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Principi in tema di attività amministrativa

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Principi in tema di attività amministrativa

L'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

Fra i fini che lo Stato sociale si pone troviamo il buon andamento e l'efficienza degli apparati pubblici, intesa come rapporto fra risultati conseguiti e risorse impiegate, mentre per efficacia si intende il rapporto fra risultati conseguiti e obiettivi prestabiliti.

Attività amministrativa e principio di legalità

Nel nostro sistema costituzionale, l'attività degli organi amministrativi appare sottoposta sotto molteplici aspetti alla legge e può essere descritta come l'attività volta a conseguire i fini determinati dalle prescrizioni costituzionali e legislative, tant'è che la pubblica amministrazione può fare solo ciò che la legge le prescrive o le permette di fare. Risulta diverso affermare che la legge debba limitarsi a prevedere che l'amministrazione provveda in un determinato ambito (legalità in senso formale) o che, invece, essa debba anche determinare quanto meno le linee fondamentali entro cui l'amministrazione pubblica deve operare (legalità in senso sostanziale). La nostra costituzione prevede l'ipotesi di riserve di legge, che equivalgono alla prescrizione che la disciplina di quelle determinate materie possa essere posta solo dal legislatore o integralmente o, almeno, nelle sue linee generali. Gli atti amministrativi sono attribuiti alla competenza degli organi politici di vertice dei diversi sistemi amministrativi, a conferma della rilevanza della natura largamente discrezionale delle scelte che vengono in tal modo operate in attuazione, ma spesso anche a integrazione, più o meno accentuata, delle scelte operate dal legislatore.



Gli atti della pubblica amministrazione

L'attuazione della legge in via amministrativa consiste in attività o in atti fisici, i quali o costituiscono atti materiali della pubblica amministrazione o, più comunemente, atti formali posti in essere dalla pubblica amministrazione. Fra le tante distinzioni possibili degli atti amministrativi troviamo gli atti unilaterali di tipo autoritativo (posti in essere solo da gli organi della pubblica amministrazione), quelli privi di una particolare efficacia giuridica e quelli di diritto comune. Nell'ambito dei servizi pubblici, buona parte delle attività poste in essere dalla pubblica amministrazione consistono in attività di servizio verso gli utenti e in comportamenti del tutto omogenei a quelli prestati da un qualsiasi soggetto che svolga attività analoga e quindi non sono certo disciplinati legislativamente mediante una rigorosa tipizzazione dei singoli atti.

La discrezionalità amministrativa

L'autorità amministrativa deve concretizzare la volontà legislativa, che rappresenta la sua fonte di legittimazione, e deve quindi attuare il fine indicato dalla legge (quindi per definizione fine pubblico), nel contesto reale nel quale è chiamata operare e nella considerazione di tutti gli interessi, in quel contesto, giuridicamente rilevanti. Di norma, all'amministrazione spetta determinare se e quando adottare l'atto, attraverso quali modalità, con quali eventuali contenuti più specifici. La discrezionalità amministrativa è pressoché inesistente nei cosiddetti atti vincolati ma può essere massima negli atti della cosiddetta alta amministrazione. L'organo amministrativo deve quindi operare per il perseguimento del fine legislativo (il cosiddetto interesse pubblico primario), ma nel contesto reale in cui occorre operare e rispetto al quale deve ricercare, e correttamente valutare, anche nei cosiddetti interessi pubblici secondari, nonché gli stessi interessi privati legittimamente considerabili.

I procedimenti amministrativi

Lo studio dei procedimenti amministrativi mira a evidenziare i rapporti intercorrenti fra i diversi atti degli organi degli uffici pubblici al fine di svolgere l'attività amministrativa necessaria per produrre gli effetti giuridici voluti. L'atto della pubblica amministrazione è il prodotto di un'organizzazione e pertanto, in genere, rappresenta una fase intermedia o finale di un procedimento, in parte originato dalla competenza specifica dei diversi uffici e organi che vi intervengono e dovrà essere il prodotto di un giusto procedimento. In ogni procedimento si usano distinguere tre fasi principali, ovvero la preparatoria (per fornire gli elementi necessari per la decisione a partire dall'atto di iniziativa), la costitutiva (così importante fase deliberativa che può essere semplice o complessa in base all'organo che si occupa di compierla) e l'integrativa dell'efficacia dell'atto deliberato (il modo in cui gli atti producono effetti giuridici). Al termine delle varie fasi del procedimento, si ha quindi un atto non solo perfetto, ma anche efficace. La validità dell'atto dipende dalla sua conformità alle diverse prescrizioni normative.

