:

Le DIRETTIVE: atti normativi che fissano, in una determinata maniera, degli obiettivi, dei risultati che devono essere raggiunti dagli stati membri lasciando questi ultimi liberi di scegliere i mezzi più idonei al loro conseguimento. Di regola ad una direttiva comunitaria fa seguito un intervento del legislatore nazionale che deve dare attuazione al contenuto della direttiva. Questo strumento è previsto quando si è ritenuto opportuno lasciare al legislatore nazionale un margine di intervento discrezionale.

I REGOLAMENTI atti normativi comunitari che, in genere, non richiedono un ulteriore intervento dei legislatori nazionali,poiché contengono una normativa AUTOSUFFICIENTE,che non richiede altro che essere applicata. L'adozione di questo è previsto per certe materie, ma non per tutte, a significare la gradualità che i trattati hanno inteso mantenere. La caratteristica principale è rappresentata dal fatto che esse producono direttamente i loro effetti all'interno dell'ordinamento giuridico degli Stati membri: essi devono obbligatoriamente essere osservate sia dai soggetti pubblici, sia da quelli provati. È quella che l'art.189 del Trattato CEE chiama la "diretta applicabilità degli atti normativi comunitari". Perché questo atto si verifichi è necessario che l'atto sia legittimi.


B-    POTERI AMMINISTRATIVI:

in genere il compito di attuare sul piano amministrativo il diritto comunitario spetta alle amministrazioni nazionali. Però rientra anche tra i compiti della Commissione europea quello di assicurare che tale attuazione sia effettiva. Questa attività viene svolta mediante l'esercizio di poteri amministrativi di controllo, decisione, ispezione e sanzione. In esso, la Commissione si avvale dell'attività consultiva di comitati composti dai rappresentati degli Stati membri, e dell'attività istruttoria e di supporto dei propri uffici, che operano in contatto con le amministrazioni nazionali coinvolte nelle politiche comunitarie.


C-   POTERI IN CAMPO MONETARIO:

il Trattato di Maastricht prevedeva che il sistema della moneta unica prendesse il via col 1.gennaio. 1999, una volta che gli stati membri avessero provveduto a ridurre le distanze tra le loro situazioni economiche, nel rispetto di quattro parametri predeterminati, relativi a:

l  Tasso di inflazione;

l  Livello del debito pubblico;

l  Stabilità del tasso ufficiale di cambio nei confronti delle altre monete europee;

l  Tasso di interesse sui titoli a lungo termine.

Questa fase si è oggi conclusa e con una decisione del maggio 1998 del Consiglio Europeo sono stati ammessi fin dall'inizio 12 dei 15 Stati membri, tra cui l'Italia. Il sistema è dotato di un suo apparato istituzionale di governo centrato sulla BCE. Gli organi al vertice di questa Banca sono:

l   Il Consiglio direttivo, composto dai Governatori delle banche centrali nazionali e dai membri del Comitato esecutivo, cui spettano le decisioni di indirizzo;

l   Dal Comitato esecutivo, composto da 6 membri nominati di comune accordo dai Governi degli Stati membri, con il compito di dare attuazione alle decisioni del Consiglio;

l   Il Presidente, nominato sempre dai Governi degli Stati membri tra i membri del Comitato esecutivo.

Tra i poteri della BCE, oltre a quello di autorizzare l'emissione di banconote all'interno della Comunità, vi è anche quello di emanare dei regolamenti che hanno la stessa efficacia degli atti normativi adottati dalle altre istituzioni comunitarie.

La BCE opera in un regime di assoluta indipendenza, sia nei rispetti dei Governi nazionali, sia rispetto alle stesse istituzioni comunitarie.

La BCE ha anche l'obiettivo della stabilità dei prezzi, che può essere conseguito solo attraverso il concorso con le decisioni della banca delle scelte in materia di politica fiscale e in materia di spesa pubblica facenti capo alle autorità politiche comunitarie e nazionali.

D-   POTERI GIUDIZIARI:

Sono esercitati dal Tribunale di 1°grado e dalla Corte di giustizia,i quali assicurano che gli atti e i comportamenti adottati dalle istituzioni comunitarie siano legittimi: a tale scopo è previsto un ricorso per l'annullamento dell'atto in questione.

Essi poi valgono ad assicurare il pieno e uniforme rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri: a questo scopo è preordinato il ricorso per infrazione o inadempimento promosso dalla Commissione o da uno Stato membro.

Essi assicurano anche un risarcimento del danno a chi, persona fisica o giuridica, abbia subito un pregiudizio dall'attività svolta da un organo comunitario.



E-    POTERE ESTERO:

si ha solo in alcune materie espressamente previste dai trattati. La Comunità in tali ambiti ha il potere di stipulare accordi internazionali che, una volta sottoscritti, vincolano al loro rispetto tutti gli Stati membri. Il progressivo allargamento d'azione in politica estera, di sicurezza comune e di difesa ha portato all'affidamento al Segretario del Consiglio il compito di svolgere le funzioni di "Alto rappresentante".

F-    POTERI IN AMBITO PESC E GAI:

nel quadro della cooperazione in materia di politica estera e sicurezza comune e in materia di giustizia e affari interni; in questi campi si operano con poteri e procedure decisionali speciali.

In assenza di un potere normativo,le decisioni assunte in quest'ambito divengono azioni comuni di posizioni comuni;

A    Le azioni comuni impegnano l'Unione ad un intervento diretto, mirato alla soluzione di uno specifico problema;

A    Le posizioni comuni impegnano gli Stati membri ad adottare politiche nazionali conformi alla posizione comune assunta.

Sono decisioni prese per lo più all'unanimità.

Il nuovo Trattato costituzionale europeo

Con la dichiarazione di Laeken del 15 dicembre 2001, il Consiglio europeo ha avviato una nuova fase del processo di integrazione, che ha assunto un carattere costituente.

Si ha chiamato un'apposita Convenzione (rappresentativa degli Stati, del Parlamento europeo, della Commissione europeo e dei Parlamenti nazionali), e gli è stato affidato il compito di predisporre un progetto di un nuovo Trattato,da approvare in sede di Consiglio europeo;un mandato che investiva l'intera U.E.

Il trattato varato a Bruxelles dal Consiglio europeo il 18 giugno 2004, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, ora aspetta la ratifica dei 25 Stati membri.

Esso è destinato a sostituire tutti i Trattati europei precedenti.

Oltre a razionalizzare il contenuto dei vecchi Trattati,introduce delle novità:

Attribuzione all'UE della personalità giuridica;

Inserimento di norme di principio sui diritti e della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, con conseguente maggiore riconoscimento dei diritti tutelati e rafforzamento del vincolo di rispetto dei medesimi da parte dell'UE;

Definizione dei criteri di riparto di competente tra Unione e Stati membri, attraverso una competenza esclusiva della Comunità per un numero limitato di ambiti e d una competenza concorrente per un numero più cospicuo;

Disciplina di un sistema delle fonti normative europee basato su leggi europee e leggi quadro europee, distinte dagli atti non normativi;

Riconduzione ad un unico sistema decisionale anche dei due pilastri della politica estera e della difesa comune;

Rafforzamento del ruolo politico del Presidente del Consiglio europeo,eletto per un periodo di due anni e mezzo;

Istituzione di un Ministro degli Affari esteri dell'Unione, con il compito di coordinare l'azione esterna dell'Unione, e quest'ultima con l'azione esterna dei singoli Stati membri;

Rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo nell'esercizio dei poteri normativi, attraverso un aumento delle procedure di codecisione, nonché in materia di bilancio attraverso l'affidamento all'Assemblea dell'ultima parola in riguardo;

Accentuazione del rapporto fiduciario tra Commissione e Parlamento: il Presidente della Commissione, proposto dal Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni per il Parlamento, viene eletto da quest'ultimo; gli altri membri della Commissione, anch'essi designati dal Consiglio d'intesa con il Presidente, sono soggetti collettivamente all'approvazione parlamentare insieme al Presidente del Ministro degli affari esteri, che fa parte di diritto della Commissione;

Riduzione del n° delle decisione per le quali è richiesta l'unanimità

La definizione di un nuovo sistema di voto a doppia maggioranza( la cui entrata in vigore si prevede per il 2009), il quale prevede che le decisioni siano assunte da almeno il 55% degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65%della popolazione complessiva.

Per l'entrata in vigore del Trattato si richiede la ratifica da parte di tutti i 25 Stati membri; si prevede anche che se nel termine di due anni dalla sua sottoscrizione ( cioè entro il 2006) solo i 4/5 degli Stati abbiano provveduto alla ratifica (dovrebbero essere quindi 20), ogni decisione sulla sorte del Trattato viene conferita al Consiglio europeo.

I riflessi sul sistema costituzionale della partecipazione dell'Italia all'UE

Il Trattato di Maastricht ha portato molti paesi dell'UE alla modifica della Costituzione in base ai nuovi principi adottati nella Comunità Europea; ciò è avvenuto anche in Italia.

Ciò è avvenuto però solo attraverso semplici leggi ordinarie attuate di volta in volta.

a.    Sul piano della forma di governo, si deve registrare un progressivo rafforzamento del ruolo del Governo che viene visto come dominante della partecipazione dell'Italia all'UE ( il Parlamento infatti non sa molto delle decisione del Governo in sede comunitaria);

b.    Sul piano delle grandi scelte di indirizzo politico, solo una parte significativa del potere estero dello Stato e ogni scelta di politica economica risultano vincolate a decisioni assunte in sede comunitaria;

c.    Sul piano della legislazione, intere materie non sono più nella disponibilità del legislatore nazionale, essendo stabilmente passate nell'area decisionale della Comunità; ciò vale sia per il Parlamento che per le regioni, in ordine ai quali esse sono chiamate a dettare una normativa di dettaglio, di applicazione e adattamento alle realtà regionali di scelte normative di carattere generale e operate a livello europeo;

d.    Sul piano dell'amministrazione, si assiste al crescete fenomeno per cui organi amministrativi operano in rispetto dei regolamenti o delle direttive comunitarie;

e.    Sul piano della giurisdizione, il giudice italiano è obbligato ad applicare le norme comunitarie direttamente applicabili e non le norme italiane, nel caso in cui la materia della controversia sia disciplinata da entrambe le fonti. La "legge" della Comunità prevale automaticamente su quella del legislatore nazionale.

modulo XI: "regioni ed enti locale"

Il regionalismo e l'amministrazione locale nella Costituzione del 1948

L'ordinamento regionale e locale sta ora cambiando profondamente in seguito a 3 leggi costituzionali:

i. Legge Cost. 1/1999;

ii. Legge Cost. 2/2001;

in. Legge Cost. 3/2001.

Esse hanno cambiato molto del preesistente TITOLO V della seconda parte della Costituzione ed alcune parti degli statuti speciali, ponendo le premesse per molti interventi.

Molti provvedimenti attuativi di questa riforma non sono stati adottati e quindi continua a restare in vigore buona parte della legislazione precedente.

Le scelte costituzionali sullo spazio riservato alle autonomie locali, nel sistema delle istituzioni pubbliche, contribuiscono a definire la forma di Stato e condizionano il modello di amministrazione pubblica.

Nel testo costituzionale del 1948, le disposizioni costituzionali più espressive si ritrovano negli artt. 5 e 114 Cost.

L'art. 5 Cost. da una parte si afferma il principio dell'unità ed indivisibilità della Repubblica, dall'altra si ne individuano come valori costituzionali l'autonomia locale e il decentramento amministrativo;a proposito delle Autonomie locali la Repubblica le riconosce e le promuove.

L'art. 114 Cost. ( ora è mutato dalla legge del 2001) affermando che << la Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e comuni >> individuava questi enti come articolazioni necessarie del complessivo ordinamento su un territorio.

Nella Costituzione rimane il modello di un'amministrazione locale in cui convivono ed operano sul medesimo territorio più enti pubblici, a seconda del riparto tra loro delle diverse funzioni amministrative nelle differenziate materie. Ciò significa che esistono funzioni proprie dello Stato ed altre delle Regioni e degli enti locali e che, di regola, convivono sul medesimo territorio.

Un'altra scelta è stata quella del riconoscimento agli enti locali sia di autonomia che di autarchia:

v  Autonomia: si intende il riconoscimento agli enti locali del potere di determinare autonomamente, seppure nel rispetto dei limiti della legge, le loro regole di organizzazione e d'azione.

Questo riconoscimento risponde ad una maggiore adeguatezza dell'azione amministrativa ai problemi che è chiamata a risolvere ed al notevole arricchimento che ne può derivare sul piano degli strumenti di partecipazione dei cittadini alla vita politica;

v  Autarchia: ci si riferisce al fatto che l'ente locale, per operare, adotta veri e propri provvedimenti amministrativi di tipo autoritativo, che non presentano alcuna diversità rispetto a quelli adottati dagli organi statali.

Altre motivazione a favore di un rafforzamento sostanziale dell'amministrazione locale derivano dall'esigenza di risolvere i problemi di sovraccarico a cui andrebbero altrimenti incontro le strutture amministrative statali, dinanzi alla straordinaria espansione delle funzioni pubbliche.

Non di rado però si ritiene opportuno o necessario ce il soggetto destinatario di tali funzioni disponga di una legittimazione democratica, derivante dalla comunità locale direttamente interessata.

Ente locale territoriale da ente pubblico locale ( = avente semplicemente una sfera di azione locale,ma non rappresentativo del corpo elettorale locale).

Accanto agli enti locali territoriali si trovano enti pubblici locali dotati di autonomia funzionale ( es. Università ), chiamati ad esercitare alcune funzioni pubbliche.

L'Assemblea Costituente non fu in grado di sottoporre a riforma la legge comunale e provinciale e neppure a revisionare i territori degli enti locali

Art. 128 Cost. ( ora abrogato) individuava nelle "leggi generali della Repubblica le fonti abilitate a determinare i soli principi in tema di organizzazione di Comuni e Provincie,in modo da lasciar loro un sufficiente spazio normativo autonomo, nonché a definirne le rispettive funzioni.

La creazione delle Regioni, come enti le cui competenze sono costituzionalmente garantite, dotate di poteri legislativi e del potere di partecipazione all'esercizio di alcune funzioni statali, era concepita in vista di un loro,sperato, rafforzamento.

Gli enti locali mantenevano intatto il loro ruolo amministrativo, pur all'interno delle materie di loro competenza, e le Regioni venivano esplicitamente impegnate dalle fonti costituzionali a delegare agli enti locali altre funzioni amministrative fra quelle che ad esse spettavano.

Gli artt. 125 e 130 Cost. ( ora abrogati ), nel disciplinare i controlli sugli atti delle Regioni ed enti locali, sottraevano questa funzione ai preesistenti organi statali e trasformavano radicalmente il controllo di merito sulle delibere degli enti locali

Le maggiori innovazioni intervenute per attuare la disciplina costituzionale e le linee di fondo delle recenti modificazioni costituzionali

La stessa Assemblea costituente approva gli statuti speciali di quattro delle cinque Regioni ad autonomia particolare:

Sardegna;

Sicilia;

Trentino Alto Adige;

Valle d'Aosta.

Mentre per il Friuli Venezia Giulia si attendeva la soluzione del problema della definizione del confine orientale ( solo nel 1963 verrà adottato il suo statuto).

Il Parlamento eletto nel 1948 dimostra di non voler procedere in tempi brevi all'istituzione delle Regioni ad autonomia ordinaria e non si arriva all'elezione dei Consigli regionali se non dopo un anno dall'entrata in vigore della Costituzione.

Questo ritardo ( le prime elezioni per i Consigli regionali si avranno nel 1970 ) avrà come conseguenze:

o   Le regioni ad autonomia particolare finiscono per apparire enti del tutto atipici e quindi le loro funzioni vennero ridimensionate dall'azione degli organi dello Stato centrale;

o   La legislazione attuativa delle disposizioni costituzionali relative alle diverse autonomie regionali risulta ispirata alla volontà di restringere quanto previsto negli statuti speciali per le Regioni ad autonomia particolare e nella Costituzione per le Regioni ad autonomia ordinaria.

Norme di attuazione degli statuti speciali trasferiscono alle Regioni funzioni molto ridotte e condizionate.

Per quanto riguarda le Regioni ad autonomia ordinaria, le modifiche attuate dalla legge 62/1953, hanno visto molte disposizioni ce disciplinano con analiticità i contenuti degli statuti di queste Regioni e che subordinano alla previa adozione di apposite "leggi cornice" da parte del Parlamento, il futuro esercizio del potere legislativo regionale.

A sua volta, la legislazione in materia di enti locali resta in sostanza quasi immutata rispetto all'ordinamento precostituzionale.

È solo con la legislazione che si ha nel 1970, che precede e segue le elezioni dei Consigli delle Regioni ad autonomia ordinaria,che tutta la situazione cambia:



nella legge 281/1970 si sostituisce la disposizione relativa alla necessità della previe esistenza delle leggi cornice, con un'altra che ammette la possibilità dell'esercizio della potestà legislativa regionale di tipo concorrente ove si rispettino i principi legislativi deducibili dalle disposizioni vigenti;

con la legge 1084/1970 in parte si abrogano ed in parte si dichiarano solo momentaneamente vigenti tutte quelle disposizioni, contenute nella legge 62/1953 che miravano a condizionare le scelte statuarie delle regioni.

Il rivendicare il ruolo delle Regioni corrisponde a due eventi:

I. l'approvazione parlamentare degli statuti delle Regioni ordinarie, adottati dai consigli regionali con contenuti imprevisti e innovativi;

II. delega legislativa al Governo per l'adozione degli atti necessari per il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative, dei relativi apparati e dei mezzi finanziari, diviene oggetto di un confronto politico generale.

Il parziale trasferimento di funzioni operato con gli undici decreti legislativi del 1972 viene giudicato insoddisfacente già che con la legge 382/1975 si prevede il completamento di questo processo di trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali, fissando più precisi limiti sostanziali e procedimentali all'esercizio da parte del Governo del potere legislativo delegato.

In questo contesto:

va affermandosi una forte linea di riduzione del grado di autonomia riconosciuta alle Regioni;

emerge la contrazione dell'autonomia regionale conseguente all'attività normativa della CEE, l'autonomia legislativa regionale viene ridotta ad opera delle norme di trasferimento e delle stesse leggi di principio adottate dal Parlamento;

al tempo stesso, si crea con legge un nuovo strumento di limitazione all'autonomia regionale rappresentato dal potere governativo di indirizzo e di coordinamento dell'attività amministrativa regionale;

si costruisce un sistema di finanziamento delle Regioni fortemente dipendente dalle determinazioni nazionali;

resta irrisolta la conflittualità con gli enti locali;

permane la carenza di moduli funzionali di accordo fra Regioni ed organi centrali dello Stato.

Le riforme hanno cominciato a concretizzarsi con la riforma della legislazione relativa agli enti locali tramite la legge 142/1990, che ha abrogato larga parte dei testi normativi del periodo liberale e di quello fascista che continuavano a disciplinare il settore. Questa riforma si è completata con l'adozione del testo unico in materia.

Alcune riforme in tema di amministrazione regionale e locale sono state introdotte dalle:

legge ordinaria 59/1997;

legge ordinaria 127/1997;

legge ordinaria 191/1998.

In parallelo si procede a modificare prima una parte e poi l'intero Titolo V della Costituzione e ad innovare significativamente anche gli statuti speciali.

Con la legge cost. 1/1999, relativa alle Regioni ad autonomia ordinaria e con la legge 2/2001, relativa alle Ragioni ad autonomia straordinaria, si è modificata la fonte statuaria dell'autonomia delle Regioni ordinarie e si è introdotta anche nelle altre Regioni qualcosa di analogo tramite la previsione di una loro speciale legge sulla forma di governo regionale.

Contemporaneamente si è proceduto ad introdurre l'elezione diretta dei Presidenti regionali e l'elezioni dei consiglieri regionali mediante un sistema elettorale di tipo proporzionale corretto da un premio di maggioranza, salva la possibilità delle Regioni di disporre in modo difforme tramite i loro statuti e la loro legislazione elettorale.

Alla fine della XIII legislatura si è arrivati a modificare completamente il Titolo V della Costituzione, che introduce novità in ambito dell'ordinamento e nelle funzioni delle Regioni. La legge cost. 3/2001, approvata a maggioranza assoluta, ed entrata in vigore nel novembre del 2001,dopo lo svolgimento del referendum popolare richiesto ai sensi dell'art.138 Cost. e che ha avuto un esito ad essa favorevole.

Fra le molte innovazioni vi è quella contenuta nell'art. 114 Cost. secondo la quale << la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato >>, poiché per la 1°volta i diversi enti pubblici rappresentativi vengono posti in una posizione di parità, senza una gerarchizzazione.

In esso si mantiene la distinzione fra Regioni ad autonomia ordinaria, disciplinate dalla costituzione,e le Regioni ad autonomia speciale, il cui assetto è disciplinato dai rispettivi statuti speciali approvanti mediante leggi costituzionali.

Una delle modifiche più rilevanti consiste nel netto superamento del precedente criterio di riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni ad autonomia ordinaria; per il nuovo art. 117 Cost., lo Stato mantiene competenza esclusiva in 17 materie o gruppi materie, mentre in altre 19 materie si ha la legislazione concorrente fra Stato e regioni, nel senso che lo Stato mantiene solo il potere di "determinazione dei principi fondamentali"; in tutte le residue materie " spetta alle regioni la potestà legislativa.

Il seconda comma dell'art. 117 enumera fra le competenze legislative esclusive dello Stato <<legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane>>, la concreta determinazione di quali funzioni amministrative nelle diverse materie verranno attribuite ai vari enti locali spetterà al legislatore statale o regionale a seconda delle loro rispettive competenze legislative nei diversi settori; per lo spazio proprio dei regolamenti degli enti locali, il sesto comma dell'art. 117 affida la <<disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite>>.


L'innovativa previsione del quinto comma dell'art.117di poteri regionali in tema di attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea è accomnato dalla previsione che il legislatore nazionale determinerà anche <<le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza>>.


Nel primo comma del nuovo art. 123 Cost. si tratta di sistema di elezione e di determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità << del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali >>. In questo ambito, le Regioni dovranno anche cercare di dare attuazione al principio di rimuovere << ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive>>. Con questa riforma sono le Regioni che dispongono in generale del potere legislativo e regolamentare, salvo che nelle materie di esclusiva competenza legislativa dello Stato.

Il nuovo articolo 127 Cost. parla del controllo statale sulle leggi regionali che si limita ai soli dubbi di legittimità costituzionale e diviene successivo, poiché il Governo può ricorrere alla Corte costituzionale solo dopo la pubblicazione della legge regionale, salvo che nelle materie di esclusiva competenza legislativa dello Stato.

Innovazioni significative si hanno anche nel versante dei rapporti con l'UE e con i soggetti esteri: si afferma che tutte le Regioni e le Provincie autonome, nelle materie di loro competenza, partecipano alla fasi relative agli accordi internazionali ed ad atti dell'UE.

Ciascuna regione,sempre nelle materie di sua competenza, può <<concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati dallo Stato>>.

Nel nuovo art. 118 Cost. si afferma, in via di principio,la tendenziale attribuzione ai Comuni dell'esercizio e della titolarità delle funzioni amministrative, <<salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Provincie, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base del principio di sussidiarietà, differenzazione ed adeguatezza>>.

Sempre nell'art. 18, si fa riferimento anche al principio di sussidiarietà cosiddetta orizzontale, là dove si afferma che <<Stato, Regioni, Città metropolitane,Provincie e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini,singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base de principio di sussidiarietà>>.

Il nuovo art. 119 cost. prevede che la legge statale debba garantire sia agli enti locali che alle regioni "Autonoma finanziaria di entrata e di spesa". Due le categorie fondamentali di finanziamento indicate, che nel loro complesso devono consentire di "finanziare integralmente le funzioni pubbliche" di questi enti:

tributi propri;

tecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio;

proventi derivanti da <<un fondo perequativo,senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante>>.

Nel nuovo testo del titolo V vengono abrogate le precedenti disposizioni costituzionali che disciplinavano i controlli amministrativi sugli atti delle Regioni e sugli atti degli enti locali e quella che prevedeva l'istituzione del Commissario del Governo.

Nel secondo comma dell'art. 120, si disciplina un ampio potere sostitutivo del Governo nazionale rispetto a Regioni e enti locali <<nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l''incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela de livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili o sociali>>

La riforma ha stabilito che i regolamenti delle Camere possano prevedere la partecipazione alla Commissione parlamentare bicamerale per le questioni regionali di rappresentanti regionali e locali, prevedendo che il parere negativo di quest'ultima Commissione, così integrata, sulle leggi cornice e sulle leggi in tema di finanza regionale e locale possa essere superata solo dal voto a maggioranza assoluta delle assemblee parlamentari.

Questa riforma appare però inattuata.









Gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale

L'art. 116 Cost. riserva apposite leggi costituzionali l'adozione di statuti speciali che garantiscono<<forme e condizioni particolari di autonomia>> alla Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige,Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta.

Ciò trova la sua origine nella necessità di differenziare questo tipo di regioni da tutte le altre per rispecchiare i caratteri peculiari di ciascuna; una decisione necessitata dalle concrete vicende storiche.

Sul piano giuridico l'autonomia di ciascuna di queste regioni è definita da un apposita legge costituzionale = STATUTO SPECIALE, fonte normativa statale, alla cui adozione e revisione, la Regione interessata non dispone sul piano formale che del proprio potere di iniziativa legislativa a livello nazionale.

La disciplina contenuta in essi contiene anche previsioni di speciali istituti attuativi, come le norme di attuazione, che tendono a privilegiare il rapporto tra queste regioni e il Governo.

Sono norme di pari livello, ma dotate di specialità. Le disposizioni statuarie prevalgono su quelle costituzionali, salvo che vengano in gioco principi fondamentali.

Sono comuni a tutte queste regioni le forme di partecipazione all'esercizio delle funzioni statali: ciascun Consiglio regionale dispone dell'iniziativa legislativa, delegati nominati dai Consigli regionali partecipano all'elezione del Presidente della Repubblica; possono chiedere che si svolgano i referendum; possono ricorrere ala Corte Costituzionale a tutela delle proprie competenze, sia in sede di giudizio di costituzionalità sulle leggi, che in sede di conflitto di attribuzione..

Nell'art.132 Cost. è permessa la Fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove; ciò è possibile:

Popolazione minima di un milione di abitanti;

Attraverso un'apposita legge costituzionale, ma solo dopo un procedimento assai complesso;

Deve esserci la richiesta di Consigli comunali che <<rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate>>;

Un apposito referendum approvato dalla <<maggioranza delle popolazione;

Parere dei Consigli regionali interessati.