GLI ATTI AMMINISTRATIVI

Atti e provvedimenti amministrativi

Fra gli atti amministrativi si opera una distinzione fra i meri atti amministrativi o atti amministrativi in senso stretto e i provvedimenti amministrativi: solo questi ultimi rappresentano infatti la manifestazione di volontà di una pubblica amministrazione diretta a soddisfare un interesse pubblico primario e pertanto sono assistiti dalla capacità di incidere, in modo unilaterale, sulle posizioni giuridiche coinvolte. Nel linguaggio giuridico corrente, si usa l'espressione atti amministrativi in un'accezione generica, riferendosi quindi anche ai provvedimenti amministrativi.

Particolare efficacia dei provvedimenti amministrativi

I provvedimenti godono di esecutività e cioè dell'idoneità di poter immediatamente giungere alla fase della loro esecuzione, ove necessaria, consistente nella capacità di produrre i loro effetti sui destinatari, senza necessità di alcun intervento dell'autorità giudiziaria che ne confermi la legittimità. L'esecutorietà riguarda la fase dell'esecuzione forzata della pretesa dell'amministrazione, contro la volontà del soggetto coinvolto, senza che ciò dipenda dall'intervento, come del diritto privato, di un apposito giudice preposto all'esecuzione. Con l'inoppugnabilità ci si riferisce al fatto che numerose disposizioni di legge restringono i termini entro i quali provvedimenti amministrativi possono essere impugnati dinanzi agli organi della giustizia amministrativa.

Elementi degli atti amministrativi

Il soggetto del provvedimento corrisponde all'organo titolare del potere amministrativo che viene esercitato ed è individuato dalla legge; le competenze fra i vari organi dell'apparato amministrativo vengono individuate per materia, per territorio o per grado. Per oggetto del provvedimento può intendersi la persona, la cosa o la situazione giuridica su cui si producono gli effetti dell'atto: è necessario che l'oggetto sia determinabile e idoneo a subire gli effetti del provvedimento. Con causa giuridica del provvedimento ci si riferisce all'interesse pubblico primario che la legge ha voluto tutelare ed è accomnata da un'apposita motivazione, nella quale si indicano le ragioni che hanno portato all'adozione del provvedimento.

Alcune innovazioni introdotte dalla legge 241/1990 sulle modalità di esercizio dell'attività amministrativa

L'articolo 2 della suddetta legge stabilisce che, ove il procedimento debba essere iniziato d'ufficio o su istanza di parte, esso deve essere concluso entro i termini fissati per legge, per regolamento o per un apposito atto dell'amministrazione interessata, altrimenti la legge fissa il breve termine di trenta giorni. Nella stessa direzione vanno tutte quelle numerose disposizioni che impongono larghe forme di pubblicità riguardo il termine entro il quale il procedimento deve terminare e la persona fisica responsabile. L'articolo 7, in tema di potere di intervento del procedimento, equipara ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinata a produrre effetti diretti e a quelli che per legge posso intervenirvi anche i soggetti individuabili a cui possa derivare un pregiudizio da provvedimenti in formazione. In ogni amministrazione viene individuato un'unità organizzativa responsabile del procedimento.