Negli ultimi anni le differenze tra i due tipi di Regione si sono attenuate. Gli elementi che contribuiscono sono:

v Le nuove disposizioni previste dall'art.123 Cost. per l'approvazione degli Statuti delle regioni ordinarie in seguito alle modifiche della l. cost. 1/1999 in cui la nuova procedura attribuisce a ciascuna regione la completa autonomia nell'adozione del proprio Statuto;

v Una quasi totale coincidenza tra le materie che possono legiferare entrambi le regioni, in seguito alla riforma operata con l. cost. 3/2001;

v L'ultimo comma aggiunto all'art 116 consente alle Regioni a statuto ordinario di <<negoziare con lo Stato forme e condizioni particolari di autonomia che incidono, sul piano amministrativo e finanziario>>, ma che possono estendersi al versante legislativo; attraverso tale meccanismo alcune Regioni a statuto ordinario potrebbero in futuro godere di un'autonomia pari a quelle delle Regioni a statuto speciale;

v La legge 2/2001 ha equiparato il sistema elettorale e la forma di governo provvisoria di tutte le regioni, e ha introdotto anche nelle regioni ad autonomia speciale una forma di autonomia statutaria interna;

v Vi è una nuova autonomia statutaria: sia le Regioni a statuto speciale che le Provincie autonome di Trento e Bolzano potranno adottare una speciale legge regionale, da approvare a maggioranza assoluta, per determinare la forma di governo regionale, in analogia con quanto si prevede per le Regioni a Statuto ordinario. Questa legge potrà essere sottoposta a previo referendum popolare su richiesta di frazioni del corpo elettorale o dei componenti del Consiglio e sarà impugnabile in via preventiva dal Governo entra 30 giorni dinanzi alla Corte costituzionale per motivi di legittimità costituzionale.

Tutti gli statuti speciali prevedono che le rispettive norme di attuazione siano poste in essere dal Governo, mediante speciali decreti legislativi. Il Governo però,può esercitare il suo potere solo dopo aver ottenuto il parere di un'apposita Commissione paritetica, formata da esperti designati dal Governo e dalle Regioni o Provincie interessate.

Tra i due tipi di regioni resta diverso il potere legislativo in tema di ordinamento degli enti locali.

Le regioni a statuto speciale dispongono di un potere legislativo di tipo primario -esecutivo.

Un altro aspetto della disciplina di queste regioni è costituito dai meccanismi di finanziamento delle attività regionali: gli statuti speciali prevedono più ampi e garantiti canali di finanziamento; esistono però degli speciali canali di finanziamento anche per alcune regioni ad autonomia speciale ( in Sicilia e in Sardegna).

Fra gli elementi tipici più importanti ci son0o le disposizioni ispirate al rispetto e alla tutela delle minoranze linguistiche, che caratterizzano lo statuto del Trentino Alto Adige e lo statuto della Valle d'Aosta.

Nello statuto della Valle d'Aosta ci si limita a parificare la lingua francese a quella italiana nella pubblica amministrazione e nella scuola.

La tipicità dell'autonomia valdostana è in parte derivante dalle originarie attribuzioni di funzioni amministrative ad opera degli atti normativi del 1945/56, poi non contraddette dallo statuto del 1948: sono state così trasferite alla Regioni la maggioranza delle attribuzioni degli uffici periferici dello Stato e di un ente pubblico locale come la Camera di commercio; il presidente della regione svolge anche le funzioni prefettizie e gli organi regionali dispongono dei poteri di controllo sugli organi degli enti locali.

Nello statuto del Trentino vi sono due caratteristiche tipiche:

i. Il potere legislativo , amministrativo e finanziario, è suddiviso tra la Regione e le due Provincie autonome, e che queste ultime sono titolari della grande maggioranza di queste funzioni;

ii. Il Consiglio regionale è formato dalla sommatoria dei due Consigli provinciali e i consiglieri sono distinti a seconda dell'appartenenza ai rispettivi gruppi politici, ma anche a quelli linguistici.

La legge cost. 2/2001 non ha previsto l'elezione diretta del Presidente della Provincia di Bolzano ed ha prescritto che si adotti un sistema proporzionale per l'elezione dei consiglieri; l'elezione diretta potrà essere decisa solo da una legge approvata con la maggioranza dei 2/3 dei consiglieri provinciali


Gli statuti e l'ordinamento interno delle regioni ad autonomia ordinaria

È la Costituzione che li disciplina attraverso il Titolo V della sua seconda parte.

Particolarmente importante appare la fonte statutaria, mediante la quale la Regione determina autonomamente la propria organizzazione interna.

I testi statuari sono stati approvati nel 1970.

Le scelte si sono caratterizzate per:

o   un consistente rafforzamento della posizione del Consiglio regionale;

o   per la valorizzazione della collegialità della Giunta;

o   per un ruolo non significativo del Presidente regionale.

Parte di queste scelte sono poi state modificate dal nuovo sistema elettorale e costituzionale prevista dalla l. cost. 1/1999.

Innovative sono state le scelte in:

l  tema di attività ed organizzazione amministrativa:

I. prescrizione di alcuni requisiti per l'attività amministrativa regionale

II. previsione di istituti di partecipazione dei singoli e dei gruppi ai procedimenti amministrativi

III. creazione di ruoli unici del personale regionale, con previsione di forme di mobilità interne;

IV. possibilità di preporre, per periodi limitati, ai vertici delle strutture amministrative personale scelto dalla Giunta;

V. introduzione dell'istituto del Difensore unico come organo indipendente, incaricato di controllare, su istanza degli interessati, il regolare svolgimento dell'attività amministrativa regionale.

l  In tema di rapporti con enti locali,le disposizioni degli statuti regionali, esprimono la volontà di un'azione a sostegno di tali enti.

Agli enti locali sono riconosciuti:

Poteri incidenti sull'esercizio di funzioni regionali;

Potere di iniziativa legislativa;

Potere di richiedere referendum;

Potere di rivolgere interrogazioni;

Qualifica di soggetti privilegiati nei procedimenti di consultazione

Tutte le Regioni hanno manifestato la volontà di dare ampia attuazione alla direttiva di delegare funzioni amministrative agli enti locali.

l  Per la partecipazione popolare:

u  Adozione di istituti di democrazia diretta;

u  Estensione del referendum abrogativo anche ad una serie di provvedimenti amministrativi;

u  Tramite gli organismi rappresentativi del pluralismo sociale nelle fasi consultive nei procedimenti di formazione delle leggi o dei maggiori atti amministrativi regionali;

u  Fornire idonei supporti informativi.

Con la legge cost. 1/1999 muta notevolmente la fonte statutaria.

Lo statuto viene conurato come un particolare tipo di legge regionale, caratterizzato da un procedimento speciale di approvazione e di eventuale controllo:

La norma regionale deve essere approvata con maggioranza assoluta dei suoi componenti con due deliberazioni successive adottate in non meno di 2 mesi;

Il ricorso del Governo per sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale deve essere proposto entro 30 giorni dalla pubblicazione della 2° deliberazione consiliare;

Lo statuto è poi sottoposto a referendum popolare qualora entro 3 mesi dalla pubblicazione della 2° deliberazione consiliare ne faccia richiesta 1/50 degli elettori della Regione o 1/5 dei componenti del Consiglio regionale. In questo caso lo Statuto è promulgato solo se è approvato dalla maggioranza dei voti validi;

Scaduti i 3 mesi senza indizione del referendum. Lo Statuto viene promulgato e assoggettato alla pubblicazione necessaria ai fini della definitiva entrata in vigore.

L'art 123 cost. nella formulazione successiva, conferisce agli statuti natura giuridica di legge regionale atipica, in quanto approvate con procedura rinforzata e sovraordinata rispetto alle altre leggi regionali.

Lo statuto deve comunque porsi in armonia con la Costituzione ( = le disposizioni in esso contenuto devo rispettare puntualmente ogni disposizione contenuta nella Costituzione e rispettarne anche lo spirito).

Viene confermato il primato della disciplina statutaria rispetto l'ordinaria attività regionale; si parla di Statuto come fonte che <<determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento e regola l'esercizio del diritti di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione della pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali>>. Al tempo stesso, si conferma la subordinazione della funzione statutaria alla Costituzione.

Lo statuto è chiamato dal quinto comma dell'art 122 Cost. a scegliere se mantenere l'elezione a suffragio universale e diretto del Presidente regionale od optare per una soluzione di tipo parlamentare.

Alle determinazione statuarie spetta anche la scelta di prevedere la nomina di componenti della Giunta al di fuori dei consiglieri regionali e determinare la tipologia e la titolarità del potere regolamentare regionale.

I nuovi artt. 121 e 126 Cost. determinano direttamente alcune caratteristiche della forma di governo regionale:

h   Il Presidente della Regione appare rinforzato, poiché <<dirige la politica della Giunta e ne è responsabile>> e può essere sfiduciato dal Consiglio regionale solo mediante una mozione di sfiducia votata a maggioranza assoluta,salvo che lo statuto regionale disponga diversamente.

Secondo la l. 165/2004 il Presidente non è immediatamente rieleggibile allo scadere del secondo mandato; fino all'entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali, l'elezione del presidente della giunta regionale è contestuale al rinnovo dei rispetti Consigli regionali e si effettua con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali.

Il presidente detiene in sé 3 funzioni:

Rappresenta la Regione ed è titolare di un potere proprio ed esclusivo ogni qualvolta la regione deve esprimersi come ente unitario;

Presiede la Giunta

In alcune regione è capo dell'amministrazione regionale, con poteri diretti di governo dell'apparato amministrativo accanto alla Giunta e ai singoli assessori.

Le ipotesi di cessazione della carica di Presidente sono:

a.  Rimozione,dimissioni volontarie, impedimento permanente o morte del Presidente;

b.  Dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del consiglio;

c.  Mozione di sfiducia nei suoi confronti.

Il nuovo comma 4° dell'art 123 Cost., impone che lo Statuto regionale debba prevedere e disciplinare il Consiglio delle autonomie locali = organo rappresentativo degli enti locali presenti nella regione, conurandone i poteri di tipo consultivo e di stimolo nei confronti del Consiglio regionale o eventualmente anche della Giunta.

L'autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia speciale

La riforma del Titolo V differenzia i criteri di individuazione delle materie di competenza legislativa dei due tipi di regione:

_ alle regione ad autonomia ordinaria si applica la regola per cui le materie non enumerate in Costituzione sono di loro competenza:

_ alle regione ad autonomia straordinaria continua ad applicarsi il criterio precedente di competenza generale dello Stato, salvo le materie attribuite ai diversi istituti speciali alla competenza legislativa di ciascuna Regione o Provincia autonoma.

Le regione ad autonomia speciale dispongono in alcuni ambiti di un tipo di potestà legislativa che incontra limiti " esterni" alle materie espressamente elencate dagli statuti speciali;in altri settori dispongono invece, della potestà legislativa ripartita o concorrente, la quale spetta anche alle R. A. O.

Esiste un altro tipo di potestà legislativa, la potestà legislativa facoltativa - integrativa, che le R possono esercitare in materie di competenza statale, ma solo se e nella misura in cui la legge dello Stato permette alle R. la possibilità di adattarne il contenuto alle particolari esigenze locali. Essa dipende totalmente dalla volontà del legislatore statale.

I limiti generali alla potestà legislativa provengono, in parte da disposizioni esplicite degli statuti e dalla Costituzione, in parte si ricavano da interpretazioni delle disposizioni costituzionali.

Tali limiti operano come limiti di legittimità,in quanto delimitano l'ambito legislativo che spetta alla competenza statale e il loro rispetto è garantito dal controllo di costituzionalità operato dalla Corte costituzionale.

Limite di legittimità relativo al necessario rispetto dei confini delle materie di competenza regionale;

Limite territoriale: esso consiste nel fatto che la legge regionale non può che riferirsi a fenomeni, Attività o servizi relativi al territorio regionale o, a coloro che hanno un rapporto con il territorio regionale o lo abbiano avuto. In materia potrà incidere il nuovo ottavo comma dell'art 117 Cost. che legittima intese fra le Regioni <<per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni>>.

Limite costituzionale: la legge regionale non può derogare ad alcuna disposizione costituzionale.

Il primo comma dell'art 120 si riferisce anche all'attività legislativa delle Regioni. Esso cerca di impedire ogni limitazione alla circolazione di persone o cose e alla libertà dei cittadini di esercitare ovunque la loro attività professionale.

Altri limiti sono stati giustificati con riferimento ad alcune disposizioni costituzionali:

Divieto a disciplinare i rapporti di diritto privato, diritto penale e processuale.

Le riserve di legge in materia non possono essere interpretate che come riserve di legge statali.

Altri limiti generali sono esplicitamente previsti nelle disposizioni di alcuni statuti speciali, ma ritenuti estensibili alle altre ragioni:

h   Necessario rispetto dei principi delle grandi riforme economiche e sociali della Repubblica Il limite dei principi delle grandi riforme, risponde alla volontà di consentire, nelle materie di competenza regionale, che il legislatore nazionale possa procedere a profondi processi di riforma o riordino.

h   Principi generali dell'ordinamento giuridico costituiscono un limite dettato dall'esigenza di garantire che l'esercizio della potestà legislativa da parte delle R. non contraddica alcuni elementi di fondo, caratterizzanti il complessivo ordinamento giuridico.

h   Obblighi internazionali dello Stato trovavano fondamento in due presupposti.

Solo lo Stato può esprimere apprezzamenti di politica estera e stipulare accordi con soggetti di diritto internazionale;

Spetta solo allo Stato garantire l'esecuzione di tali accordi;

a lungo le Regioni non potevano disattendere l'accordo internazionale e gli organi statali dovevano dare ad essi piena ed integrale attuazione.

Qualche parziale attenuazione si era avuta con la previsione che le Regioni possono <<svolgere all'estero attività promozionali relative alle materie di loro competenza>>,previa intesa con il Governo; inoltre si era previsto che le Regioni possano stipulare alcuni accordi con gli enti locali del paese confinante; dal 1994 le regioni possono operare nell'area delle <<attività di mero rilievo internazionale>> e delle attività promozionali all'estero e dal 1996 una disposizione permette alle Re di istituire uffici di collegamento con le istituzioni europee.

La riforma del Titolo V ha introdotto alcune novità in quest'ambito, anche se viene comunque ribadita l'esclusiva competenza dello Stato in materia di <<politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'UE>>.

Il 5 comma dell'art 117 cost. garantisce a livello costituzionale che le Regioni e le provincie autonome nelle materie di loro competenza <<partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti comunitari>>. In attuazione a questa disposizione, l'art 5 della legge 131/2003 prevede che nelle materie di loro competenza legislativa, queste partecipino alle attività comunitarie di predisposizione normativa all'interno della delegazione governativa. La partecipazione regionale nelle delegazione è affidata a normative da adottare in Conferenza stato/regioni, e deve essere assicurata una presenza in esse delle regioni speciali e delle provincie autonome.

La legge 11/2005 prevede che tutti i progetti di atti comunitari, che riguardino materie di competenza regionale, vengano trasmessi alla Conferenza dei presidenti delle Giunte regionali e ai rispettivi Consigli. Su tali atti le regioni possono esprimere al Governo le loro osservazioni entro 20 giorni. Se una o più Regioni lo richiedono, il Governo convoca la Conferenza permanente Stato - regioni, al fine di raggiungere una posizione comune.

L'attuazione degli atti comunitari da parte delle Regione, il 5° comma dell'art 117 prevede che nelle materie di loro competenza, le Regioni <<provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso in inadempienza>>.

Le regioni possono dare diretta attuazione alle direttive comunitarie. In caso di inerzia regionale, lo Stato è abilitato ad intervenire con legge a dare attuazione alla direttiva: in questo caso la legge si applica in tutte le sue parti, a partire dal termine indicato nella direttiva.

Per l'attuazione e l'esecuzione diretta da parte regionale degli accordi internazionali, si prevede che le regioni debbano dare preventivamente la loro comunicazione al Ministro degli affari esteri ed alla presidenza del Consiglio dei Ministri, organi che entro 30 giorni possono formulare criteri e osservazioni. Si prevede anche che il Governo eserciti i poteri sostitutivi in caso di inadempienza.

Vi è anche la possibilità delle regioni di istaurare relazioni con soggetti appartenenti ad ordinamenti stranieri.

Per le intese con enti territoriali stranieri o per attività di mero rilievo internazione, si prevede che se ne dia preventiva notizia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero degli esteri, che entro 30 giorni possono fare osservazioni. Questi atti regionali però, non possono esprimere valutazioni relative alla politica estero dello Stato, né possono far sorgere impegni finanziari per lo Stato o danneggiare gli altri enti territoriali.

Gli accordi con Stati stranieri possono essere solo esecutivi di accordi internazionali già entrati in vigore. O accordi natura tecnico- amministrativa o accordi di natura programmatica nel rispetto degli indirizzi di politica estera italiana. Delle trattative e poi del progetto di accordo si deve dare tempestiva comunicazione al Ministro degli affari esteri e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal momento che questi devono accertare l'opportunità politica e la legittimità dell'accordo, conferire pieni poteri di firma alla regione, previsti dalla normativa internazionale in materia.

In tutti gi ambiti incidenti sui rapporti internazionali, il Ministro per gli affari esteri può sempre rappresentare alla regione o alla provincia autonoma questioni di opportunità inerenti alle attività di tipo internazionale, e in caso di dissenso chiedere l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo.

L'autonomia legislativa delle regioni ad autonomia ordinaria

Il nuovo primo comma dell'art 117 cost. afferma che la potestà legislativa regionale è esercitata <<nel rispetto della Costituzione, nonché nei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario degli obblighi internazionali>>.

Il secondo comma invece rende espliciti i limiti alla potestà legislativa regionale che in precedenza erano semplicemente dedotti.

Vi è una vera suddivisione del potere legislativo tra:

I.    Stato a cui spetta determinare solo i principi fondamentali della disciplina di quelle materie;

II.   Alle Regioni spetta esercitare il potere legislativo nel quadro di tali principi.

Nel passato la soluzione adottata era data dalle leggi cornice, ora sostituite dall'art 17 legge 281/1970 secondo cui <<l'emanazione delle norme legislativa da parte delle Regione nelle materie stabilite dall'art 117 cost. si svolge nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono dalle leggi vigenti>>. Ciò presenta dei limiti.

La previsione del nuovo sesto comma dell'art117 afferma che nelle materie di legislazione concorrente lo Stato non potrà esercitare il potere regolamentare, riservato esclusivamente alle Regioni.

Il quarto comma dell'art 117 secondo il quale <<spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato>>.

Il nuovo art 127 cambia il sistema di controllo sulle leggi regionali: si sono avvicinati i poteri delle regioni e del Governo nell'impugnazione in via diretta alla corte costituzionale delle fonti primarie

La regione può richiedere la revisione della legittimità costituzionale quando ritenga che una fonte primaria statala o di un'altra regione <<leda la sua sfera di competenza>>; nel primo caso può essere mantenuta la linea interpretativa secondo la quale lo Stato può contestare qualunque vizio di costituzionalità delle leggi regionali, nel secondo i vizi denunziabili appaiono solo quelli che producono una lesione della sfera di competenza della regione ricorrente o degli enti locali che vi operino.

Le regioni possono tutelare, ma in nodo non contradditorio con le scelte del legislatore nazionale, esigenze analoghe a quelle che legittimano competenze legislative esclusive dello Stato.


La corte costituzionale è però più volte ricorsa al primo comma dell'art 118 là dove si prevede che le funzioni amministrative, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, possano essere conferite allo Stato <<per assicurarne l'esercizio unitario>> = CHIAMATA ALLA SUSSIDIARIETA'

Essa avviene tramite una legge statale che ,eccezionalmente disponendo in materie che normalmente sarebbero di competenza regionale, attribuisce ad organi o ad enti statali alcune limitate funzioni amministrative. Alle regioni però deve aspettare,in nome della leale collaborazione,l'attribuzione di adeguati poteri di codecisione.

L'autonomia amministrativa delle Regioni ed i rapporti con gli enti locali

Agli enti locali venivano riservate le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale nelle materie di competenza regionale, al fine di salvaguardare la loro funzione di ente più direttamente rappresentativi delle popolazioni locali e sensibili alle loro esigenze.

L'individuazione delle funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale attribuite ai Comuni, Provincie ed altri enti locali era affidati alla legge della Repubblica, la stessa fonte che in generale era competente a determinare le funzioni di Comuni e Provincie.

Il grande ritardo con cui si è proceduto ad una riforma ha contribuito a far si che gli enti locali avessero mantenuto le loro funzioni, quali risultanti dalla stratificazione delle norme intervenute in materia del passato, e le regioni hanno visto introdotte le loro funzioni nei medesimi ambiti.

Al tempo stesso, nel precedente sistema, si prevedeva che la Regione esercitasse <<normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie,ai Comuni o ad altri enti locali>>.

Tutto ciò si è però modificato con il nuovo Titolo V:

Viene meno il potere di indirizzo e coordinamento;

L'attuazione dei trattati delle normative comunitarie nelle materie di competenza legislativa delle Regioni viene affidata alle Regioni;

Si ha una ssa dei controlli sugli atti amministrativi regionali, in conseguenza dell'abrogazione del precedente art 125:

Il ritaglio delle funzioni amministrative dipenderà dalle diverse leggi statali che intervengono.

Ciò mentre si introduce un tipo di controllo sostitutivo da parte del Governo particolarmente ampio, i cui presupposti non sono più solo i pericoli gravi per l'incolumità e la sicurezza pubblica, o il mancato rispetto di norme e trattati internazionali o delle normative comunitarie, ma anche la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica.

L'attuazione, data dai primi quattro commi dell'art8 della legge  131/2003 prevede che normalmente si provveda prima mediante una sollecitazione all'ente inadempiente da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri a provvedere; solo in caso di ulteriore inadempienza interviene il Consiglio dei Ministri che adotta i provvedimenti necessari. Solo in casi di assoluta emergenza il Consiglio può operare direttamente.

Modifiche significative riguardano:

la ssa dei controlli sugli atti degli enti locali, in conseguenza dell'abrogazione dell'art 130;

la diversa delimitazione dell'area di competenza amministrativa delle regioni, essendo venuto meno il precedente principio del parallelismo delle funzioni amministrative e legislative. A tale riguardo il primo comma del nuovo art 118 cost. opera  la scelta a favore della tendenziale competenza amministrativa generale dei Comuni; la definizione di eccezioni viene affidata alle leggi statali o regionali competenti per materia.

A seguito dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza vi è stato l'inserimento obbligatorio fra gli organi delle regioni ad autonomia ordinaria del Consiglio delle autonomie locali.

Ciò che accresce è il potere regolamentare, che, ai sensi del sesto comma dell'art 117 è di loro esclusiva competenza in tutte le materie nella quali dispongono di potere legislativo.

Il finanziamento delle Regioni

L'autonomia di ogni ente rappresentativo di una comunità presuppone che esso possa disporre di un'adeguata autonomia finanziaria.

<<i Comuni, le Provincie, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa>> e il riconoscimento che ciò avviene <<in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario>> (primo e secondo comma del nuovo art 119).

Con le disposizioni della legge 281/1970, la prima legge finanziaria regionale, al riconoscimento dell'autonomia tributaria, si sommava un FONDO COMUNE, alimentato dai proventi di alcune imposte erariali (= del tesoro dello Stato) e ripartito fra le Regioni in modo parzialmente eterogeneo, insieme ad un fondo per il finanziamento vincolato in diverse sub materie.

Il provvisorio punto d'arrivo è rappresentato dal D. Lgs. 56/2000, con il quale si prevede che il finanziamento delle Regioni debba essere assicurato da una tecipazione regionale alle entrate dell'IVA,da una limitata addizionale regionale all'IRPEF e da un'aliquota delle imposte sulla benzina.

La rideterminazione delle aliquote e delle tecipazione viene fatta tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza permanente.

A ciò è da aggiungere la permanenza di alcuni fondi settoriali, fra i quali emergono i fondi destinati al settore sanitario e dei servizi sociali; viene inoltre previsto un fondo perequativo nazionale, alimentato da una parte del gettito della tecipazione alle entrate dell'IVA e suddiviso fra le diverse regioni.

Il nuovo art 119 vede però la mancanza di novità in ambito degli enti locali, che vedono solo un riconoscimento di autonomia finanziaria, dal momento che il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche di ciascun ente dovrebbe essere garantito da tributi ed entrate propri e da tecipazioni a tributi erariali e dalla ripartizione di un apposito fondo perequativo a tutela delle aree con minori capacità fiscali per abitante. In più si prevede la possibilità che lo Stato dia finanziamenti speciali a singoli enti regionali o locali per i molteplici fini indicati nel quinto comma dell'art 119.

Gli organi di raccordo fra Stato e Regioni

Gli unici organi istituzionali che al momento operano in questo versante sono le CONFERENZE FRA STATO, REGIONI ED ENTI LOCALI

Esse sono state create solo negli ultimi anni.

La Conferenza Stato-Regioni ha trovato la sua prima disciplina legislativa nell'art 12 della legge 400/1988 = CONFERENZA PERMANENTE per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome.

Si tratta di un organo consultivo. È composto dai Presidenti delle Giunte delle regione e delle provincie autonome; esso è però presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato, che è titolare dei poteri di convocazione e di determinazione dell'ordine del giorno nella Conferenza.

Quest'organo ha assorbito le funzioni in precedenza svolte da alcuni organi collegiali misti. Alcune leggi e sentenze della Corte costituzionale gli hanno affidato qualche potere amministrativo.

Con il D. Lgs. 281/1997 si ha attuato una riforma della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome ed alla sua unificazione ( = conferenza unificata ), per le questioni di comune interesse, con la Conferenza Stato, città ed autonomie locali.

In questo atto normativo si stabilisce anche che le intese da definirsi in sede di Conferenza Stato-Regioni debbano essere conseguite entro 30 giorni dallo svolgimento della prima riunione nella quale sono poste all'ordine del giorno, altrimenti il Governo è legittimato a provvedere autonomamente con deliberazione motivata. In caso di urgenza il Governo può provvedere subito ed i provvedimenti adottati saranno successivamente sottoposti all'esame della Conferenza.

La disposizione costituzionale che esprime la supremazia degli organi statali su quelli regionali è quella relativa ai controlli sugli organi regionali: essi sono previsti dall'art 126 Cost., in parte modificato dalla legge 1/1999.

Essa disciplina la possibilità di procedere alo scioglimento anticipato del Consiglio regionale ed alla rimozione del Presidente della Giunta per aver<<compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge e per ragioni di sicurezza nazionale>>.

Allo scioglimento si procede mediante un decreto motivato, previo parere della commissione bicamerale per le questioni regionali, su proposta del Presidente del Consiglio e deliberazione dello stesso Consiglio dei Ministri.

Il nuovo art 126 non prevede più la nomina di un organo straordinario per l'amministrazione temporanea della Regione.