Alcuni tipi di provvedimenti amministrativi

Una delle distinzioni più comuni operate tra le diverse categorie di provvedimenti attiene al loro contenuto, vi possono essere provvedimenti ampliativi o provvedimenti restrittivi. Fra i primi abbiamo, le autorizzazioni (o abilitazioni, licenze, permessi) corrispondono alla rimozione di un ostacolo da parte della pubblica amministrazione all'esercizio di un diritto o di un potere di cui sono titolari un soggetto privato o un ente o un organo tecnico; le concessioni consistono in provvedimenti mediante i quali la pubblica amministrazione attribuisce ad altri l'esercizio di un suo diritto o potere (concessione traslativa) o una situazione giuridica positiva appositamente creata (concessione costitutiva). Simili alle concessioni sono le sovvenzioni consistenti nell'attribuzione di contributi in denaro o in beni; le rinunce (dette anche esenzioni, esoneri, deroghe) consistono in provvedimenti mediante i quali la pubblica amministrazione rinuncia ad una sua precedente pretesa. Le ammissioni consistono in provvedimenti amministrativi che permettono a soggetti in possesso di determinati requisiti, di accedere ad un certo status, di utilizzare un servizio pubblico, di esercitare determinate attività lavorative. Fra i provvedimenti restrittivi abbiamo, le revoche consistono semplicemente in provvedimenti che fanno venir meno i provvedimenti precedentemente adottati; gli ordini e i divieti valgono a specificare prescrizioni genericamente contenute nella legge e comportano, a carico dei trasgressori, possibili conseguenze di ordine disciplinare, amministrativo o penale; le requisizioni riguardano beni mobili o immobili che possono essere prese in uso dalla pubblica amministrazione; l'espropriazione per pubblica utilità riguarda il trasferimento coattivo alla pubblica amministrazione della proprietà di beni immobili in cambio del amento a colui che era il proprietario di un indennizzo. Le occupazioni di beni immobili si distinguono in quelle finalizzate ad un uso temporaneo e quelle finalizzate all'esecuzione di opere pubbliche in situazioni di assoluta distanza.

Atti normativi, di direzione, di indirizzo, di coordinamento, di programmazione

È antica prerogativa dei vertici delle diverse amministrazioni quella di essere titolari di un potere normativo di tipo secondario. Il potere direttivo tende sempre più ad esprimersi attraverso atti dotati di relativa generalità, che dovranno essere rispettati dagli uffici e dagli organi pubblici, proprio sulla base del tipo di rapporto gerarchico esistente e dello stesso contenuto di questi atti. Fra le direttive (o atti di indirizzo) occorre distinguere quelle interorganiche da quelle intersoggettive, a seconda che si riferiscono o meno solo ad organi appartenenti all'amministrazione dal cui vertice viene adottata la direttiva. Per le direttive intersoggettive, occorre distinguere fra quella relativa gli enti pubblici strumentali, che tendono ad essere assimilato a quelle interorganiche e quelle relative ai rapporti fra enti dotati di reciproca autonomia, poiché in questo settore appare decisivo il rapporto deducibile dal sistema costituzionale per legittimare il tipo di vincolo che questi atti possono avere. I programmi o i piani corrispondono ad un'esigenza molto avvertita dall'amministrazione pubblica contemporanea di ricercare momenti di prederminazione delle linee generali dell'azione amministrativa in interi settori. Le istruzioni, o circolari, o normali, corrispondono alla trasmissione di istruzioni e/o direttive agli uffici ed agli organi, al fine di assicurare l'omogenea applicazione delle diverse disposizioni.

Cause di invalidità dei provvedimenti amministrativi

Le particolari caratteristiche di provvedimenti amministrativi sono alla base anche delle loro possibili cause di invalidità. La nullità o inesistenza del provvedimento amministrativo deriva dalla carenza delle condizioni minime necessarie per poterlo ritenere esistente, si parla di mancanza assoluta di uno di elementi essenziali. I casi di mera irregolarità attengono alla presenza di quelle anomalie del provvedimento che vengono ritenute sanabili. Per ciò che riguarda i vizi di legittimità ci si continua a risalire alla tripartizione della incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione di legge, con l'avvertenza che attraverso il sindacato su questi vizi, devono essere sanzionate tutte le cause di possibile di legittimità dei provvedimenti amministrativi. Con il vizio dell'incompetenza, ci si riferisce alla classica carenza del provvedimento sotto il profilo soggettivo. L'incompetenza assoluta porta alla nullità dell'atto, si ha non solo quando l'organo amministrativo esercita un potere appartenente ad un'autorità non amministrativa, ma anche quando esercita un potere di un organo appartenente ad un altro apparato amministrativo, mentre la incompetenza relativa si verifica quando il potere esercitato appartiene ad altro organo del medesimo apparato amministrativo. Per eccesso di potere si intende un vizio di sviamento di potere, che mira a colpire l'abuso sostanziale del potere di cui dispone l'organo che adotta all'atto. Il vizio di violazione di legge svolge una funzione di tipo residuale rispetto agli altri vizi di legittimità.