Le trasformazioni dell'amministrazione locale

Il TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI e l'attuazione delle LEGGI BASSANINI, hanno modificato in modo sostanziale l'amministrazione locale.

Si tratta di una legislazione che pone alcuni principi fondamentali da attuare da parte delle Regioni ma anche dagli stessi enti locali: le prime per ciò che riguarda il ridisegno territoriale degli enti locali e la specificazione delle loro funzioni; i secondi per le scelte che sono riservate ai loro statuti e regolamenti.

L'art 1 del d. lgs. 267/2000 chiede che le leggi relative agli enti locali debbano enunciare in modo espresso i principi che <<costituiscono limiti inderogabili per la loro autonomia normativa>>; inoltre si prescrive che le abrogazioni al testo unico siano espresse.

Vengono espressamente definiti nel Testo unico come enti locali i COMUNI, le PROVINCIE. Le CITTA' METROPOLITANE, le COMINITA' MONTANE, le COMUNITA' ISOLANE,le UNIONI DI COMUNI,alcuni dei CONSORZI fra gli enti locali.

Per ciò che attiene i Comuni meno popoloso si innalza a diecimila abitanti il limite minimo di popolazione per la costituzione di nuovi comuni e si prevedono una serie di agevolazioni per quelli che vogliano fondersi tra loro; si rafforzano le comunità montale e le unioni di comuni per la gestione associata di una serie di funzioni.

A livello di comuni maggiori, si prevede come obbligatoria la creazione, nei comuni con più di centomila abitanti, delle circoscrizioni di decentramento, organi direttamente rappresentativi della popolazione e titolari anche di poteri amministrativi e di gestione; nei comuni con pi di trecentomila abitanti si legittimano forme più accentuate di autonomia.

Si prevede che nelle aree metropolitane circostanti gli attuali comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli ( ciò può essere previsto anche nelle regioni ad autonomia speciale) la regione,<<su conforme proposta degli enti locali interessati>>, debba provvedere alla delimitazione dell'area metropolitana,intesa come l'area che comprende i territori del Comune maggiore e degli altri comuni <<i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, e alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali>>. All'interno di queste aree, si può produrre l'istituzione di una città metropolitana: è richiesta:

Un'identica deliberazione dei consigli comunali;

Referendum approvati nei comuni interessati;

Occorre la maggioranza assoluta degli elettori al almeno la metà più uno dei comuni interessati;

La determinazione finale è adottata con legge del Parlamento, su proposta della Regione interessata.

La città metropolitana è un tipo particolare di Provincia, dotata di alcuni poteri maggiori.

Una delle maggiori innovazione consiste nell'attribuzione alla legge regionale del compito di specificare le funzioni di Comuni e Province, definite solo in via generale dalla legge statale. La legge regionale è chiamata ad identificare <<nelle materie e nei casi previsti dall'art 117 gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio>>.

Tutte le funzioni e i compiti amministrativi dovrebbero essere attribuiti agli enti locali <<secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale>>.

Ciò porterà al progressivo superamento dell'uniformità amministrativa locale.

L'altra grande scelta deriva dall'attribuzione a Comuni e Provincie di un vasto potere normativo secondario in tema di disciplina della loro organizzazione dell'ente e delle forme della collaborazione fra comuni e province, dalla partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi; a queste materie corrisponde uno speciale procedimento di approvazione dello statuto ed una particolare forma di pubblicità.

I REGOLAMENTI degli enti locali, adottati nelle forme determinate dagli statuti, regolano << nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto, l'organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, il funzionamento degli organi e degli uffici e l'esercizio delle loro funzioni>>.

Il secondo comma del nuovo art 117 afferma che <<i comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite>>. Ciò significa che i regolamenti degli enti locali rappresentano una fonte non più negabile dal legislatore ordinario; che sia le leggi statali che regionali di disciplina delle materie che sul piano amministrativo vedono l'attribuzione di funzioni agli enti locali, non potranno dettare una disciplina così dettagliata da vanificare la loro potestà regolamentare.

L'organizzazione politica e amministrativa degli enti locali

Forme di governo degli enti locali:

u  COMUNI:

è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo;

gode di autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché di autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito del proprio statuto e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica

i. CONSIGLIO COMUNALE: è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, con competenza esclusiva relativamente ad alcuni atti fondamentali per la vita dell'ente. La consistenza numerica oscilla tra i 12 membri dei comuni, fino a 3000 nei comuni con più di un milione di abitanti;

ii. GIUNTA COMUNALE: compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non ricadano nelle competenze,previste dalla legge o dallo Statuto, del Sindaco o degli organi del Consiglio, riferisce annualmente a quest'ultimo sulla proprio azione e svolge attività propositive de di impulso nei confronti dello stesso;

in. SINDACO:è eletto a suffragio universale diretto, rappresenta il comune, convoca e presiede la Giunta e il Consiglio quando non è previsto un Presidente a sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. Esso nomina i componenti della Giunta e ne dà comunicazione al Consiglio. È l'organo responsabile dell'amministrazione e dura in carica 5 anni. di norma chi ha ricoperto 2 mandati consecutivi non è immediatamente rieleggibile,a meno che uno dei due mandati precedenti abbia avuta durata inferiore a 2 anni, sei mesi e un giorno per causa diversa dalle dimissioni volontarie;

iv. SEGRETARIO COMUNALE: è un funzionario pubblico, dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo e scritto ad un apposito Albo nazionale, previsto per ciascun Comune. Svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente,in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi , allo statuto e ai regolamenti; partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del Consiglio e della Giunta e ne cura la verbalizzazione; esercita le altre funzioni attribuitegli dallo statuto, dai regolamenti o dal Sindaco. Esso è posto in una posizione di vertice nella gerarchia dell'ente locale e sovraintende e coordina l'attività dei dirigenti,salvo il caso in cui sia stato nominato un direttore generale. In tal caso le funzioni di coordinamento dei dirigenti sono esercitate da quest'ultimo, restando al segretario la sua specifica funzione di garante della legalità e correttezza amministrativa e di notaio dell'amministrazione;

v. DIFENSORE CIVICO: organo facoltativo che può essere istituito allo scopo di tutelare i cittadini che vi si rivolgono per ottenere un intervento in occasione di rapporti con le autorità comunali;

vi. DIRETTORE GENERALE: il Sindaco e il Presidente della Provincia possono nominare,previa deliberazione della Giunta, un Direttore generale. Egli provvede ad attuare, secondo le direttive impartite dal Sindaco o dal Presidente, gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente. Per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti è prevista la nomina di un direttore generale "consortile" per la gestione coordinata e unitaria dei servizi tra i comuni.

u  PROVINCIE:

Essa è definita come ente locale intermedio tra Comune e Regione. Con il compito di curare gli interessi e promuovere lo sviluppo delle comunità provinciali. La riforma costituzionale del 2001, con la nuova formulazione dell'art 114 cost. pone le Province sullo stesso livello istituzionale degli altri soggetti che costituiscono la Repubblica e riconosce ad esse autonomia statutaria,regolamentare e finanziaria di entrata e di spesa.

I. CONSIGLIO PROVINCIALE: ha funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo;

II. GIUNTA PROVINCIALE: è l'organo esecutivo con competenza autonoma seppur residuale per tutto ciò che non è attribuito espressamente alla legge o dallo statuto agli altri organi; deve riferire annualmente al consiglio sulla propria attività;

III. PRESIDENTE DI PROVINCIA:rappresenta l'ente, convoca e presiede la Giunta e sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici,all'esecuzione degli atti e all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate alla Provincia. Esercita le funzioni attribuitegli dalle leggi,dallo statuto e dai regolamenti;

IV. SEGRETARIO PROVINCIALE:

V. DIRIGENTE PROVINCIALE;

VI. DIFENSORE CIVICO;

VII. DIRIGENTE GENERALE: il Presidente della Provincia può nominare un direttore generale, con funzioni di direzione e coordinamento dei dirigenti. In alternativa, può decidere di non nominare nessun dirigente generale oppure di attribuire questa qualifica al segretario provinciale, il quale mantiene le attribuzioni che gli sono proprie. Il direttore generale è nominato con atto discrezionale ed è legato all'ente da contratto a tempo determinato e in ogni caso per un periodo non superiore alla durata in carica del Presidente. L'incarico ha carattere fiduciario.

Alla provincia spettano le funzioni amministrative e di interesse provinciale che comprendono vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciali in determinati settori.

u  ASSOCIAZIONI E ARTICOLAZIONI DI COMUNI E PROVINCE:

ragioni storiche,geografiche e di efficienza amministrativa hanno indotto il legislatore ad individuare diverse formule di associazione o di articolazione interna di comuni e provincie. Ciò ha porta all'istituzione di:

MUNICIPI: nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere la loro istituzione nei territori della comunità d'origine o di alcune di esse. Statuto e regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni di tali organismi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto;

CIRCOSCRIZIONI COMUNALI: sussiste l'obbligo per i comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti o capoluogo di provincia, e la facoltà per i comuni con popolazione tra i 30.000 e i 100.000 abitanti, di deliberare il decentramento in Circoscrizioni. I compiti ad esse attribuiti sono quelli di:

Partecipazione;

Consultazione;

Gestione dei servizi di base;

Esercizio di funzioni loro delegate dai comuni.

Tali attribuzioni sono loro disciplinate dallo statuto comunale e da un apposito regolamento;

COMUNITA' MONTANE: sono unioni di Comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a provincie diverse, per la valorizzazione delle zone montane, per l'esercizio delle funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione di tale comunità avviene con provvedimento del Presidente della Giunta regionale; la comunità ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composto da Sindaci, assessori o consiglieri dei Comuni partecipanti.

Le norme su di esse si estendono anche alla COMUNITA' ISOLANA O D'ARCIPELAGO, che può essere istituita dai Comuni interessati in ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sardegna e della Sicilia, ove esistono più comuni.

UNIONI DI COMUNI:sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma con lo scopo di esercitare congiuntamente,ad un livello sovra comunale, una pluralità di funzioni di loro competenza. L'atto costitutivo e lo statuto sono approvati dai Consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Nell'individuazione degli organi le disposizioni statutarie devono prevedere il Presidente dell'Unione scelto tra i Sindaci dei comuni interessati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. Alle unioni si applicano i principi previsti per l'ordinamento dei Comuni;

CIRCONDARI PROVINCIALI: sono delle articolazioni territoriali della Provincia che essa può stabilire in base all'ampiezza e alle caratteristiche del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi;

CIRCOSCRIZIONI PROVINCIALI:nei casi in cui la dimensione territoriale di una provincia non sia adatta ad assicurare la funzionalità dei servizi e a garantire il soddisfacimento delle esigenze della popolare, si procede ad una modifica delle circoscrizioni provinciali, che rappresentano la suddivisione dell'ambito territoriale della Provincia individuandone le dimensioni e i confini, o all'istituzione di nuove provincie.

CONVENZIONI: grazie ai quali comuni e provincie possono decidere di svolgere in modo coordinato determinati servizi o funzioni, utilizzando le loro strutture organizzative;

CONSORZI: sono enti dotati di personalità giuridica per la gestione associata tra enti locali ed enti pubblici di uno o più servizi o funzioni; l'assemblea del consorzio è formata dai Sindaci dei comuni e dai Presidenti delle province aderenti o dai loro delegati, nonché dai rappresentanti degli altri pubblici aderenti


Permane la competenza degli organi statali in tema di controllo sugli organi degli enti locali: in questo settore, si distinguono le misure transitorie e definitive in tema di rimozione degli amministratori, da quelle relative allo scioglimento dei consigli comunali.

a) Scioglimento del Consiglio comunale e provinciale

Quando il consiglio compia atti contrari alla Costituzione;

Quando il consiglio compia gravi e persistenti violazioni di legge;

Per gravi motivi di ordine pubblico;

Quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi nei casi di:

Dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del Sindaco o del Presidente di Provincia;

Cessazione di carica, per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentanti al protocollo dell'ente. Dalla metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il Sindaco o il Presidente di provincia;

Riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

Mancata approvazione del bilancio nei termini di legge;

Nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra di 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi.

A queste si aggiungono:

Accertata infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso;

Omissione della deliberazione di dissesto finanziario;



Inosservanza del termine per la formulazione del bilancio riequilibrativo;

Mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco o del Presidente di Provincia.


b) Sospensione del consiglio provinciale e comunale:

nelle more del procedimento per scioglimento il Prefetto ha la facoltà di sospendere il Consiglio comunale e provinciale a condizione che ricorrano questi presupposti:

L'avvenuta attivazione della procedura per lo scioglimento ( la quale, di norma, viene attivata dal Prefetto medesimo mediante segnalazione della causa di scioglimento al Ministro dell'interno);

Motivi di grave e urgente necessità tali da rendere opportuna l'adozione del provvedimento di sospensione.


c) Rimozione e sospensione di amministratori locali:

il sindaco, il presidente di provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte e i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi con decreto del ministro dell'interno:

Quando compiano atti contrari alla Costituzione;

Per gravi e persistenti violazioni di legge;

Per gravi motivi di ordine pubblico.

In attesa del decreto di rimozione, il Prefetto può sospendere i menzionati amministratori qualora sussista grave e urgente necessità.

d) Controllo ispettivo:

è esercitato dal Prefetto, il quale può disporre ispezioni volte:

All'accertamento del regolare funzionamento dei servizi di competenza statale cui sovraintende il Sindaco ,quale ufficiale del Governo;

All'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.

Qualora, poi, il Sindaco o il suo delegato non adempia alle funzioni, il Prefetto può provvedere in merito attraverso la nomina di un commissario ad acta, con attribuzione delle spese a carico dell'ente locale.

Le funzioni degli enti locali ed il loro funzionamento

Il settore nel quale il nuovo sistema di amministrazione locale è ancora in attesa di una piena realizzazione, è quello della concreta attribuzione delle nuove funzioni ai vari enti locali.

Le leggi Bassanini hanno aperto la prospettiva di vasti nuovi conferimenti di funzioni e compiti agli enti locali, ed il nuovo art 118 prevede un'ulteriore fase di trasferimenti di funzioni.

Al Comune è stata riconosciuta la natura di ente a fini generali, legittimandolo ad intervenire in materia non riservata espressamente ad altri soggetti della legge, tramite strumenti privatistici, atti di spesa, iniziative politiche.

La provincia trova nelle funzioni dell'art19 d.lgs 267/200 una forte valorizzazione nei numero settori di suo competenza ( es. difesa del suolo e dell'ambiente, prevenzione delle calamità, tutela delle risorse idriche . ). La definizione dei compiti della provincia si concretizzano nell'adozione del piano territoriale di coordinamento, che richiede che in materia intervenga il legislatore regionale.

Per la finanza locale il nuovo art 119 impone che si dia atto della legislazione precedente alla riforma, ma ancora vigente.

Le linee fondamentali della legislazione degli anni '90 appaiono:

a.  Le spese relative ai servizi pubblici indispensabili dovrebbero essere garantite dai trasferimenti erariali, ripartiti sulla base di criteri oggettivi;

b.  Le entrate fiscali proprie degli enti locali dovrebbero integrare il finanziamento dei servizi pubblici essenziali e garantire la possibilità di altri servizi pubblici necessari per lo sviluppo delle comunità locali;

c.  Agli enti locali spetterebbero <<le tasse, i diritti, le tariffe ed i corrispettivi sui servizi di propria competenza>>; ove leggi statali o regionali riducessero queste entrate, esse dovrebbero compensare altrimenti gli enti locali;

d.  Il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali passerebbe per un fondo ordinario ed un fondo speciale, finalizzato ad aree particolari; eventuali fondi per spese di questo tipo,contenute in leggi speciali, verrebbero ripartiti sulla base di programmi regionali;

e.  I trasferimenti alla finanza locale sarebbero determinati nel bilancio pluriennale e non sarebbero riducibili nel triennio;

f.    Le regioni dovrebbero finanziare gli enti locali in relazione alle funzioni loro attribuite o delegate.

un primo inizio di attuazione di questo disegno si è avuto dal 1992, mediante funzioni loro attribuite o delegate (Es. ici ).

modulo XV: "le fonti del diritto"

Le fonti del diritto sono tutti gli atti o i fatti dai quali traggono origine le norme giuridiche.

Si distinguono le:

v FONTI DI PRODUZIONE quali sono le fonti del diritto. Un ordinamento giuridico può attribuire a determinati organi o enti il potere di produrre norme giuridiche.

v FONTI SULLA PRODUZIONE: procedimenti attraverso i quali le fonti devo essere prodotte.

L'ordinamento può attribuire la capacità di essere considerata come un regola un comportamento obbligatorio per tutti anche a comportamenti umani o a fatti sociali non esplicitamente previsti; il semplice fatto che un comportamento venga tenuto dalla generalità dei consociati.

FONTI DI PRODUZIONE, SULLA PRODUZIONE E FONTI DI COGNIZIONE


FONTI DI PRODUZIONE: pongono le norme di comportamento costitutive del diritto oggettivo e possono essere definite come ogni fatto abilitato dall'ordinamento giuridico. Esse si distinguono in:

Fonti fatto: tra di esse vi sono vari tipi di:

o  Consuetudine: detiene due elementi fondamentali:

uno oggettivo:si identifica con la ripetitività di un determinato comportamento nel tempo;

uno soggettivo: si identifica con la convinzione da parte di coloro che rispettano la norma, che tale comportamento è obbligatorio.

= è un comportamento costantemente ripetuto dai membri di un gruppo nella convinzione di osservare una norma giuridica o nella previsione che anche gli altri assumano un comportamento analogo.

o  Le consuetudini costituzionali sono fonti di rango costituzionale: possono essere applicate nella risoluzione dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e nei giudizi di legittimità costituzionale.

o  Consuetudini internazionali: disciplinano i rapporti tra gli Stati nell'ambito del diritto internazionale. Sono fonti di formazione spontanea che rappresentano il prodotto della coscienze giuridica della Comunità internazionale e vengono richiamate nell'art 10 della Costituzione italiana.

Fonti atto: esse si distinguono a seconda della forma che assumono. Tale forma si può ricondurre all'autorità emanante, o al nome dell'atto.

FONTI SULLA PRODUZIONE disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicano chi è competente ad adottarle e i modi della loro adozione. Si annoverano le "disposizioni sulla legge in generale", e la stessa Costituzione.

FONTI DI COGNIZIONE: costituiscono gli strumenti attraverso i quali è possibile venire a conoscenza delle fonti di produzione ( Gazzetta ufficiale ).

TESTI UNICI: atti che raccolgono e riformulano disposizioni di molteplici testi normativi succedutisi nel tempo,accomunanti dal fatto di disciplinare la stessa materia.

Possono essere testi unici di coordinamento: testi unici di disposizioni regolamentari adottati con regolamento; testi unici di norme regionali adottate con leggi regionali .

Essi però appartengono al passato. Ciò è dovuto all'art 23 della L 229/2003 che ha introdotto la ura del CODICE, con il quale si intende dar luogo in singole materie ad un complesso d norme stabili ed armonizzate che garantiscono certezza di regole. Il Governo può procedere alla compilazione di Codici soltanto previa delega legislativa.


Il sistema delle fonti e la risoluzione delle antinomie

Il nostro ordinamento accoglie una varietà di fonti; accanto a quelle tradizionali, la Costituzione, esso ne prevede altre, espressione dell'autonomia normativa riconosciuta ad organi costituzionali ed enti locali.

Ogni fonte è destinata a produrre continuamente diritto, per adeguare il sistema normativo alle mutate esigenze politiche, economiche e sociali.

La varietà e l'inesauribilità delle fonti rendono probabile che una stessa fattispecie possa essere disciplinata in modo congente da norme poste da fonti diverse o dalla stessa fonte in momenti diversi = ANTINOMIE.

Tuttavia la natura dell'ordinamento giuridico e l'esigenza di certezza del diritto impongono che eventuali antinomie debbano essere risolte, attraverso l'applicazione di una serie di criteri:

CRITERIO ANALOGICO:

quando due norme congenti sono poste da fonti dello stesso tipo.

= non si applica ( perché si ritiene abrogata) la norma precedente, ma quella successiva.

Tale criterio non trova però applicazione quando la norma precedente ha carattere speciale o eccezionale, a meno che, interpretando la legge generale, l'interprete non ritenga che essa non tolleri alcuna disciplina diversa,sia essa precedente o successiva.

ABROGAZIONE = fenomeno giuridico in base al quale l'area di applicabilità di una norma viene circoscritta nel tempo da una norma successiva, nel senso che se prima essa era riferibile ad una serie indefinita di fatti futuri, dopo l'abrogazione può trovare applicazione solo a una serie definita di fatti passati.

Esistono tre tipi di abrogazione:

Espressa: quando è lo stesso legislatore a volerla, specificando le norme ad essa soggette;

Tacita: quando la disciplina successiva è incompatibile con la precedente oppure regola in modo diverso l'intera materia, per cui non è possibile la contemporanea presenza di entrambe;

Innominata: quando il legislatore prevede l'abrogazione, ma non specifica quali norme ne siano oggetto ( <<sono abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge>>).


CRITERIO GERARCHICO:

quando norme congenti provengono da fonti diverse.

Le fonti si collocano a livelli diversi, per cui le norme successive, poste da fonti di rango inferiore, che siano in conflitto con norme provenienti da fonti di rango superiore, sono per ciò stesso invalide e devono essere soggette ad annullamento o a disapplicazione.

Quando sono le norme di rango superiore a seguire quelle di fonti inferiori, si risolve il conflitto attraverso l'abrogazione: leggi incostituzionali anteriori alla Costituzione Repubblicana possono essere abrogate laddove sussistano i presupposti oppure annulla dalla stessa Corte se incostituzionali.


CRITERIO DI COMPETENZA

per la risoluzione delle antinomie fra norme di fonti diverse. Può assumere due forme diverse:

Tra due fonti può sussistere una separazione di competenze, fondata sulla diversità di oggetti regolabili o di ambito territoriale oppure su entrambi gli elementi;

In altri casi la Costituzione preferisce, per la disciplina di una particolare materia, una fonte piuttosto che un'altra, senza impedire pero a quest'ultima,di regolarla fino a quando la fonte preferita non abbia provveduta d introdurre la sua disciplina ( = criterio della preferenza ).


FONTI ATIPICHE E RINFORZATE:

quando si parla di rapporti tra fonti omogenee o disomogenee si presuppone che si possano individuare tipi diversi di fonte, ciascuno caratterizzato da un particolare procedimento di formazione e da una determinata forza, vale a dire una specifica capacità di innovare il diritto oggettivo e di resistere all'abrogazione da parte di altre fonti.

Si definiscono fonti rinforzate quegli atti che presentano varianti di procedimento o di forma rispetto al tipo cui appartengono;

Si definiscono atipiche, quelle fonti che hanno una forza attiva o passiva diversa dal tipo a cui appartengono.

Le fonti dell'ordinamento costituzionale italiano

(la classificazione del codice civile è da considerarsi ormai ampiamente superata)

Una classificazione moderna delle fonti impone di seguire un criterio che fa riferimento ai centri di produzione delle fonti atto del sistema costituzionale od operanti nel sistema costituzionale:

i. COSTITUZIONE E LEGGI COSTITUZIONALI E DI REVISIONE COSTITUZIONALE;

ii. FONTI COMUNITARIE;

in. FONTI DELL'ORDINAMENTO STATALE;

iv. FONTI REGIONALI;

v. FONTI LOCALI;

vi. FONTI ESTERNE ALL'ORDINAMENTO;

vii. USI E CONSUETUDINI.


i.    LA COSTITUZIONE:

il termine costituzione può essere usato in tre accezioni diverse:

In senso descrittivo, indicando i tratti strutturali e le modalità di funzionamento di un determinato sistema politico. In questo senso è possibile individuare una Costituzione in qualsiasi sistema:

Nel senso di manifesto politico, ovvero quale programma per il perseguimento futuro di determinati obbiettivi;

Nel senso di testo normativo, che attribuisce diritti e doveri e disciplina la distribuzione dei poteri e le modalità del loro esercizio.

= è la legge fondamentale di un paese, l'atto che ne delinea le caratteristiche essenziali, descrive i valori e i principi che ne sono alla base, stabilisce l'organizzazione politica su cui si regge.

la Costituzione può essere:

SCRITTA: essa si presenta come un documento redatto in forma solenne da un organismo appositamente convocato.

NON SCRITTA:non esiste un testo di riferimento, ma il funzionamento delle istituzioni si fonda su una serie di consuetudini e su testi parziali che affrontano soltanto aspetti particolari ( Regno Unito ).

CONCESSA ( O OTTRIATA ): essa è unilateralmente concessa dal sovrano, e il suo contenuto non è stabilito attraverso un confronto tra le varie parti politiche e sociale che formano lo Stato, ma è deciso solo dal Re.

VOTATA: sono adottate da un organo democraticamente eletto o approvate da un corpo elettorale.

FLESSIBILE: quando può essere modificata dagli ordinari strumenti legislativi, senza richiedere un procedimento particolare;

RIGIDA:quando è modificabile solo attraverso un procedimento aggravato rispetto a quello ordinario, e se ne richiede una maggioranza più ampia ( le Costituzioni moderne sono nella maggior parte rigide).

Può essere definita RIGIDA IN SENSO DEBOLE quella Costituzione che non prevede alcun controllo sulla conformità ad esse delle leggi ordinarie; RIGIDA IN SENSO FORTE sono, quelle Costituzioni che tale controllo prevedevano, o autorizzano ogni giudice a disapplicare le leggi incostituzionali, oppure istituendo un organo apposito che annulli le leggi con esse contrastanti;

BREVE: contiene soltanto l norme sull'organizzazione fondamentale dello Stato e alcuni diritti di libertà.

LUNGA: sono riconosciuti e tutelati, accanto alle libertà civili, i diritti politici ed economici e sono enunciati i valori e i principi cui deve ispirarsi l'azione dei pubblici poteri.

La Costituzione italiana è: scritta, votata, rigida in senso forte e lunga.

Vi è un'ulteriore possibile distinzione tra formale e materiale.

FORMALE si identifica con il documento in quanto tale, ovvero con il documento normativo che si inserisce nel sistema delle fonti del diritto di livello più alto.

MATERIALE è che per cogliere il significato di un ordinamento, non è sufficiente limitarsi ai testi scritti, ma è necessario cogliere i rapporti e gli equilibri che si istaurano fra attori politici, forze sociali ed economiche in un determinato contesto storico.

LE LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE E LE ALTRE LEGGI COSTITUZIONALI.

L'art 138 Cost. disciplina il procedimento di formazione di un peculiare tipo di leggi, denominate di revisione costituzionale e leggi costituzionali

Per leggi di revisione costituzionale si intendono quelle leggi che incidono sul testo costituzionale, modificandolo, sostituendo o abrogando le disposizioni in esso contenute.