L'autotutela

L'autotutela costituisce un potere amministrativo della pubblica amministrazione, e mediante il quale essa può eliminare o ridurre i conflitti, reali o potenziali, che possono sorgere in relazione ai suoi atti illegittimi od inopportuni, provvedendo direttamente ad annullarli, sanarli o modificarli. La titolarità del potere è riconosciuta oltre che all'organo che ha adottato l'atto, a quelli gerarchicamente superiori. L'istituto che mira a salvare, con efficacia ex tunc, una deliberazione affetta da un vizio sanabile è la sanatoria: si parla di ratifica nel caso in cui l'organo competente faccia propria una delibera affetta da incompetenza relativa; di convalida, nel caso in cui si completi un elemento parzialmente mancante nella delibera; di conversione allorché si possa sostituire ad un provvedimento illegittimo un altro, di cui sussistano tutti gli elementi necessari. L'annullamento d'ufficio consiste nell'eliminazione di un provvedimento illegittimo; di questo potere di annullamento non è titolare solo l'organo che ha adottato l'atto e l'autorità gerarchicamente superiore ma anche il Governo. La revoca, è invece, un istituto mediante il quale l'amministrazione pubblica produce la cessazione del futuro degli effetti di un provvedimento amministrativo ad efficacia continuativa, il quale, opportuno e legittimo al momento della sua adozione, sia successivamente divenuto inopportuno o illegittimo a causa dei mutamenti intervenuti.

LE FORME DI TUTELA CONTRO L'ATTIVITA' AMIMNISTRATIVA ILLEGITTIMA

I ricorsi amministrativi

Con i ricorsi amministrativi, i soggetti che si ritengono danneggiati da una deliberazione amministrativa chiedono che l'amministrazione inizi un apposito procedimento per riesaminare la legittimità o l'opportunità di quella di liberazione. Sulla base della disciplina attuale occorre distinguere i due ricorsi ordinari, consistenti nel ricorso gerarchico e nel ricorso in opposizione, dal ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il ricorso gerarchico ha carattere generale mentre il ricorso in opposizione ha carattere speciale, essendo ammesso solo nei casi previsti dalla legge. Comune ai due tipi di ricorso è il fatto di poter riguardare profili sia di legittimità che di merito, di essere facoltativi e non preclusivi dei ricorsi giurisdizionali, di essere esperibili in termini brevi (di regola trenta giorni) dalla data della notificazione. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è un rimedio amministrativo di carattere generale, ma di sola legittimità esperibile solo nei riguardi dei provvedimenti definitivi; esso può essere proposto entro centoventi giorni.

Il riparto della giurisdizione in materia amministrativa fra giudice ordinario e giudice amministrativo