Per altre leggi costituzionali si intendono:

Tutte quelle leggi che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione;

Tutte quelle leggi che si limitano soltanto a derogare una norma costituzionale, senza modificarla in via definitiva;

Ogni altra legge che il Parlamento vuole approvare con procedimento aggravato previsto nell'articolo 138 della Costituzione.

I LIMITI ALLA REVISIONE COSTITUZIONALE:

Esistono dei limiti sostanziali, di contenuto, che possono essere classificati in:

h    LIMITI ESPLICITI: ovvero espressamente previsti dal testo costituzionale. L'unico limite di questo tipo è posto dall'art 139, secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

h    LIMITI IMPLICITI: ovvero non espressamente previsti, ma ricavabili dai principi generali della Costituzione. Non possono essere cancellati tutti gli istituti fondamentali di ogni Repubblica democratica e pluralista: libertà personali, libertà di manifestazione del pensiero, diritto di riunione e di associazione, partiti politici, diritto di voto. Non possono ,poi, essere elusi i diritti inviolabili dell'uomo sanciti nell'art 2 cost., i quali devono essere inserititi tra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale


ii.  Le fonti comunitarie:

con l'adesione dell'Italia alle comunità europee, la categorie delle fonti primarie include ora anche gli atti adottati dalle istituzioni comunitarie.

L'art 249 del Tratto CE stabilisce che le istituzioni comunitarie sono abilitate ad emanare regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

A REGOLAMENTI COMUNITARI:

<<il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati Membri>>.

Caratteristiche fondamentali del regolamento sono:

h    Portata generale: il regolamento è destinato a produrre i propri effetti nei confronti di un numero indeterminato e indeterminabile di destinatari e le sue prescrizioni recano il carattere dell'astrattezza;

h    Carattere obbligatorio in tutti i suoi elementi: ciò non implica il carattere della completezza;

h    Diretta applicabilità in ciascuno Stato membro: tutti i regolamenti dispiegano automaticamente i loro effetti negli Stati membri al pari delle leggi nazionali.


A DIRETTIVE:

<<la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi>>.

Le direttive risultano concepite come atti destinati a vincolare il singolo stato in relazione al solo risultato di perseguire, lasciando ferma l'autonomia dello stesso per quanto riguarda la forma, e entro certi limiti, il contenuto dell'atto di recepimento che può concentrarsi in una legge,un regolamento o un atto amministrativo generale.

A DECISIONI:

<<la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati>>.

Sono atti aventi portata concreta, che possono indirizzarsi ad uno Stato membro o ad un altro soggetto, vincolanti per il destinatario. Essi acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari.

A RACCOMANDAZIONI E PARERI:

sono atti sforniti di efficacia precettiva e vincolante.

in.    Leggi ordinarie dello Stato:

si intendono gli atti deliberati dal Parlamento secondo il procedimento disciplinato dagli articoli 70 e seguenti della Costituzione e dai regolamenti parlamentari.

L'appartenenza al tipo di legge ordinaria comporta l'assoggettamento a un regime giuridico peculiare = FORZA O VALORE DI LEGGE.

In particolare la legge:

È idonea a modificare o abrogare, nell'ambito di sua competenza, qualsiasi disposizione vigente, fatta eccezione per quelle costituzionali;

È in grado di resistere all'abrogazione e alla modificazione da parte di fonti ad essa subordinate;

Può essere soggetta al controllo di conformità alla Costituzione e alle altre disposizioni di rango costituzionale soltanto dalla Corte costituzionale;

Può essere sottoposta a referendum abrogativo.

vi sono diversi tipi di legge:

a) Legge in senso formale: si intendono gli atti deliberati dalle due Camere o dagli altri organi cui è costituzionalmente attribuita la funzione legislativa secondo il procedimento disciplinato dagli artt 70 e seguenti.

b) Leggo in senso materiale: si intendono gli atti a contenuto normativo, indipendentemente dagli organi che li pongono in essere e quale che sia il procedimento della loro formazione;

c) Leggi meramente formali: pur essendo rivestite della forma di legge, non hanno contenuto normativo, non sono in grado quindi di innovare il diritto oggettivo. L'iniziativa di tali atti appartiene al Governo o a soggetti estranei alle Camere, che non possono disporre, se non in misura limitata, del loro contenuto.

RISERVE DI LEGGE E PRINCIPIO DI LEGITTIMITÀ

La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie o oggetti alla legge.

L'istituto della riserva di legge non è omogeneo né unitario. Si distinguono:

Riserve assolute: escludono la possibilità di disciplinare certe materie con fonti di grado secondario, lasciando tale determinazione solo alla legge o ad atti aventi forza di legge;

Riserve relative: in basi alle quali l'intervento della legge è previsto solo per definire le caratteristiche fondamentali della disciplina, lasciando spazio alle fonti secondarie di intervenire per definirla compiutamente;

Riserve di legge costituzionale: quando la materia è affidata a leggi costituzionali ( sono sempre assolute);

Riserve rinforzate: quando la Costituzione, nel riservare la materia alla Legge, determina anche ulteriori limiti. Tali riserve si distinguono in:

o   Leggi rinforzate per contenuto: prevedono che una determinata materia possa essere regolata solo da leggi aventi un contenuto particolare;

o   Leggi rinforzate per procedimento: sono istituite nel momento in cui una certa materia può essere disciplinata solo con un procedimento aggravato ( es. rapporto Stato e Chiesa ).

Riserve implicite: quando non sono espressamente previste dalla Costituzione.

Rispetto alle Riserve di legge diverso è il vincolo che al legislatore pone il principio do legalità. In basa a tale principio, infatti, i pubblici poteri possono esercitare determinate competenze solo se esse vengono loro esplicitamente attribuite da una norma di legge.

LEGGI PROVVEDIMENTO:

vengono ricondotte diverse categorie di leggi ( talvolta prive del carattere di generalità e astrattezza) che disciplinano singoli casi o situazioni già determinate da precedenti leggi:

Leggi personali: provvedono a favore o contro singoli soggetti o categorie, derogando al diritto comune;

Leggi concretamente applicative di leggi precedenti

Questo tipo di leggi sono tenute a rispettare il principio d'eguaglianza formale.


PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ E LEGGI DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA:

L'art 11 comma 1 delle disposizioni preliminari al codice civile afferma che<<la legge non dispone che per l'avvenire; essa non ha effetto retroattivo>>.

Il principio di irretroattività assurge al rango costituzionale solo in materie penale, secondo quanto dispone l'art 25 cost. <<nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso>>.

Cosa si intende per leggi di interpretazioni autentica?

La Corte costituzionale ha affermato la propria competenza a giudicare le leggi che sono suscettibili di violare il principio di eguaglianza e di ledere l'affidamento dei destinatari delle norme e la certezza dei rapporti. In quest'ottica si inquadrano le leggi di interpretazione autentica, con le quali il legislatore fissa il significato delle disposizioni normative contenute in una precedente legge. La Corte ha ritenuto che solo quando le disposizioni interpretative rappresentano una delle possibili interpretazioni del testo si può parlare di leggi interpretative e non di leggi retroattive.

in bis. GLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE:

la funzione legislativa, in base all'art 70 e nel rispetto di separazione dei poteri, è attribuita al Parlamento. Esistono, tuttavia, delle circostanze che possono giustificare l'emanazione di atti normativi di rango primario anche da parte del Governo. È il caso di materie che richiedono una specializzazione tecnica e un insieme di conoscenze che i parlamentari non posseggono, oppure situazioni che vanno fronteggiate con tempestività che un'assemblea come il Parlamento non è in grado di assicurare.

Tali circostanze vengono disciplinate dagli artt. 76-77 Cost.

In base all'art 76, l'esercizio della funzione legislativa può essere delegata al Governo, purché ciò avvenga con legge e nel rispetto di alcune precisi condizioni ( = decreti legislativi ).

In base all'art 77, il Governo può, di sua iniziativa e sotto la propria responsabilità, fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza mediante provvedimenti provvisori con forza di legge, che vanno necessariamente convertiti in legge pena la perdita della loro efficacia ( = decreti legge ).

Tratto comune agli atti aventi forza di legge è la capacità di abrogare norme di legge e di resistere all'abrogazione da parte di fonti di ramo inferiore ( = forza di legge ).

A)    DECRETI LEGISLATIVI O DELEGATI:

l'articolo 76 della Costituzione consente al Parlamento di delegare l'esercizio della funzione legislativa al Governo.

I criteri da rispetta nell'attribuzione della delega legislativa sono:

l  La delega può essere conferita soltanto con legge e soltanto al Governo nel suo complesso, cioè non a singole sue componenti, o ad altri organi;

l  La legge di delega deve definire gli oggetti si cui il Governo potrà esercitare la delega;

l  La delega deve essere esercitata in un termine prefissato dalla legge di delegazione;

l  La delega deve fissare i principi e i criteri direttivi cui il Governo deve adeguarsi nell'esercizio della delega.

Accanto ai limiti fissati dalla Costituzione, la legge di delega può introdurne altri ( = limiti ulteriori ).

Secondo l'art 14 comma 4, della legge n 400/1988 nel caso in cui la delega ecceda il biennio, il Governo ha il compito di chiedere il parere delle commissioni in ordine agli schemi dei decreti delegati. Sebbene tali limiti ulteriori non siano fissati dall'art 76, il carattere di norme interposte delle disposizioni della legge di delega implica che in sede di giudizio di costituzionalità, la Corte possa conurare un eccesso di delega in caso di loro violazione.

Esistono dei limiti generali al fine di evitare che il Governo, attraverso l'istituto di delegazione,arrivi a cumulare funzioni esecutive e legislative: in linea di massima i limiti non devono essere vaghi e indeterminati da non rappresentare alcuna vera direttiva per il delegato, né devono estendersi in maniera tanto diffusa da non lasciargli alcun margine di discrezionalità.

In particolare:

v Un limite di ordine razionale, implicito nella necessità di distinguere soggettivamente controllore e controllato, comporta che non può essere delegato al Governo il compito di emanare atti che costituiscono approvazione, conversione etc., di atti del Governo medesimo; non possono costituire oggetto di delega la conversione dei decreti legge, l'approvazione dei bilancio, l'autorizzazione del Presidente della Repubblica per la ratifica di trattati internazionali;

v Un limite di carattere tecnico-giuridico: comporta l'esclusione della delega per materie che debbano essere disciplinate con legge costituzionale, atteso il particolare procedimento per esse previsto dall'art 138 Cost.;

v Dal punto di vista soggettivo, la delegazione deve essere fatta al Governo nel suo complesso e non a favore di uno degli organi semplici che lo compongono;

v Dal punto di vista procedurale, è esclusa la possibilità del procedimento deliberante in Commissione: la legge di delegazione deve essere discussa e approvata dall'Assemblea plenaria di ciascuna Camera.

Il Parlamento può concedere la delega in materie coperte di riserva di legge, stante la natura legislativa delle leggi delegate.

La delegazione consente al Governo di avvalersi della collaborazioni di esperti e tecnici della fattispecie in esame nell'elaborazione della disciplina legislativa.

B)   DECRETI LEGGE:

sono atti normativi che possono essere adottati dal Governo per far fronte a situazioni imprevedibili, di necessità e urgenza, che impongono di intervenire a livello di formazione primaria con una disciplina che trovi immediata applicazione.

Sono deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica. Devono contenere l'indicazione delle circostanze straordinarie e di necessità e di urgenza che hanno determinato l'emanazione.

Sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale immediatamente dopo la loro emanazione ed entrano in vigore il giorno stesso della pubblicazione, in via provvisoria salva ratifica del Parlamento.

L'art 77 Cost. sancisce che i decreti legge devono essere presentanti alle camere, per conversione in legge, nel giorno stesso della loro pubblicazione; entro cinque giorni da tale data le Camere, anche se sciolte, si devono riunire per l'esame del decreto.

La conversione dei decreti in legge deve avvenire in 60 giorni, ad opera delle Camere, pena la perdita di efficacia.

Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e urgenza che li giustifica può essere svolto da diversi organi:

Dal Presidente della Repubblica in via preventiva, cioè in sede di emanazione del decreto;

Dal Parlamento. L'art 78 del regolamento del Senato prevede che il disegno di legge di conversione è deferito alla Commissione competente e alla 1° commissione permanente, affinché valuti la sussistenza dei presupposti richiesti; qualora la Commissione esprima parere negativo per difetto di tali presupposti, spetta all'Assemblea pronunciarsi sulla questione, e nel caso in cui non si ritenga sussistente la necessità e l'urgenza, il disegno di legge di conversione è respinto. Per quanto riguarda la Camera, l'art 96 bis attribuisce alle Commissioni di Merito competenti per materia il controllo sull'esistenza dei presupposti di necessità e urgenza. A seguito di tale verifica è possibile che l'Assemblea si esprima negativamente sul decreto legge;

Dalla Corte costituzionale, in via successiva, cioè al momento dell'eventuale giudizio di legittimità.

L'art 15 della legge n40 del 1988 individua una serie di limiti alla decretazione d'urgenza. Il decreto legge non può:

S Conferire deleghe legislative;

S Provvedere nelle materie indicate nell'art 72, quarto comma Cost.;

S Rinnovare le disposizioni di decreti legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;

S Regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti;

S Ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.

Tali limiti possono essere implicitamente desunti dalla Costituzione.

Il decreto legge non può sospende o derogare a norme di rango costituzionale.