In ogni ordinamento giuridico nel quale esista un diritto speciale per l'amministrazione pubblica, sorge il problema di come garantire un'efficace ed idoneo controllo di legittimità sugli atti amministrativi. Nel nostro sistema la cognizione delle controversie in cui è parte la pubblica amministrazione è suddivisa fra la magistratura ordinaria, competente nei casi in cui si lamenti la lesione dei diritti soggettivi, e la magistratura amministrativa, competente nei casi in cui si lamenti la lesione 'degli interessi legittimi'. Il giudice amministrativo può annullare il provvedimento amministrativo, mentre il giudice ordinario può solo disapplicarlo nel caso concreto sottoposto a suo giudizio. Discrimine fondamentale nel riparto delle competenze giurisdizionale resta la distinzione fra diritto soggettivo ed interesse legittimo. Per diritto soggettivo si intende una situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta dal legislatore come autonomamente degna di tutela nei riguardi sia dei privati che della pubblica amministrazione, mentre per interesse legittimo si intende quella situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta dal legislatore come intimamente connessa ad una norma che garantisce in via primaria l'interesse generale. A colui che è leso nei suoi diritti soggettivi si garantisce la reintegrazione nella situazione originaria o almeno, il risarcimento dei danni; a colui che è leso nei suoi interessi legittimi si garantisce l'eliminazione dell'atto della pubblica amministrazione che ha operato la lesione. Al di là degli interessi legittimi, rilevano le posizioni soggettive qualificate come interessi collettivi e interessi diffusi. Gli interessi collettivi, ossia gli interessi propri degli appartenenti ad un gruppo delimitato vengono fatti valere solo tramite i loro organismi esponenziali. Gli interessi diffusi ossia gli interessi dell'intera comunità hanno suscitato molti problemi in sede giurisprudenziale.

Alcune caratteristiche del giudizio amministrativo

Al momento attuale gli organi della giurisdizione amministrativa ordinaria (quelli speciali sono la Corte dei conti ed il Tribunale superiore delle acque pubbliche) sono i Tribunali amministrativi regionali (TAR) ed il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, che svolge le funzioni di giudice di appello. La fondamentale funzione giurisdizionale dei TAR e del Consiglio di Stato è la giurisdizione generale di legittimità sugli atti amministrativi della pubblica amministrazione, con il potere di annullarli ove venga accertata l'illegittimità. Solo nel caso che si constati il mancato adempimento da parte dell'amministrazione, gli interessati possono ricorrere ai giudici amministrativi per ottenere, tramite un nuovo giudizio (il cosiddetto giudizio di ottemperanza), 'l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato' sia della autorità giudiziaria ordinaria che del giudice amministrativo. Gli stessi organi giurisdizionali dispongono della giurisdizione di merito e cioè del potere di sindacare non solo la legittimità ma anche l'opportunità dei provvedimenti contro cui sia stato presentato un ricorso. Ben più importante è l'attribuzione agli organi della giurisdizione amministrativa della cosiddetta giurisdizione esclusiva nelle materie indicate dalla legge. Appare molto significativa la crescente utilizzazione della giurisdizione esclusiva cui si riferisce l'art. 103.1 Cost.. nella giurisdizione amministrativa i ricorsi devono essere presentati entro i termini brevi: entro 60 giorni dalla notifica dell'atto, dalla sua piena conoscenza o dalla sua pubblicazione nell'albo. Al ricorso presentato per l'annullamento di un provvedimento può accomnarsi la richiesta in via di urgenza di una sospensione della sua esecuzione durante il periodo di svolgimento del processo allorché questa possa produrre 'danni gravi ed irreparabili'. Il provvedimento di sospensione provvisoria dell'esecuzione dell'atto impugnato presuppone una prima valutazione sulla sussistenza di un fondamento del ricorso principale. La sentenza è esecutiva ma impugnabile presso il Consiglio di Stato entro 60 giorni dalla data di notifica.

La giurisdizione dei giudici ordinari in materia amministrativa

Il giudice ordinario può intervenire solo incidentalmente e limitatamente agli effetti che un atto amministrativo, che si presume illegittimo, ha direttamente su un diritto soggettivo. Ove il magistrato ordinario ritenga il provvedimento illegittimo non può ne annullarlo, né modificarlo, ma semplicemente disapplicarlo nel caso che è sottoposto al suo giudizio. Al di là delle sentenze di mero accertamento, lo stesso suo essenziale potere di reintegrare la posizione soggettiva illecitamente danneggiata potrà portare ad una sentenza di condanna della pubblica amministrazione a risarcire i danni. Nei casi in cui il giudice ordinario è titolare di una giurisdizione esclusiva in una determinata materia, egli dispone di poteri di annullamento, di modifica, di sospensione, dei provvedimenti amministrativi.





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