La reintegrazione dei decreti legge, visto le dimensioni enorme che avevano preoccupato,è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale per violazione dell'art 77,

si ha reintegrazione, secondo la Corte, quando il decreto produce senza variazioni sostanziali il contenuto di un decreto non convertito oppure quando esso non risulta fondato su autonomi e pur sempre straordinari motivi di necessità e urgenza, motivi che possono essere ricondotti alla sola mancata conversione dei precedenti del decreto. L'unico margine lasciato al Governo riguarda l'ipotesi in cui il decreto legge reintegrato venga dal Parlamento in sede di conversione.

La legge di conversione. La sanatoria degli effetti prodotti da decreti non convertiti:

il decreto legge è una fonte ad efficacia provvisoria e limitata temporaneamente a 60 giorni: il suo destino è quello di essere convertito in una legge che ne consolidi gli effetti, proiettandoli anche nel futuro. Anche quando il decreto non viene convertito, il legislatore ordinario può intervenire per disciplinare i rapporti sorti sulla base delle sue disposizioni attraverso una legge di sanatoria o convalida.

In sede di conversione possono essere introdotti emendamenti al testo del decreto: gli emendamenti aggiuntivi operano solo per l'avvenire, mentre gli emendamenti soppressivi e modificativi escludono la conversione d'una parte del decreto, che perde efficacia fin dall'inizio. L'emendamento modificativo introduce, poi, una disposizione nuova, che produce effetti dal giorno successivo alla pubblicazione della legge, salvo che questa non disponga diversamente.

in.ter. il referendum abrogativo:

è il più importante istituto di democrazia diretta. Grazie ad esso i cittadini possono esprimere il loro parere direttamente, senza la mediazione del Parlamento.

Solo il referendum abrogativo costituisce un'autonoma fonte di diritto. Esso dispone della capacità di innovare il diritto oggettivo in negativo, in quanto abroga disposizioni preesistenti di leggi o atti aventi forza di legge.

Il referendum non può abrogare:

I.    Norme di fonti secondarie, cioè collegate sotto la legge, o di leggi regionali, in quanto l'art 75 fa riferimento solo alla legge dello Stato e agli atti equiparati;

II.   Le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattamenti internazionali;

III. Norme di rango costituzionale, per le quali è previsto il procedimento di revisione costituzionale disciplinato dall'art 138 della Costituzione;

IV.    La Corte costituzionale ha il potere di esercitare, in via preventiva, il controllo di ammissibilità delle richieste. Ha affermato come inammissibili le richieste:

a)  Che abbiano come oggetto disposizioni che, pur non essendo ricomprese nell'elenco dell'art 75sono << produttive di effetti collegati in modo stretto all'ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall'art 75 che la preclusione debba ritenersi sottintesa>>;

b)  Che incidono su leggi dotate di forza passiva rafforzata, in quanto non abrogabili da leggi ordinarie successive;

c)  Che abroghino leggi a contenuto costituzionale necessario, vale a dire leggi il cui <<nucleo normativo non possa venir alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti disposti della Costituzione stessa>>;

d)  Che incidano sulle norme che disciplinano l'elezione di organi costituzionali o a rilevanza costituzionale, a meno che la normativa di risulta non sia tal da consentire all'organo stesso di essere sempre operativo,

e)  Che richiedano l'abrogazione di leggi a contenuto comunitariamente vincolato.

La Corte ha precisato che il contenuto del quesito deve essere:

a.  Omogeneo: essendo inammissibili le domande che coinvolgono una pluralità di norme fra loro non collegate, per cui il corpo elettorale è costretto ad abrogarle tutte;

b.  Chiaro, semplice e completo: dovendo investire tutta la disciplina della materia oggetto del referendum;

c.  Strutturato in modo tale che il risultato dell'abrogazione sia chiaro e riconoscibile dai votanti.

La presentazione della richiesta referendaria non limita il potere legislativo del Parlamento; le norme oggetto della richiesta possono essere abrogate semplicemente, oppure sostituite da una nuova disciplina.

Le situazioni che possono prodursi sono:

La legge abrogata,totalmente o parzialmente, non è sostituita da una nuova disciplina; in questo caso il procedimento referendario si arresta.

La legge abrogata, totalmente o parzialmente, è sostituita da una disciplina che corrisponde all'obiettivo che i promotori del referendum si erano prefissi: in questo caso non si procede alla consultazione referendaria;

La legge abrogata è sostituita da una disciplina che nella sostanza riproduce quella oggetto di richiesta del referendum abrogativo.


iv. REGOLAMENTI PARLAMENTARI


non sono dei regolamenti in senso tecnico: sono dotati di efficacia sostanziale propria delle fonti normative, ma la loro efficacia formale non è quella dei regolamenti.

Essi sono fonti SUBORDINATE solo alla Costituzione; fonti del diritto che sfuggono ad una collocazione nella scala gerarchica.

Si tratta di fonti separate che trovano la loro legittimazione in una riserva di competenza costituzionale riconosciuta a ciascuna Camera, di modo che la legge formale non può disciplinare la materia loro propria.

Essi non sono soggetti al sindacato della Corte Costituzionale. Alle camere è riconosciuta l'indipendenza nei confronti di ogni potere.

La Costituzione riserva loro la disciplina di determinate materia su cui altre fonti del diritto non dovrebbero intervenire ( = riserva di regolamento ). I regolamenti approvati nel 1971 prevedono la loro stessa pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e la vacatio di 60 giorni per l'entrata in vigore.

I regolamenti disciplinano la formazione delle leggi. Le norme dei regolamenti vanno interpretate dalle Camere, che possono decidere di derogarvi mentre danno vita al testo legislativo.


v.  REGOLAMENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE E ALTRI REGOLAMENTI:


attribuisce alla corte il potere di emanare un regolamento che disciplini l'esercizio delle sue funzioni.

ALTRI regolamenti = il Presidente della Repubblica può emanare un regolamento interno su proposta del Segretario alla Presidenza e nella forma del decreto presidenziale senza controfirma.

Il regolamento interno del Consiglio dei Ministri è un atto contenente norme sul funzionamento del Consiglio, che non trovano applicazione al di fuori di esso.


vi.   REGOLAMENTI:


sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del potere esecutivo, aventi forza normativa ( = sostanzialmente normativi), perché contenenti norme destinate a innovare l'ordinamento giuridico.

Caratteri generali sono:

GENERALITÀ;

ASTRATTEZZA;

INNOVATIVITÀ.

il fondamento della potestà regolamentare è l'espressa attribuzione di competenza fatta dalla legge ad un organo amministrativo; solo la legge può attribuire tale potere, determinando l'inserimento degli atti conseguenti nella gerarchia delle fonti.

CLASSIFICAZIONE DEI REGOLAMENTI:

REGOLAMENTI ESTERNI = espressione del potere di supremazia di cui il potere esecutivo dispone verso tutti i consociati e chiunque altro si trovi nel territorio dello Stato, sono fonti del diritto e la loro violazione consente di ricorrere in Cassazione.

REGOLAMENTI INTERNI: espressione del potere pararegolamentare. Che regolano l'organizzazione interna di un organo o ente. Essi obbligano soltanto coloro che fanno parte dell'ufficio,organo o ente, non costituiscono fonti del diritto e la loro violazione solo eccezionalmente costituisce vizio dell'atto emanato.

La legge 400/1988 ha introdotto una nuova classificazione, in base al loro contenuto:

A) REGOLAMENTI DI ESECUZIONE = destinati a specificare una disciplina di rango legislativo con norme di dettaglio. Sono gli unici ammessi ad operare nell'ambito di una riserva di legge assoluta;

B) REGOLAMENTI DI ATTUAZIONE E INTEGRAZIONE = volti a completare la trama di principi fissati da leggi e decreti legislativi. Tali regolamenti non possono regolare materie riservate alla competenza regionale;

C)    REGOLAMENTI INDIPENDENTI = la nuova legge autorizza il Governo a disciplinare materie in cui l'intervento di norme primarie non sia ancora conurato, purché non si tratti di materie soggette a riserva assoluta o relativa di legge;

D)    REGOLAMENTI DI ORGANIZZAZIONE disciplinano l'organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo disposizioni dettate da legge, cui l'art 97 Cost., riserva la disciplina di queste materie. Tale tipologia non gode di autonomia, in quanto può avere natura esecutiva o attuativo-integrativa a seconda che la disciplina di rango legislativo abbia maggiore o minore estensione;

E) REGOLAMENTI DELEGATI O AUTORIZZATI = categoria elaborata dalla dottrina prerepubblicana e comprensiva di tutti quei regolamenti che superano i limiti cui è soggetta la potestà normativa dell'Esecutivo, derogando a singole disposizioni di legge, abrogando intere discipline di rango legislativo, intervenendo in materie coperte da riserve di legge o non amministrative.

l'art 17 della L. 400/1988 prevede n particolare tipo di regolamento delegato, il regolamento di delegificazione attraverso il quale il legislatore autorizza il Governo ad emanare regolamenti che sostituiranno la legge vigenete;

F) REGOLAMENTI DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE COMUNITARIE = la legge comunitaria annuale, può autorizzare il Governo ad attuare le direttive comunitarie mediante regolamento, purché si versi in materie disciplinate ma non riservate alla legge.


LIMITI DELLA POTESTA REGOLAMENTARE


o    Non possono mai derogare o contrastare con la Costituzione, né con i principi in essa contenuti;

o    Non possono derogare né contrastare con leggi ordinarie, salvo che sia una legga ad attribuire loro il potere di innovare anche nell'ordine legislativo;

o    Non possono mai regolare le materie riservate dalla Costituzione alla legge, neppure una legge ordinaria può attribuire tale potere;

o    Non possono mai derogare al principio di irretroattività della legge;

o    Non possono contenere sanzioni penali;

o    I regolamenti emanati da autorità inferiori non possono mai contrastare con i regolamenti emanati da autorità gerarchicamente superiori;

o    Non possono regolare istituti fondamentali dell'ordinamento;

o    I regolamenti governativi non possono disciplinare materie di competenza legislativa delle Regioni.


10. le fonti in situazioni di necessità

Il sistema della fonti risente in varia misura di situazioni di necessità.

L'ordinamento giuridico si fa carico di possibili situazioni di assoluta necessità, che possono alterare il normale funzionamento degli strumenti ti disciplina dei rapporti interpersonali e collettivi: sul terreno delle fonti si ha nella disciplina della decretazione di urgenza e dei poteri normativi in caso di guerra. Nella legislazione ordinaria esistono anche delle manifestazioni della rilevanza delle situazioni di assoluta necessità:

BANDI MILITARI: abrogati dall'art 2.1 della legge 6/2002;

ORDINANZE DI NECESSITÀ: conseguono al conferimento ad alcuni organi amministrativi del potere di adottare, in determinate materie, << ordinanze con tingibili ed urgenti>> in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica o comunque grave pericolo per l'incolumità i cittadini: caratteristica tipica di questi atti ad efficacia temporanea è quella di poter derogare anche alle prescrizioni legislative vigenti, con l'unico limite rappresentato dai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. La legittimità di questi atti viene fatta risalire ad un'espressa manifestazione di volontà.

La necessità può essere anche un fatto normativo, che produce i suoi effetti al di fuori delle stesse regole costituzionali o legislative

11. fonti di natura consuetudinaria

Rientrano nelle fonti-fatto

Per CONSUETUDINE si intende una norma di comportamento non scritta, di rilevanza collettiva,regolarmente seguita nel gruppo sociale o nell'ambito territoriale interessato dalla norma, in quanto ritenuta giusta o necessitata.

L'art 8 delle preleggi prevede che gli usi abbiano efficacia <<nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti>> soltanto <<in quanto sono da essi richiamate>>.

Vi sono alcuni usi che ne legittimano il riconoscimento; la loro esistenza viene documentata mediante raccolte ufficiali tenute dal Ministero dell'industria e dalle Camere di commercio.

Emerge la forza di fenomeni consuetudinari, alcune volte capaci perfino di modificare o rendere inapplicabili disposizioni di legge. Ma, in questi casi, la consuetudine si afferma come un fatto normativo, sulla base della mera effettività dell'adesione sociale alle sue prescrizioni.

La disciplina costituzionale non regola ogni ambito della materia costituzionale e si presenta, per molti aspetti, suscettibile di subire adattamenti e integrazioni in relazione ai mutamenti che possono intervenire nel contesto in cui opera.

A livello delle fonti costituzionali, la consuetudine può dare adito ad una produzione normativa di tipo primario.

Non sempre comportamenti costanti nel tempo ad integrazione delle disposizioni costituzionali costituiscono consuetudini costituzionali. Esistono le norme di correttezza costituzionale, che rappresentano mere regole di corretto espletamento delle funzioni che spettano agli organi fondamentali dello Stato, ma non provocano conseguenze giuridiche di alcun genere, né possono provocare reazioni se non di tipo strettamente politico.

Diffuse sono le convenzioni costituzionali e cioè regole di comportamento, relative al funzionamento delle istituzioni pubbliche, che gli organi fondamentali dell'ordinamento costituzionale si danno autonomamente per l'esercizio delle loro funzioni. Tali regole convenzionali, ove violate, possono, al più, determinare delle reazioni negative da parte di altri soggetti dell'ordinamento, che tali regole né di fonti normative, né di accordi.

Può avvenire che alcune di queste regole vengano progressivamente sentite come obbligatorie, e tendano a trasformarsi, quindi, in vere e proprie consuetudini vincolanti, ove riconosciute come tali dagli organi titolari dei poteri istituzionali ed, in particolare, della Corte costituzionale, chiamata a giudicarne la natura.






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